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Countdown – La Recensione delle prime tre puntate: la mano di Derek Haas si vede, nel bene e nel male

La task force al completo sprigiona tutta la sua potenza opertiva
Better Call Saul

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ATTENZIONE: il presente articolo contiene spoiler su Countdown.

Derek Haas, creatore dell’Universo One Chicago, torna con Countdown, una serie action prodotta da Prime Video che punta a raccontare una cospirazione globale attraverso una task force d’élite. La premessa è solida. Un agente del Dipartimento della Sicurezza Interna viene ucciso in pieno giorno a Los Angeles. Per scoprire chi si cela dietro l’omicidio, viene creata la Task Force Hurricane, composta da agenti FBI, DEA, LAPD e DHS. Il primo episodio parte con un’atmosfera carica di tensione e uno stile visivo dinamico. Ben presto, però, si intuisce che la trama procederà su binari già battuti.

L’intento di Haas sembra abbastanza chiaro. Superare i confini delle sue serie precedenti (Chicago Fire, Chicago PD, Chicago Med e Chicago Justice) per costruire qualcosa di più ambizioso, quasi cinematografico. Tuttavia, il risultato è ancora troppo radicato nella formula televisiva tradizionale. Mancando di quel colpo di reni necessario per distinguersi davvero nel panorama delle serie action contemporanee.

Countdown: azione ben realizzata ma poco originale

Uno dei punti forti della serie è sicuramente l’azione. Gli inseguimenti, le sparatorie e le operazioni sotto copertura sono ben girati e tengono il ritmo alto. In particolare, la sequenza al confine tra Stati Uniti e Messico, pur richiamando inevitabilmente film come Sicario del grande Taylor Sheridan (qui un articolo in merito), riesce a trasmettere una certa tensione grazie alla regia precisa e all’impegno degli attori. Jensen Ackles, interprete di Mark Meachum, brilla nelle scene d’azione, dimostrando di essere perfettamente a suo agio in un ruolo così fisico e drammatico.

Tuttavia, nonostante la qualità tecnica delle sequenze, queste restano nell’alveo del prevedibile. Non ci sono scelte narrative o stilistiche che sorprendano realmente, e spesso si ha la sensazione di aver visto tutto prima, magari in altre produzioni dello stesso genere. L’approccio rimane convenzionale, senza mai osare veramente nel tono o nei contenuti.

Personaggi belli ma bidimensionali

Mark e Amber osservano i frutti del loro lavoro, su Countdown
Credits: Prime Video

Il cast di Countdown è ricco di nomi noti e interpreti validi: Eric Dane, Jessica Camacho, Elliot Knight, Violett Beane e Jonathan Togo completano il quadro accanto al già citato Jensen Ackles. Ogni personaggio viene presentato con un retroscena che dovrebbe fornire profondità emotiva, dal tumore cerebrale di Meachum al dramma familiare di Drew, ma, almeno nei primi tre episodi, questi aspetti vengono toccati solo superficialmente.

Jensen Ackles in modalità cowboy spavaldo, Eric Dane burbero di cuore, Jessica Camacho lama d’acciaio: la chimica non manca. Eppure i personaggi paiono usciti da un album di figurine: bellocci, competenti, ciascuno con un trauma che li assolve a prescindere. Quando la task force va dalla vedova dell’agente caduto, prima suggerisce che l’uomo trafficava mazzette, poi si scusa in modo zuccheroso e tutto torna a posto: conflitto neutralizzato, morale salvo.

C’è una sorta di buonismo generale diffuso: tutti i protagonisti risultano stereotipati, anche quando commettono errori o si comportano male. Questo atteggiamento li rende poco credibili e asciuga ogni potenziale ambiguità morale. I loro passati tormentati sembrano spesso solo un cliché per giustificare scelte e comportamenti operativi quanto meno discutibili, senza mai scavare davvero nel dolore o nelle motivazioni vere. Risultato? Un cast che appare più come un insieme di figure archetipiche che come individui autentici e complessi.

Countdown: una struttura lineare e prevedibile

La narrazione, pur partendo con un omicidio misterioso e una task force segreta, si rivela fin da subito lineare e poco articolata. Ogni tassello sembra cadere al posto giusto senza mai generare un vero senso di suspense. Le false piste non convincono e gli sviluppi si susseguono con una facilità disarmante. Nulla sembra mai mettere in discussione la direzione presa dalla storia, e questo fa venir meno quell’elemento di imprevedibilità che è cruciale in un thriller d’azione.

Inoltre, il tentativo di costruire una cospirazione internazionale appare ancora acerbo. Si intravede una trama più ampia, ma non si riesce a coglierne né la complessità né la reale minaccia. Al contrario, sembra che il racconto proceda per obbligo narrativo piuttosto che per vera ispirazione. Si ha l’impressione che la serie abbia fretta di arrivare a un finale epico, ma senza gettare le basi sufficienti per renderlo significativo.

Countdown: una serie che pesca in giro

Gli agenti della task force agiscono in fretta
Credits: Prime Video

Forse, il problema principale di Countdown è proprio l’identità. La serie sembra voler essere molte cose: un thriller internazionale, un dramma corale, un’action movie televisivo. Ma non riesce a fondere questi elementi in modo coerente. Rimane appesa tra l’ambizione di un prodotto cinematografico e la struttura ripetitiva tipica delle serie procedurali americane. Ne risulta un prodotto che non convince completamente né sul piano emotivo né su quello narrativo.

Se avesse mantenuto una struttura antologica o fosse rimasta fedele alla formula consolidata delle serie One Chicago, probabilmente sarebbe stata più efficace. Invece, questa ricerca di ampiezza e complessità sembra costare cara alla serie, facendola apparire come un fuoco di paglia: brillante all’inizio, ma destinato a spegnersi rapidamente se non alimentato da qualcosa di realmente nuovo.

Rimandata a settembre?

Countdown con i suoi tredici episodi, ci accompagnerà per tutta l’estate. Ma se i primi tre sono un’anticipazione di quanto ci aspetta, il giudizio non può che rimettersi a settembre, quando forse la serie avrà saputo rialzare la testa.
Pur con un buon cast, scene d’azione curate e un’estetica moderna, Countdown si rivela una serie poco originale, troppo legata a formule già viste e poco audace nel raccontare una storia che vorrebbe invece farsi notare. I primi tre episodi non riescono a generare quel senso di urgenza o coinvolgimento che ci si aspetterebbe da una serie incentrata su una cospirazione globale e un conto alla rovescia che minaccia milioni di vite.

La Task Force Hurricane parte con un approccio promettente. Un nucleo di agenti scelti, ognuno con le proprie competenze e scheletri nell’armadio, chiamati a risolvere un caso complesso e ad affrontare nemici senza scrupoli. Eppure, nonostante l’atmosfera iniziale e l’ottima resa visiva, la narrazione si appiattisce presto su dinamiche scontate. Mancando l’obiettivo di creare tensione reale o colpi di scena memorabili.

Per ora, Countdown sembra più un esperimento riuscito a metà che un vero e proprio salto di qualità per Derek Haas. Resta da vedere come si evolverà la stagione, ma per il momento, il rischio è che la serie si limiti a scorrere senza mai esplodere davvero. Se dovesse proseguire lungo questa strada, il risultato potrebbe essere quello di una visione piacevole, chiaramente, ma non indispensabile. Una serie che, almeno per ora, fa fatica a distinguersi nella fitta selva del genere action televisivo.

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