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La Storia – La recensione finale di una delle serie Rai più intense e importanti degli ultimi anni

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su La Storia, la serie Rai tratta dal libro di Elsa Morante!!

Doloroso, amaro, struggente, il racconto di Elsa Morante sulla guerra è una pagina importantissima della storia della narrativa italiana. Toccante, disperato, appassionato, vivo, tormentoso, il romanzo che valse alla scrittrice il Premio Strega ormai cinquanta anni fa, è diventato, grazie a Francesca Archibugi e alla Rai, una serie tv in otto puntate trasmessa sulla televisione pubblica a partire dall’8 gennaio. C’era tanta attesa per l’uscita de La Storia, che è interamente disponibile on demand su RaiPlay (che può e deve essere la vera tv del domani, anche se in molti non se ne sono ancora resi conto). Ed è comprensibile, dato il valore dell’opera che ha ispirato gli otto episodi della serie e considerando i nomi degli interpreti che hanno preso parte al progetto. Un’attesa pienamente ripagata, a giudicare dal risultato finale. Il romanzo della Morante, uno tra i più amati della scrittrice – ma anche uno dei più criticati al momento della pubblicazione, con tutto il dibattito sul dopoguerra e gli strascichi del conflitto, in un’Italia in pieno fervore politico e sociale, stanca di guerre, morti, uccisioni -, era già stato adocchiato, più di trent’anni fa, da Luigi Comencini, che ne tirò fuori una miniserie televisiva in tre puntate, con un’anteprima cinematografica presentata fuori concorso al Festival di Venezia nel 1986. In quella versione, era Claudia Cardinale a dare il volto alla protagonista, Ida Ramundo. L’esperimento di Francesca Archibugi – che è tornata a dirigere un’opera per la televisione dopo Romanzo famigliare, del 2018 – è altrettanto degno di nota. Lo spirito del romanzo di Elsa Morante è palpabile, concreto, e si percepisce lungo il corso delle otto puntate. La vastità del materiale narrativo messo a disposizione dalla scrittrice rende azzardato il percorso di una qualsiasi trasposizione per la tv. Ma ne La Storia il cuore del racconto resta integro.

La storia

Grande storia, grande cast.

Tanto per cominciare, la serie Rai ha potuto attingere da un cast di grandi nomi per mettere in piedi il progetto. Non solo una meravigliosa Jasmine Trinca, ma anche un mosaico di interpreti secondari di livello: Valerio Mastandrea (che, tra le tantissime cose che ha fatto, è stato anche la voce dell’Armadillo in Strappare lungo i bordi, per una ragione spiegata da Zerocalcare) è l’oste Remo, un uomo idealista e gentile che accompagna i passi della protagonista dall’inizio alla fine; Elio Germano è Giuseppe Cucchiarelli, detto anche “Eppe Tondo”, uno sfollato che incontra Ida dopo il bombardamento della città ed entra a far parte della Resistenza, divenendo un martire della lotta partigiana; Asia Argento è invece Santina, una prostituta che legge i tarocchi e che tenta di regalare speranza e positività a chi, dopo la piaga della guerra, ha perso entrambe le cose. E poi ci sono ancora Anna Ferruzzo, Antonella Fattori, Giselda Volodi e Lorenzo Zurzolo (cresciuto rispetto ai tempi di Baby), che interpreta un anarchico ebreo a cui hanno sterminato la famiglia e che, alla fine del conflitto, non riesce a riadattarsi alla vita e sprofonda in una condizione di dipendenza e depressione. Su tutti però, spiccano le performance dei due “uomini” di Ida: Nino e Giuseppe, detto “Useppe”, a cui danno il volto rispettivamente l’emergente Francesco Zenga e il giovanissimo – e bravissimo – Mattia Basciani. La gestualità, l’espressività del volto, il linguaggio e le movenze dei due attori hanno dato voce a due personalità angosciate ma allegre, complesse ma autentiche. Se il peso della storia si poggia principalmente sulle spalle di Jasmine Trinca e del suo tormentato personaggio, gli interpreti secondari hanno impreziosito la resa televisiva, contribuendo a rendere La Storia una miniserie credibile, profonda e sincera.

La Storia è quella di Ida Ramundo, una donna rimasta vedova poco prima dello scoppio della guerra, che mantiene il figlio adolescente Nino facendo l’insegnante. Nel bel mezzo della folgorazione fascista, con l’Italia che sta per scendere in guerra al fianco della Germania nazista, Ida prova a nascondere le sue origini ebraiche per proteggere Nino, tra mille angosce, paure, dubbi e incertezze. La Roma de La Storia è una città polverosa e impaurita, eppure insospettabilmente viva. Camicie nere, soldati nazisti e cittadini comuni compaiono sullo sfondo di una città che si prepara a vivere la più grossa tragedia collettiva del secolo. C’è il dramma di Ida, violentata un giorno da un soldato tedesco spaventato e ubriaco e rimasta incinta di un bambino da crescere completamente sola. Senza marito, senza genitori, Ida ce la mette tutta per sopravvivere e proteggere i suoi figli. Terrorizzata dalle notizie che giungono dal fronte – e da quelle più vicine di cui è testimone, a cominciare dalla deportazione degli ebrei del Ghetto di Roma -, la protagonista incamera angosce e sofferenze, sempre appesa a un filo e senza alcuna certezza di arrivare incolume al giorno dopo. Con il quartiere di San Lorenzo bombardato, Ida fugge insieme ad altri sfollati a Pietralata, dove incontra i Mille organizzati in un casolare abbandonato e fa la conoscenza di altri personaggi centrali della storia, come Giuseppe Cucchiarelli e il giovane anarchico Davide.

La Storia è una serie tv che parla innanzitutto di sofferenza.

La storia

La sofferenza rincorre i personaggi, dal primo all’ultimo episodio. Non è solo la guerra, la cui fine viene salutata come una liberazione da chi l’ha subita. Ma è anche la fase della ricostruzione a logorare i personaggi, in maniera più lenta e invisibile. Il dopoguerra, tutto ciò che viene “dopo”, ammazza le speranze e costringe a fare i conti con il vuoto e le assenze. Un vuoto che prende forma benissimo nel volto di Jasmine Trinca e negli occhi del piccolo Useppe, che ha visto sparire, uno per volta, tutti i personaggi importanti della sua vita, chi ucciso dalla guerra, chi da ciò che è venuto dopo. Essere sopravvissuti in un mondo devastato è straziante e affliggente ed è proprio la condizione che Morante voleva mettere in evidenza raccontando La Storia nel suo romanzo. Sono vite travolte e stravolte dalla guerra quelle che appaiono nel grande ritratto della serie targata Rai. Francesca Archibugi è riuscita a catturare il grigiore di quella condizione, la tristezza e il dolore che ne scaturiscono, rendendoli parte di un racconto tragico e drammatico che, al di là della testimonianza del libro, si imprime nelle coscienze di noi spettatori, colti di sorpresa nella fascia della prima serata con una storia che parla di passato, ma anche di presente. La miniserie della Rai ha intercettato il sentire del pubblico in un momento storico in cui purtroppo la guerra non è una parola distante e sfuocata, ma drammaticamente attuale. Il carattere nazional popolare di un prodotto targato Rai non sminuisce il lavoro di Archibugi, tutt’altro. Quella de La Storia è ottima fiction, che ricalca lo stile e i toni drammatici e sentimentalisti di altri prodotti Rai, ma che non per questo fa perdere punti alla qualità della serialità italiana. Semmai, tutto il contrario.

Serena Verrecchia