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Cobra Kai 6 parte 2: Il salto della balenottera – La recensione

Credits: Curtis Bonds Baker/Netflix
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Nella giornata di venerdì 15 novembre, su Netflix, si sono fatti strada a colpi di karate i nuovi episodi di Cobra Kai 6, serie spin-off/sequel degli iconici film di Karate Kid. Una seconda parte di stagione che forse non è stata pubblicizzata con la stessa cura di alcune tra le precedenti stagioni e che ha portato con sé qualche polemica da parte del pubblico. I cinque episodi appena sbarcati sulla piattaforma non sono infatti gli ultimi della serie. Cobra Kai 6 si chiuderà infatti nel 2025 con una nuova e ultima tranche di puntate: un’operazione che non è molto piaciuta agli storici fan della serie, ansiosi di conoscere il destino dei protagonisti. Quest’intermezzo in vista del finale avrà ripagato le aspettative degli spettatori?

Per scoprirlo, vi lasciamo alla nostra recensione con spoiler di Cobra Kai 6 parte 2. Buona lettura.

Credits: Curtis Bonds Baker/Netflix
Credits: Curtis Bonds Baker/Netflix

Prima di passare alla recensione della stagione, ci teniamo a fare qualche premessa.

Sono trascorsi sei anni dalla prima volta che abbiamo messo gli occhi su Cobra Kai. Sei anni in cui tra tanti momenti alti e alcuni bassi, non abbiamo fatto altro che amare il particolare stile della serie, a metà tra dramma e commedia, tra teen drama e serie sportiva. La abbiamo amata di fronte ai momenti più commoventi ed emozionati e a quelli più adrenalinici. La abbiamo adorata quando ci ha fatto ridere e quando ci ha spinto a provare empatia verso i suoi personaggi.

Le abbiamo voluto bene anche nei suoi momenti più folli, assurdi e sopra le righe, perché, nonostante i tanti i cliché e gli stilemi soap-operistici, ci abbiamo visto dentro sempre tanto cuore. Tuttavia, come non abbiamo mancato di sottolineare nelle recensione della quinta stagione e di Cobra Kai 6 parte 1, sapevamo che, a lungo andare, la serie Netflix avrebbe corso sempre più il rischio di crollare su se stessa. Arrivati alla seconda parte della sesta stagione, ci duole infatti dover dire che Cobra Kai sta diventando l’ombra di se stessa.

È quel che succede quando la stessa formula si ripete troppe volte; quando l’eccesso, invece di costituire l’eccezione, diventa la regola del gioco. Quando le storie dei personaggi vengono eccessivamente complicate per suscitare pathos a tutti i costi; quando il racconto perde del tutto la sua credibilità. Ma proviamo a procedere con ordine.

La prima parte di Cobra Kai 6 si era conclusa con la presentazione delle squadre partecipanti al prestigioso torneo internazionale Sekai Taikai a Barcellona.

A rappresentare il Miyagi-Do, guidato dai sempre in contrasto Daniel LaRusso e Johnny Lawrence, sono Robby e Sam, in qualità di capitani, e Falco, Dimitri, Devon e Miguel, che non può fare a meno di provare invidia per il fratellastro. La vera sorpresa, tuttavia, è giunta dal Cobra Kai, a cui si è unita come capitana femminile Tory, ancora sconvolta dalla morte della madre. Un altro tradimento, l’ennesimo, che getta i protagonisti in uno stato di confusione e di frustrazione.

cobra kai

Cobra Kai 6 parte 2 riprende esattamente dove si era interrotta la prima (qui trovate la recensione), andando a presentare i vari dojo coinvolti, tra i quali spicca quello dei temibili, Iron Dragons.

Gli episodi ci raccontano quindi le ennesime crisi personali dei protagonisti che, anche arrivati di fronte al torneo più importante della loro vita, continuano a sabotarsi vicendevolmente perdendo di vista il focus della situazione. Arrivati quasi alla conclusione della serie avremmo infatti preferito vedere il team finalmente più compatto e unito. Ecco che, riproponendo molti degli stilemi che già avevamo visto nella prima parte, i ragazzi e gli adulti si avvicinano e si allontanano, faticando ancora a comprendersi, senza riuscire a comunicare. In un convulso girotondo, infatti, situazioni che avevamo già visto in altre stagioni si ripresentano, allungando e rallentando inutilmente la narrazione e togliendo spazio al sincero entusiasmo che degli adolescenti dovrebbero provare di fronte ad una competizione internazionale.

Ma a non convincere, non sono solo queste reiterazioni, ma anche e soprattutto la gestione della componente trash della serie. Arrivati a questo punto, ciò che era da sempre stato un punto di forza – il trash consapevole e ironico – ha iniziato a trasformarsi nel tallone d’Achille della serie, rendendo evidenti i suoi limiti narrativi.

Se in passato, infatti, il tono divertito della serie ci premetteva facilmente si sorvolare su buchi di trama, incoerenze, e scarso realismo, in Cobra Kai 6 parte 2, questi difetti sono diventati davvero difficili da ignorare.

