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American Born Chinese -La recensione spoiler della nuova e sperimentale serie di Disney+

Nella giornata del 24 maggio sulla piattaforma di Disney + è finalmente sbarcata American Born Chinese, una serie tv che sin dal suo primo annuncio aveva smosso un certo interesse, che è poi aumentato con il tempo, soprattutto dopo la clamorosa vittoria agli Oscar del film dei Daniels Everything, Everywhere All at Once. Il motivo? A questa promettente serie tv hanno preso parte non uno, ma ben due vincitori della cerimonia del 2023, la sempre splendida Michelle Yeoh e il fantastico Ke Huy Quan, che, sparito dalle scene dopo i suoi ruoli da bambino prodigio, ha fatto il suo ritorno trionfale nell’Olimpo Hollywoodiano. Il nostro hype, tuttavia, non derivava solo da questi due importanti nomi a fare da garanzia al prodotto, quanto anche per l‘ardito concept della serie, a sua volta tratta da un’omonima graphic novel di successo, e per l’interessante tipologia di format del prodotto, a metà tra due mondi, così come il protagonista della storia.

Attenzione: quella che troverete qui di seguito è una recensione spoiler di American Born Chinese: siete avvisati!

American Born Chinese
Michelle Yeoh (640×360)

Una guerra intestina di un Paradiso in cui vivono dei e in cui la magia è reale finisce per collidere con la complicata vita di un ragazzo cino-americano: queste le premesse della serie tratta dalla graphic novel di Gene Luen Yang che a sua volta si ispira tanto a temi ricorrenti dell’epica cinese quanto al classico romanzo di formazione e al modello letterario del viaggio dell’eroe. Trattasi di una storia che, almeno a prima impressione potrebbe sapere di già visto, ma che, pur nella sua semplicità, trova la sua forza proprio nel raccontare archetipi e topoi alla portata di chiunque ma con un tono e con uno stile che prendono il meglio di due mondi che solitamente tendono a respingersi, soprattutto nell’ambito dell’intrattenimento.

American Born Chinese si colloca infatti sulla scia di una nuova tendenza in quel del mondo dell’intrattenimento volta a valorizzare tanti talenti di ascendenza orientale che per lungo tempo sono stati ignorati, sottovalutati dall’industria cinematografica e seriale o ridotti, nel migliore dei casi, a macchiette stereotipiche che non potevano nemmeno pensare di puntare a ruoli di primo piano nel settore. Dopo il successo del già citato Everything Everywhere All at Once, di Shang Chi e la leggenda dei dieci anelli, di Tourning Red della Disney-Pixar e del recente Beef di Netflix, la serie vede infatti un cast per la maggior parte composto da attori orientali di seconda generazione: da un lato Jin (), il protagonista delle vicende e i suoi genitori in crisi di coppia, dall’altro gli abitanti del Paradiso, mondo fantastico desunto dalla mitologia orientale, come il giovane Wei-Chen e suo padre Sun Wukong, la dea della misericordia Guanyn (Michelle Yeoh) e il villain Re Demone di Toro. Non possiamo poi davvero non citare il personaggio interpretato dal già menzionato Ke Huy Quan, iconico attore di una sitcom stereotipica che pur sembrando totalmente scollato dalla trama principale riveste un ruolo fondamentale nell’economia della storia e nella crescita del suo protagonista.

Crescita… Se essere un adolescente è già di per sé un lavoro a tempo pieno, figuriamoci come deve esserlo per qualcuno che vive in bilico tra due mondi diversi e non si sente veramente parte di nessuno di essi. Eppure, anche se il vissuto di Jin pare essere un caso a parte, per il pubblico non viene per nulla difficile mettersi nei suoi panni, quelli di un ragazzo che vorrebbe dare una svolta alla propria vita rinnegando sé stesso ma che, alla fine capisce che il modo migliore per piacere agli altri è solo quello di smetterla di preoccuparsi e di accettare ogni parte di sé, anche quella che ci verrebbe da considerare più “sfigata“. Le sottotrame inerenti alla vita privata di Jin, dei suoi amici e della sua famiglia costituiscono alcuni tra i momenti migliori di tutta la trama, forse perché quello che seguiamo è davvero un adolescente, vittima sì delle circostanze e degli sbalzi di umore, a anche capace di superarli con le proprie forze.

