«L’imperatore più potente di Roma è una donna», questo è il sottotitolo un po’ obsoleto con cui ci viene introdotta Domina, la nuova serie storica prodotta da Sky Original e disponibile dal 14 maggio su Sky Atlantic e in streaming su Now Tv. Scritta da Simon Burke e diretta da Claire McCarthy, gli otto episodi di Domina narrano la crisi della Repubblica e l’ascesa di Ottaviano attraverso gli occhi di Livia Drusilla – interpretata da Nadia Parkes e Kasia Smutniak – che ne fu la moglie.
La narrazione si concentra infatti sull’ipotetico – e romanzato – dramma politico e familiare vissuto da Livia Drusilla, figlia di un importante e fervente repubblicano che venne ucciso per ordine di Gaio Cesare Augusto. Ed è proprio con il nemico del padre che Livia si unirà in matrimonio, pur di avere salva la vita e di ripristinare un giorno la repubblica. Lo sceneggiatore, mettendo in primo piano il rapporto uomo-donna nel I secolo a.C., vuole mostrare l’amara e ingrata condizione in cui verteva la figura femminile nella società del tempo. Domina non stravolge la Storia, sebbene i tempi narrativi a volte siano così compressi da rendere difficile capire la consequenzialità di alcuni eventi.
Durante la visione degli episodi non riuscivo a togliermi dalla testa una battuta pronunciata dal personaggio di Emilia nell’Otello shakespeariano: «Sappiano i mariti che le mogli hanno i sensi come loro». Pur consapevole delle differenze storiche e del fatto che si trattasse più che altro di una suggestione personale, la battuta della moglie di Iago sembra comunque racchiudere un avvertimento che silenzioso emerge anche in Domina. Infatti Livia Drusilla, Ottavia, Scribonia e Giulia sono donne intelligenti, astute, costrette a farsi la guerra per la posizione in cui vertono, ma capacissime di ordire piani e comprendere le dinamiche della società, sebbene gli uomini le ignorassero e le ponessero ai margini della politica.
Il rapporto donna-potere nella Roma del tempo è complesso, ma Domina riesce a raccontarlo.
Bisogna ricordare che si sta parlando di un mondo in cui le donne non avevano un nome proprio, ma lo mutuavano da quello dei loro padri. Si parla di una società in cui non possedevano diritti né sul loro corpo né sui loro figli, per questo è complesso parlare di potere dato alle donne a Roma, dal momento che ufficialmente non lo possedevano. Ma Domina è una serie che scava in profondità raccontando sia in che modo il potere fosse importante per le figure femminili (ce lo spiega bene Kasia Smutniak nella conferenza stampa del 10 maggio), sia in che modo le stesse potevano riuscire a gestirlo nel loro piccolo. In questo contesto diveniva fondamentale la gravidanza, necessaria per garantirsi almeno una vita modesta al fianco di un buon partito. Il rapporto donna-fertilità è poi un altro tema a cui la serie riserva la giusta attenzione, non è un caso infatti che le scene dei parti siano così forti ed emotive, come le interazioni particolari tra madri e figli. Essere usate come incubatrici per tutta la vita era paradossalmente una condanna e al tempo stesso l’unico modo per sopravvivere alla società romana misogina e maschilista.
Livia Drusilla lo sa bene, ma lei rispetto a tante altre donne riesce a sposare l’uomo più potente di Roma avendo la possibilità di comprendere e manipolare a proprio vantaggio la politica, sfruttando i sentimenti e i figli. Livia diventa – secondo il racconto che la serie vuole offrici – una sorta di imperatrice fantasma, che affianca e consiglia il marito nelle decisioni politiche. Le donne di buona famiglia venivano educate a Roma, di fatto la nostra protagonista non è l’unico esempio di donna colta e astuta, prima di lei si ricorda anche Cornelia. Ma Livia è a tutti gli effetti la prima donna che affiancò a Roma un imperatore riuscendo ad avvicinarsi alla politica grazie alla sua posizione di madre e moglie. La narrazione è interessante e ben riuscita, considerando che la vicenda storico-politica è poi mitigata da cliché sempreverdi.
In Domina la protagonista vuole manipolare Augusto per ristabilire la repubblica, ma finisce per innamorarsene.
Sebbene in apparenza questa scelta narrativa possa sembrare scontata, la serie non fa altro che raccontare ciò che ci viene tramandato dalle fonti, ovvero la profonda ammirazione e il rispetto che Augusto provava per Livia, al punto tale da volerla al suo fianco pur non essendo riusciti ad avere figli. Quindi, nonostante vengano presentati insieme il cliché dell’innamoramento e il dramma interiore vissuto dalla protagonista -combattuta tra il dover perseguir il proprio ideale repubblicano tramandatole dal padre oppure il dover sostenere l’ambizione politica e volta al principato del marito – la vicenda sentimentale tra lei e Gaio Cesare appare come una storia d’amore passionale e coinvolgente.
Ma una relazione che colpisce durante la visione è quella che si instaura tra la protagonista e Antigone, il personaggio fittizio di una schiava affrancata con cui Livia instaura un pure legame d’amicizia. Antigone decide infatti di restare al fianco di Livia, portando sulla scena un profondo legame e una sorellanza commovente. Si tratta di una scelta interessante, quella di rappresentare questo rapporto, perché racchiude la solidarietà femminile che non si spezza e che mostra un altro lato dell’essere donna, che va oltre la gravidanza e le lotte di potere e che ci permette di intravedere in figure così distanti dalla nostra realtà sociale e relazionale qualcosa di familiare.
Concorrono alla realizzazione di una vicenda storica credibile non solo la sceneggiatura e gli attori, ma anche i costumi curati dalla costumista premio Oscar Gabriella Pescucci, così come il trucco e la scenografia affidati a grandi nomi che hanno preso parte a serie come Penny Dreadful e Prison Break.
Anche il cast di attori, come quello tecnico, si dimostra ricco di eccellenze italiane e internazionali. A vestire i panni di Livia Drusilla troviamo Kasia Smutniak, invece Marco Livio Druso, padre della protagonista è interpretato da Liam Cunningham, Ser Davos in Game of Thrones. Matthew McNulty presta il volto a Gaio Cesare Augusto e Claire Forlani ad Ottavia. Guest star è invece Isabella Rossellini nel ruolo di Balbina.
Non sappiamo ancora se a questa stagione seguiranno altre, ma vi è comunque una certezza: Domina è una piacevole scoperta che ha saputo raccontare in modo diverso uno dei periodi più complessi della storia romana e che – conscia di non essere un manuale universitario – sa come far appassionare il pubblico alla storia introducendolo agli eventi di cui i personaggi narrati furono protagonisti.