C’è un mondo che va veloce. Un mondo di variopinti colori, di carnevalesca vitalità. Questo mondo è la realtà di Saul Goodman: l’avvocato saltimbanco che blandisce con la parlantina, ti conquista con l’inarrestabile verve e ti piega al suo volere. Saul esplode nella premiere di Better Call Saul 5 senza lasciare fiato, senza tempo per riflettere.
I suoi abiti mutano con velocità sorprendente: il verde, il giallo, l’arancione si succedono senza pace. Sono i colori del deserto gilliganiano, di coloro che stanno dall’altra parte della Legge. Là, in quella terra di nessuno, vive ora un embrionale ma già dirompente Jim “Saul Goodman” McGill. Il vecchio sé brucia di fronte alla maschera che si fa carne, che si fa uomo. Quei gesti, quel modo di parlare e di vestire: Jimmy non c’è più. Puro Saul. Pura esteriorità. Puro nulla.
Jimmy non esiste più neanche nella tenera intimità con Kim.
Anche verso di lei “l’ormai Saul” punta i due indici, il gesto goodmaniano per eccellenza. La Wexler finisce nella ragnatela di un grandioso teatrante. Risucchiata dall’affabulazione e dall’accondiscendenza: “Se vuoi che freni l’entusiasmo” -le dice- “Verrò a fare il cambio [di nome] un altro giorno“. Pura retorica. Nell’originale inglese la frase è simile ma l’analogia diversa: “Se vuoi che rallenti posso tornare a farlo un altro giorno“. Già, rallentare, perché Saul va veloce e Kim non sta al passo.
Ferma, immobile, piantata sul posto: così la ricordiamo nel finale della scorsa stagione di Better Call Saul. Così la ritroviamo nella prima puntata di questa quinta stagione. Mentre Saul corre come una trottola impazzita, finalmente libero di gridare al mondo il suo estro, dispensando trovate geniali, apprezzamenti di latente sessismo (“sweetheart“, nella 4×10, “honey“, in questa 5×01) ed esplosioni di abiti, Kim è lì. Non la vediamo mai correre e anche quando si muove il suo incedere è stanco, funereo, dimesso.
Come dimesso è il volto, appesantito dal venir meno alla sua morale. Vorrebbe trattenere Jimmy, ma non può. Può solo provare a rincorrerlo ma lungo una strada che non potrà mai essere pienamente sua. Se non a prezzo di tutta sé stessa. Così annaspa, arranca, si ferma. Sta lì. Consapevole che il compromesso morale la divorerà.
In quel compromesso sguazzava sempre meglio Jimmy nelle scorse stagioni di Better Call Saul.
Ora quello stesso compromesso è diventato orpello, strumento in funzione di una morale che non è più sua. Non è per placare il suo senso di colpa che giustifica il raggiro di turno ma per intorpidire la morale di Kim. Nel caso del cliente della Wexler, reticente ad accettare il patteggiamento, la soluzione di Jimmy è spaventarlo alludendo a nuove prove che lo incastrerebbero. Una soluzione che significherebbe mentire, venire meno all’etica professionale.
Interviene allora Saul: “Che ne sarà della moglie e del figlio, non è giusto! Non pensi a loro? Se non usiamo il nostro potere per far del bene siamo inutili“. Batte sui punti giusti, accusa implicitamente Kim di non volere realmente il meglio per il cliente. Con un ribaltamento eccezionale la colpa non è più quella di mentire ma di non farlo. Di lasciare che il ragazzo accusato del furto si rovini la vita per la sua stupidità. No, bisogna salvarlo. Bisogna ingannarlo: per il suo bene.
È tutta qui la grandezza diabolica di Saul Goodman, di un novello Mefistofele goethiano che ti convince di essere parte di quella forza che desidera il male solo per operare il bene. Kim ancora un’ultima, conclusiva volta è avvinta dal compromesso. E nel finale di 5×01 sosta, di nuovo, immobile in quel limbo rappresentato da quello che in gergo è definito il “pianerottolo di riposo”. Là dove non c’è alcuna stanza ma solo la possibilità di continuare a scendere o tornare a salire.
Starà a Kim scegliere il suo percorso.
E dovrà farlo in fretta. I vestiti multicolore di Saul all’inizio della 5×02 occupano sempre più spazio nel guardaroba. Simbolo della sua strabordante personalità. Di un carattere che rischia di sopraffare la donna. “Non intendo mentire ai miei clienti“, afferma con apparente risolutezza Kim. Saul anche in questo caso l’asseconda, ne acquieta il rigurgito morale.
C’è ancora l’amore a tenere la donna legata alla speranza che possa funzionare. Che una convivenza con Saul Goodman sia possibile. Ma Jimmy è ormai morto e con lui anche l’uomo che pensava di amare. Ora c’è solo la maschera, il giulliare della legge: “Saul Goodman, giustizia celere per voi“. Lui che trasforma l’avvocatura in un mercato del pesce, venduto al miglior offerente, tra sconti speciali e buoni spendibili. Ed ecco il compromesso morale, di nuovo a uso di Kim: “Conosco quelle persone, non faranno niente per uno stupido sconticino“. Poco importa che poi avvenga l’esatto contrario. Anzi, meglio.
E così Kim diventa l’ultima appendice di Jimmy, l’ultima ragione per tentare di giustificare le sue scappatoie. Non lo sarà, non potrà esserlo, ancora per molto. Quella casa sognata, con un guardaroba così ampio per contenere Kim e Saul, non potrà tramutarsi in realtà. In quell’abitazione domina il blu, il colore di Kim, il colore di chi è dalla parte della legge.
Saul ne è fatalmente escluso.
Già una volta aveva ottenuto tutto questo: una meravigliosa casa, una lussuosa auto aziendale. Era avvenuto quando lavorava per la Davis & Main. Ma in quel mondo, in quella realtà monotona e convenzionale aveva dimostrato di non poter vivere. Così nella 2×06 Vince Gilligan dipingeva sulla scena un Jimmy contrariato per non riuscire a inserire il suo thermos nell’apposito spazio della fiammante automobile.
Aveva tutto ma non era felice perché non era quello che desiderava. Come la tazza termica, Jimmy non “calzava” in quel mondo. A quell’universo di vestiti raffinati, grandi berline e ville extralusso rimarrà sempre estraneo. Davanti a lui si aprono ora i bassifondi morali e materiali di criminali, farabutti, prostitute e vagabondi. In questo sottosuolo sguazza e si fa re, in un freak show senza fine.
E così, inevitabilmente, il suo mondo entra in collisione con quello di chi sta al di là della Legge. Mike, Gus e Nacho: il primo contatto “vero”, quello che lo porterà nell’universo di Breaking Bad è stato tracciato. Sarà la logica di lupi e pecore, dove domina il più scaltro e The winner takes it all, The loser standing small. Poi verrà il grigiore. Il bianco e nero (di contro all’esplosività del guardaroba di Saul) di un’esistenza anonima, un’inferno a cui è condannato, prigioniero nella vita di Gene Takavic. Ma da cui, forse, ha intenzione di uscire come lasciano supporre le ultime parole nella 5×01. A modo suo. Al modo di Saul Goodman.