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Ramy: fuori luogo ovunque

Attenzione: l’articolo può contenere spoiler su Ramy.

Nella fluidità di un’esistenza in continuo divenire, cerchiamo costantemente di trovare un posto nel mondo. In un contesto tanto mutevole quanto rapido, ciò che spinge la maggioranza è l’idillico tentativo di raggiungere un qualche stato di benessere. Una condizione finale da preservare e vivere fino alla fine. Una stabilità, un senso di pace che possa segnare il restante scorrere della nostra quotidianità. In una realtà in cui siamo continuamente invitati a dare il massimo e in cui tutto è ibridato con se stesso e con il resto, sembra quasi surreale trovare il proprio posto nel mondo. È così che finiamo per sentirci, perennemente, ogni volta, fuori posto. Un senso di disagio, insoddisfazione e impotenza che non può che asfissiarci nel tentativo di capire chi siamo e quali sono le nostre ambizioni, i nostri obiettivi. Chi siamo e cosa facciamo per chi, o per cosa.

Ed è proprio in questo solco spaventoso che si colloca Ramy, antieroe per eccellenza, la cui imperfezione cristallizza appieno lo spirito del tempo.

Un tempo in cui l’ordinario implica l’essere costantemente travolti da ciò che ci circonda, incapaci di prendere una posizione. Fuori luogo ovunque, l’omonimo protagonista di Ramy riflette l’invincibile frustrazione che attanaglia gli individui contemporanei, alla ricerca, ciascuno, di una condizione utopica di comfort e serenità.

La serie tv racconta proprio il viaggio personale e spirituale, la ricerca, il tentativo del giovane protagonista di conoscersi, capirsi e definirsi in qualità di individuo. Il che è particolarmente arduo, soprattutto se si è un egiziano di seconda generazione, musulmano, che vive nell’occidentalissimo New Jersey.

Ramy è una serie tv statunitense creata, scritta, diretta e interpretata dal comico americano Ramy Youssef (da poco al cinema con Poor Things) per Hulu. Il protagonista, che non a caso ha lo stesso nome del creatore della dramedy, è tormentato dalla scissa identità che vive sin dall’infanzia, diviso e combattuto tra la vita religiosa e le origini familiari e comunitarie all’interno della quale è stato cresciuto ed educato, e la realtà da millennial nei globalizzati Stati Uniti d’America, tra vizzi, tentazioni e libertà. Ramy Hassan è il protagonista del suo personalissimo viaggio dell’antieroe, in un cammino spirituale, politico e personale che ruota attorno ai suoi continui fallimenti.

In un quartiere non sempre accogliente, Ramy coglie l’occasione per esplorare le sfide, le difficoltà e bizzarrie che possono travolgere un giovane americano di origini egiziane, finendo per mettere costantemente a dura prova la sua etica. In una realtà statunitense in cui si tende a riflettere poco sulle conseguenze delle proprie azioni, Ramy è progressivamente testato, mettendo spesso in discussione la sua morale a fronte delle aspettative, pressioni e canonicità a cui è stato allenato sin dall’infanzia, tanto dalla famiglia quanto dal resto della società. Un’infanzia segnata soprattutto dall’incremento dei pregiudizi che la comunità nordamericana ha coltivato contro quella musulmana, a seguito soprattutto dei fatti dell’11 settembre 2001.

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Ramy (640×393)

Sentendosi sempre sbagliato e fuori posto, in un luogo o in un altro, Ramy è cresciuto non percependosi mai pienamente adatto. Non è mai veramente americano e non è nemmeno sufficientemente mussulmano. Incapace di prendere le scelte più appropriate e soffrendo la scissione identitaria, il protagonista si muove a stento alla ricerca di sè stesso, di una condizione di equilibrio.

Il conflitto religioso è preponderante nella serie tv, veicolo per il dibattito morale, emotivo e politico interno al personaggio, che si muove a fatica in una quotidianità in cui cerca di trovare un sè bilanciato. Un equilibrio in cui riconoscersi, una sfera in cui rinchiudersi ed essere finalmente, pienamente, a proprio agio nel suo vero essere.

Un’utopia inseguita e che forse Ramy non raggiungerà mai, destinato a commettere errori (più o meno formativi) a ripetizione, in un viaggio personale, in divenire, che riflette noi antieroi del quotidiano, fatti per essere afflitti dal costante senso di inadeguatezza a cui siamo stati abituati, per una ragione o per un’altra. Con il tono funzionale della commedia drammatica, l’evoluzione e l’involuzione del protagonista assume la forma di una vera è propria tragedia comica.