Anche se fin dagli esordi, Cobra Kai ha giocato con l’esagerazione, mescolando nostalgia anni ’80 con situazioni volutamente sopra le righe, ora, infatti, il trash e la componente da soap-opera non sono più assimilabili a scelte stilistiche, ma finiscono per diventare un peso che toglie tutta la credibilità al progetto. Non si tratta più infatti di rivalità, antipatie e scontro di ideali, ma di rapimenti, crimini e, addirittura, morti. Se la sospensione della credibilità era venuta meno con l’evasione di Kreese, con la cattura di Daniel, siamo arrivati al limite.

Anche se da un lato abbiamo apprezzato il ritorno del vero villain di Cobra Kai, il carismatico e crudele Terry Silver (proprio come avevamo teorizzato), la gestione del suo malefico piano ci è parsa davvero poco plausibile nell’economia della storia. Il suo ritorno, con tanto di vasca da bagno e sigaro, cliché tra i cliché, è stato il punto in cui abbiamo definitivamente realizzato che, per goderci la visione della seconda parte di Cobra Kai 6, avremmo dovuto definitivamente staccare la mente e limitarci a goderci scontri a colpi di karate. Salvo le rare scene in cui i protagonisti, finalmente, si parlano con il cuore in mano, la serie finisce infatti per risultare così sopra le righe da farci ridere per le cose sbagliate.

Ma non tutta la stagione è stata disastrosa.

Nonostante i tanti difetti e l’alternarsi di storyline più riuscite e ad altre meno convincenti, la serie si era infatti ripresa notevolmente tra il nono episodio e l’inizio del decimo. Non erano mancati infatti momenti emozionanti e scene d’azione ben coreografate ed eseguite.

Credits: Curtis Bonds Baker/Netflix

Per come è stata strutturata, fino quasi all’ultimo episodio della tranche, la parte 2 sembrava infatti destinata a costituire il finale vero e proprio della serie, in una climax emotivo e narrativo. Quando, vendendo la 6×10, a mezz’ora dalla fine dell’episodio, sono iniziate le semifinali, tutto indicava infatti che avremmo assistito alla conclusione del Sekai Taikai e alla proclamazione dei campioni tra i campioni. Una convinzione che, tuttavia, ci lasciava con un grande punto interrogativo. Con un simile finale, di cosa avrebbe parlato allora la terza e ultima parte?

Cosa avrebbe potuto battere in quanto a pathos e a epicità la finale di un torneo internazionale?

Ebbene, nulla avrebbe potuto prepararci a quello a cui stavamo per assistere. La scena della rissa totale tra i dojo, con tanto di morte “accidentale” mandata in onda a livello mondiale senza essere interrotta, è stato il punto di non ritorno. Non il proverbiale “salto dello squalo”, ossia il momento in cui una serie, introducendo trame assurde o forzate nel tentativo di mantenere alta l’attenzione, raggiunge una fase di declino creativo, ma il “salto della balenottera“. Un non plus ultra di assurdità che fatichiamo a credere siano state approvate in sede di scrittura. L’impressione è che la componente emotiva legata all’amicizia tra i personaggi e alla loro passione per il karate, visto come strumento di riscatto e di aggregazione, sia stata sacrificata sull’altare della spettacolarità a tutti i costi.

Una spettacolarità tanto ricercata che, però, finisce per perdere di mordente rispetto al passato, se non in alcune rare scene, nelle quali solitamente sono coinvolti i personaggi di Miguel e di Johnny, che continuano a essere il vero cuore pulsante dello show di Netflix.

Che dire, quindi? Cobra Kai 6 parte 2 è, almeno a nostro parere, un grande no, che ci ha lasciato piuttosto amareggiati.

Cobra Kai 6
Credits: Curtis Bonds Baker/Netflix

Il motivo? Il motivo è che sappiamo benissimo che sarebbe bastato poco per aggiustare il tiro, in primis proponendo sin da subito una stagione finale in un unico arco narrativo, magari dalle basi più semplici, ma maggiormente in linea con il passato, senza sottotrame volte a scioccare il pubblico, come quella relativa al passato del Maestro Miyagi. Il grande peccato di Cobra Kai è stato nella scelta di voler aumentare troppo la posta in gioco, fino a perdere di vista quelli che da sempre erano stati i punti forti della storia, andando in concomitanza ad esacerbare quelli che erano i suoi difetti. Con questa parte 2, la serie finisce infatti per dare ragione a coloro che, al continuo rinnovo della serie, non riuscivano a giustificare un tale prolungamento.

Con questi 5 episodi Cobra Kai è quindi morta ai nostri occhi?

Sebbene la delusione sia tanta e palese, non possiamo negare di nutrire un certo interesse per gli sviluppi del progetto. La speranza è infatti che, dopo tutti questi barocchismi, la conclusione sappia ritornare a parlare in piccolo e riscattare così una serie in declino che però, in virtù di tutte le belle emozioni che ci ha fatto provare negli anni, merita decisamente di meglio. Per scoprire effettivamente dove la serie andrà parare con la terza parte di Cobra Kai 6, l’appuntamento va al 13 febbraio su Netflix.

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