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Gomorra 3×05 e 3×06 – Ritorno alle origini

Esiste un filo conduttore che dall’antico Egitto arriva fin dentro al cuore di Secondigliano. È il mito dell’Araba Fenice che muore e poi risorge dalle sue ceneri. E ogni volta che ritorna non è mai come l’avevamo lasciato. Ogni volta che ritorna ci appare più forte, più pericolosa, sempre meno predisposta alla pietà. La Fenice, manco a dirlo, è Genny Savastano.

Genny è morto, più volte. E ogni sua morte – e successiva resurrezione – ha portato con sè un cambiamento. Fisico, oltre che psicologico. La prima volta è morto in Honduras dal quale, svezzato dal suo primo (brutale) omicidio, è tornato con una rabbia cieca e la distintiva capigliatura a cresta; la seconda volta sotto i colpi di pistola di Ciro alla recita scolastica; la terza volta è morto quando è stato rispedito dal suocero a Secondigliano, nel ventre del mostro.

Se i primi due scossoni avevano messo in luce tutti i suoi limiti, l’inesperienza nel primo caso e l’arroganza nel secondo, la terza morte potrebbe rappresentare la summa del suo percorso evolutivo. Via la cresta, ad essere marcata è la barba, perchè certe faccende è bene affrontarle senza l’aspetto da guagliunciello. E quella rabbia che ritorna, a causa di tutto quello che aveva e che ha perso, viene resa ancor più distruttiva dalla lucidità acquisita nel corso del tempo.

Pertanto, se Ciro è condannato all’immortalità, Genny è destinato a morire per poi rinascere. Almeno finchè Gomorra avrà bisogno di lui.

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Gomorra è sempre stata una questione tra loro due, Genny e Ciro. Con diversi anni di ritardo rispetto a quando avrebbero potuto sono uno di fianco all’altro (“aropp tutt chell che c’ann fatt, stamm ancora ‘cca: sul ij e te“) con motivazioni profondamente diverse dalle ambizioni che li hanno divisi all’epoca. Ciro, infatti, è oggi ben conscio del suo ruolo e della sua missione. Ovvero sublimare il senso di colpa per la morte della moglie e della figlia aiutando Genny a riconquistare la sua famiglia (“se lo fai per loro io sto ‘cu te“).

Lo fa assumendo la funzione di deus ex machina, reinventandosi come la mente pensante dietro l’agire di Genny e sfruttando la sua influenza su Enzo Sangue Blu. Quest’ultimo e la sua banda rappresentano il cavallo di troia, l’asso nella manica che Ciro e Genny intendono sfruttare per minare alla base il potere dei Confederati.

Proprio come Ciro con la sua famiglia, anche Sangue Blu deve convivere con i fantasmi del retaggio familiare. E ritorna, dunque, il tema dei figli che si ribellano alle scelte dei propri genitori. Nella fattispecie emerge la riluttanza ad accettare il sacrificio della madre, morta per salvare la vita a lui e alla sorella, ma che in realtà Enzo vede come una condanna a restare per sempre un rapinatore di basso rango.

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Esattamente su quest’ultimo punto fa leva Ciro, alimentando la voglia di crescere all’interno del sistema da parte di tutta la banda. Soltanto nel prosieguo delle puntata è possibile capire se i Talebani riusciranno nel loro intento. Per il momento Enzo non è diverso da un Danielino qualunque. Un pedina come un’altra che viene sedotta e manipolata per uno scopo più grande.

E il riferimento a Danielino non è casuale, data la strada che Gomorra sta percorrendo. Così come Genny e Ciro sono stati costretti a ricominciare da zero, anche la Serie sceglie di resettarsi, ritornando alle origini. Accanto allo sviluppo della storia, infatti, queste due puntate si soffermano con fare quasi documentaristico sul modus operandi del sistema camorristico. Un tratto distintivo della prima stagione.

Emblematico  di ciò è il rito di iniziazione di Enzo, incaricato di eliminare una pedina di una pedina. Un uomo come tanti, costretto a scendere a patti col diavolo per mantenere il figlio affetto da disabilità. In tal senso, davvero magistrale la sequenza che mostra la routine dell’uomo in lavanderia, così come il continuo indugiare su Enzo e il suo dilemma morale, vedendolo insieme al figlio. Momenti che enfatizzeranno il male di vivere al quale saremo condannati di lì a poco.

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L’assassinio dell’uomo non è dissimile dalla tortura di un’adolescente e di tanti altri episodi che ci hanno fatto inorridire nel corso delle stagioni. E può essere considerata la sintesi non soltanto di tutti i temi narrativi, ma anche dell’essenza della Serie stessa. Perchè lo scopo di Gomorra è appunto quello di inorridire. E ricordarci che non possiamo parteggiare per nessuno dei suoi protagonisti.

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