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Candy: Morte in Texas – La Recensione: la caramella insapore di Disney+

Disponibile su Disney+ dal 12 ottobre, la miniserie Candy: Morte in Texas arriva nel momento di massima tendenza del genere true crime, proponendoci la storia vera della “Killer con l’ascia”. Il tempismo perfetto però non basta: la caramella offertaci resta insapore.

Ad aprire la vicenda sono le immagini dell’indaffaratissima Candice “Candy” Montgomery (Jessica Biel), la dinamica casalinga madre di due figli impegnata nell’organizzazione della sua pienissima giornata, rimbalzando da un posto a un altro senza mai mostrare segni di fatica, dispensando invece sorrisi e battutine alle numerose amiche della piccola comunità texana di cui sembra essere il perno centrale. Personalità totalmente opposta è quella di Betty Gore (Melanie Lynskey), la solitaria neo mamma affetta da depressione post partum e ansia sociale, la cui figlia preferisce passare gran parte del suo tempo libero proprio da Candy, in compagnia di sua figlia. Anche quel giorno la bambina sceglie di rimanere dalla sua amichetta, avendo entrambe in programma di andare prima in piscina e poi al cinema. Candy si offre quindi di passare da Betty per recuperare il costume da bagno dell’amica di sua figlia, per poi accompagnare entrambe le bambine alle rispettive lezioni di nuoto. Tuttavia, Candy sarà l’ultima persona che Betty vedrà prima di essere brutalmente colpita 41 volte con un’ascia. Per scoprire la dinamica dell’efferato e sanguinoso crimine bisogna però arrivare al quinto e ultimo episodio della miniserie true crime di Disney+, il cui fulcro non risiede nel movente dell’omicidio né nell’analisi della personalità della protagonista. Candy: Morte in Texas porta sul piccolo schermo l’ennesimo caso di errore giudiziario negli Stati Uniti, privandoci però della giusta incisività che la denuncia avrebbe meritato.

Candy: Morte in Texas
Candy: Morte in Texas (640×360)

Procedendo con ordine, gli episodi centrali di Candy: Morte in Texas ci riportano attraverso flashback agli anni precedenti la morte di Betty, mostrandoci lo stile di vita tanto delle protagoniste quanto in generale delle donne della comunità religiosa del Texas. Tra le tematiche toccate dalla miniserie, infatti, c’è anche la questione femminile: siamo negli anni ’80, il lavoro è affidato unicamente agli uomini, mentre alle donne spetta badare alla casa e ai figli. Se per Betty questa condizione si traduce in solitudine e depressione, accentuate soprattutto nei weekend in cui suo marito Alan (Pablo Schreiber) è fuori città per lavoro, per Candy l’unica via di fuga dall’insoddisfazione coniugale è rappresentata dall’infedeltà, trovando appagamento sessuale proprio in Alan, il coniuge di Betty. La tresca non va avanti per molto prima di diventare a sua volta monotona, ponendo dunque l’accento più sulla staticità del contesto suburbano che sulle eventuali implicazioni sentimentali derivate dal rapporto tra i due. Candy infatti non è l’unica moglie infedele della piccola cittadina cristiana; quasi la totalità delle donne è impegnata in relazioni extraconiugali, intraprese più per noia e come motivo di vanto durante le chiacchiere tra vicine di casa, che mosse da un reale interesse emotivo. Se l’intento della miniserie voleva essere quello di mostrare l’ambiente soffocante (per le donne) e poco stimolante della società dell’epoca, il risultato che ne deriva è un ritratto sociale completo a metà, a causa della totale assenza di controparte: l’inesistente personalità e iniziativa degli uomini della vicenda finisce quasi per redimerli, risultando essere spettatori passivi degli eventi pur essendone reale causa scatenante.

Il ritratto sociale mostrato in Candy: Morte in Texas, oltre a rivelarsi fin troppo semplificato, non offre inoltre alcun approfondimento sulla personalità della protagonista.

L’infedeltà di Candy non rappresenta il movente di un crimine passionale, né la caratterizza come donna. Alla fine della vicenda, il telespettatore non conoscerà nulla di più sulla spietata assassina di quanto avrebbe scoperto leggendo la notizia del reale caso di cronaca nera in rete. Per quanto sia fondamentale evitare di creare empatia con una killer, lo spettatore dovrebbe quanto meno provarne disprezzo; nel caso di Candy: Morte in Texas viene a mancare completamente la componente emotiva, tanto con Candy di cui non arriveremo mai a capire la rabbia, quanto con la vittima stessa, con la quale non si ha il tempo di familiarizzare. L’eccessiva brevità della miniserie lascia inespresse anche le tematiche più interessanti, tra cui il processo giudiziario a Candy, il momento migliore della narrazione. Solo durante il processo, infatti, si riesce a scorgere qualche tratto della deviata personalità della donna e, soprattutto, viene fuori la vera denuncia portata avanti dalla miniserie, riguardante il clamoroso caso d’errore giudiziario. Candy viene infatti dichiarata non colpevole dalla giuria, che giustifica l’omicidio come mosso soltanto da legittima difesa. La versione di Candy è quella di essersi difesa da Betty, che ha tentato di colpirla per prima, per poi infierire con i successivi 40 colpi d’ascia sulla vittima poiché affetta in quel momento da disturbo dissociativo. Quella di Candy è però l’unica verità mostrata dalla miniserie, che non fornisce neanche in via ipotetica una versione dei fatti dal punto di vista della vittima (o a metà tra le due donne).

Nel complesso, Candy: Morte in Texas funziona quindi per metà, offrendo interessanti spunti di riflessione che non trovano però il giusto approfondimento. Eccelse invece sono la qualità della fotografia e le interpretazioni dei protagonisti, in particolare di Jessica Biel che dopo The Sinner si riconferma il volto perfetto per l’universo true crime. La mancata analisi psicologica dell’assassina priva la miniserie della profondità che contraddistingue il genere, portato attualmente in auge da Ryan Murphy con la storia di Jeffrey Dahmer, di cui riesce invece a fornire un ritratto a tutto tondo tanto del famigerato killer quanto del contesto sociale e familiare. Gli amanti del genere crime potrebbero quindi rimanere delusi dall’approssimazione di Candy: Morte in Texas, la cui brevità potrebbe tuttavia rappresentare un punto di forza per coloro che, al contrario, sono alla ricerca di una serie coinvolgente ma allo stesso tempo poco impegnativa da guardare in un weekend.