Circondato da situazioni e personaggi grotteschi, che mettono in luce le contraddizioni di entrambe le fazioni che se lo contendono, Ramy tenta di migliorarsi, per sé e per gli altri, cercando di volta in volta un nuovo appiglio. E fallendo, ciclicamente. In tal senso, il tono umoristico è essenziale per alleggerire i temi più spinosi che altrimenti renderebbero la storia particolarmente cupa. Grazie a situazioni bizzarre e di evidente imbarazzo, la serie tv permette di seguire il percorso del protagonista, vivendo i suoi drammi e osservandoli attraverso una lente non necessariamente, sempre, critica.

Ramy sembra destinato a non farcela: per ogni passo avanti, ce ne sono due indietro, che lo riportano nell’oscurità.

Anche nei momenti più lucidi della sua esistenza, l’imperfezione che tormenta il protagonista non lo lascia mai, pienamente, andare. In un modo o nell’altro, Ramy finisce per corrompersi, per perdere di vista il suo obiettivo, deludendo le aspettative di chi gli sta attorno. Ferendo spesso anche coloro a cui pensa di tenere di più. Non importa quanto impegno metta nel migliorarsi, nel trovare un proprio posto, o uno scopo: in qualità di antieroe moderno, Ramy non può che fallire.

Spesso persino senza una vera e propria morale finale. Ed è questo il bello della serie tv, una delle più spietate nei confronti del suo, parzialmente autobiografico, protagonista. Perchè Ramy racconta onestamente le luci e le ombre degli individui del quotidiano, inadeguati, fuori luogo, difettosi. Infatti, dalla terza stagione, la dramedy ha assunto persino una struttura maggiormente corale, indagando apparenze e profondità del nucleo di personaggi che ruotano attorno al tormentato protagonista. Ciascuno d’essi mai, pienamente, appagato e a proprio agio in un contesto tanto rapido, mutevole e cinico.

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Ramy (640×367)

Il tema dell’integrazione, in questo caso, è veicolo per un racconto più grande che si riesce a fare anche universale.

Se, in principio, il problema principale di Ramy è trovare una quadra in qualità di americano di origini egiziane, cittadino del Paese in cui è nato ma, allo stesso tempo, in cui è estraneo, con il progredire delle puntate, la serie tv apre a un più ampio discorso sul senso dell’esistenza.

Nell’intento di trovare un punto di riferimento stabile nell’equilibrio precario tra mondi e culture diverse, Hassan si tuffa in problemi ancor più profondi, in cui l’umanità e l’empatia sono al centro. Questo permette alla serie tv di calarci nel mondo di Ramy, una realtà così uguale e diversa alla nostra. Seppur caratterizzato da alcune differenze rispetto alla nostra quotidianità, il suo universo è attraversato allo stesso modo da individui connotati da istinti e attitudini che vanno oltre il contesto di origine e appartenenza. I drammi che agganciano Ramy da dentro e lo tormentano in ogni azione, corretta o errata che sia, sono in grado di scuotere anche noi che, seppur diversi, non siamo così lontani dal tumulto del protagonista.

Perché Ramy è un eroe contemporaneo, universale e accessibile.

E’ facile riconoscersi in almeno uno dei fantasmi quotidiani che non gli danno pace, nel tentativo di riconoscersi, finalmente, in un modo completo. Ramy non è solo al mondo, e non lo siamo nemmeno noi. Perennemente alla ricerca di chi siamo e di quale sia il nostro posto nel mondo, prendiamo per mano l’imperfetto Ramy, indeciso, impulsivo, emotivamente bloccato, e affrontiamo insieme il caos quotidiano, destinati a sbagliare per migliorare o, quanto meno, per sentirci vivi.

Perché, alla fine, Ramy non è soltanto vittima di un contesto ambiguo e frenetico, ma è anche, spesso, nel torto: non sapendo chi essere o diventare, finisce spesso per tradire, ferire o sbagliare istintivamente, egoisticamente. E’ questo che sta alla base della serie tv: un percorso di evoluzione che punisce il suo protagonista, immeritevole di trovare una serenità a causa del suo essere, a volte, troppo egoista, incapace di prendere una posizione e riconoscere non solo se stesso, ma anche l’altro da sé.

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