Ma American Born Chinese non è solo una storia di formazione: è anche un racconto dell’epica lotta tra il bene e il male, di una mitologia con precise regole e da un particolare stile a cui ci si abitua pian piano. A partire dalle peculiari coreografie acrobatiche tipiche dei film del filone wuxia pian della cinematografia orientale, passando per costumi e ambientazioni atipici per l’occhio di un pubblico non avvezzo a tale stile, tutto nella serie invita lo spettatore ad abbandonare i preconcetti e a godersi, per una volta, qualcosa di diverso. Certo, tale passaggio non è immediato e, almeno sulle prime, potrebbe causare un certo sconcerto: gli effetti visivi che aprono l’episodio pilota non sono di certo dei migliori e le scenografie e il trucco prostetico dei personaggi immortali potrebbe lasciare perplessi, ma una volta inteso il gioco e compreso lo spirito del prodotto, non viene poi difficile immergersi al 100% in una storia che riesce a coinvolgere come pochi altri prodotti originali di Disney +.

Con questo vogliamo forse dire che la serie manchi di difetti?

Ke Huy Quan (640×360)

No di certo: è davvero difficile, infatti, non riscontrare un’eccessiva fretta nel voler raccontare in poco tempo (8 puntate con una durata media di 35 minuti) tanti elementi, così come l’esagerata scollatura tra la trama più prettamente fantasy e quella da commedia adolescenziale delle prime puntate. La soluzione dell’episodio finale della stagione, che sancisce una volta per tutte la reale e definitiva collaborazione tra Jin e Wei-Chen, sembra arrivare infatti troppo tardi, così come pare fin troppo affrettato e sbrigativo il modo in cui il protagonista, scopertosi come la Quarta Pergamena, pone fine al piano del Re Demone di Toro. Altro difetto imputabile alla serie è inoltre quello di non essere sempre riuscita a dosare e ben spiegare al pubblico l’elemento mitologico.

Nonostante questo, American Born Chinese presenta molti più pregi che difetti, sia dal punto di vista tecnico che narrativo.

American Born Chinese
American Born Chinese (640×360)

Un plauso va quindi a una buona fotografia e a una regia (in cui figura perfino Lucy Liu) che, salvo in rare eccezioni, riesce a rendere al meglio sia le scene più quotidiane, dalle più intimiste a quelle più comiche, sia quello action, i cui gli epici combattimenti risultano sempre chiari e fluidi nonché perfettamente gestiti e coreografati. Ottimo risulta anche l’uso della musica, sia per quanto riguarda la colonna sonora originale che per la scelta dei pezzi di artisti, congeniali a veicolare le emozioni dei protagonisti e a ben incorniciare i momenti più adrenalinici. Dal punto di vista della trama, invece, per quanto non tutto sembri sempre filare in modo liscio, man mano che procediamo con la narrazione scopriamo che anche gli elementi che a primo impatto sembravano di scarso interesse iniziano ad acquisire senso perché, come la serie stessa ribadisce in più occasioni, “tutto è più collegato di quanto possa sembrare“.

Seppur con qualche piccola sbavatura, dettata più che altro da leggere superficialità, ogni pezzo del puzzle trova infatti il suo posto. Ciò è ravvisabile soprattutto in merito alla sottotrama legata al personaggio di Freddy Wong (che gioca meta-narrativamente con lo spettatore proponendoci stralci di sitcom all’interno della serie) e alla riflessione sulla visione stereotipica che per decenni il mondo del cinema e delle tv ha riservato agli orientali, così come quella legata alla crisi di coppia affrontata da Simon e Christine Wang.

Jin Wang (640×360)

In definitiva, American Born Chinese risulta una serie adatta a un pubblico di ragazzi, ma anche di adulti che vogliono godersi una trama capace di intrattenere e al contempo di apprezzare un’ottima storia di crescita e di arricchimento personale in grado di fornirci spunti di riflessioni e di conoscenza su una cultura da cui non smettiamo mai di imparare. Ora non ci resta fare altro che aspettare per scoprire se la serie verrà effettivamente rinnovata da Disney + per una seconda stagione come prospettato dalla scena finale che introduce un nuovo pericolo per Jin e per la sua famiglia. Non ci resta che sperare!