Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla seconda stagione di Pesci Piccoli. In particolare, la quarta puntata.
Ogni giorno proviamo a raccontare le serie TV con la stessa cura e passione che ci hanno fatto nascere.
Se sei qui, probabilmente condividi la stessa passione anche tu.
E se quello che facciamo è diventato parte delle tue giornate, allora Discover è un modo per farci sentire il tuo supporto.
Con il tuo abbonamento ci aiuti a rimanere indipendenti, liberi di scegliere cosa raccontare e come farlo.
In cambio ricevi consigli personalizzati e contenuti che trovi solo qui, tutto senza pubblicità e su una sola pagina.
Grazie: il tuo supporto fa davvero la differenza.
➡️ Scopri Hall of Series Discover
Questo articolo è destinato principalmente ai Millennial che erano piccoli a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila e che hanno apprezzato particolarmente la quarta puntata di Pesci Piccoli 2. Non solo a loro, chiaramente, ma loro capiranno meglio degli altri. Soprattutto a coloro i quali erano sintonizzati su Raitre intorno alle tre del pomeriggio dell’11 settembre del 2001. Non dovrebbe essere necessario sottolineare cosa successe in quel momento, ma nel dubbio lo facciamo lo stesso: mentre stava andando in onda l’usuale puntata della Melevisione, infatti, ci fu un’improvvisa interruzione che catapultò una platea di bambini immersi in un mondo fiabesco nel più terribile degli scenari reali.
Tonio Cartonio da una parte, il crollo delle Torri Gemelle dall’altra. Uno scenario apocalittico, improvviso. Nessuno seppe a lungo come andò a finire quella puntata, ma poco conta oggi. Il riferimento è utile per sottolineare il fatto che chiunque abbia oggi una trentina d’anni abbondante fosse con ogni probabilità lì, in quel momento. E ricordi ora con notevole nitidezza quei momenti concitati che scrissero un capitolo significativo della nostra infanzia, unendo in un coro straniante una tragedia globale e un capitolo chiave dell’infanzia di molti di noi.
La Melevisione, d’altronde, ebbe un impatto importante nelle nostre giovanissime vite. A un certo punto, però, Danilo Bertazzi, storico protagonista della Melevisione, lasciò la trasmissione. E per molti bambini del tempo fu un passaggio duro da digerire.
Tanto da aver portato, alcuni decenni dopo, allo sviluppo di una parodia davvero brillante. Grazie ai The Jackal. E alla crescita esponenziale di Pesci Piccoli, una delle sorprese più piacevoli del 2025 televisivo.

Non è la prima volta che elogiamo la seconda stagione di Pesci Piccoli. L‘abbiamo già fatto all’interno della recensione e della classifica delle migliori serie tv di giugno, sottolineando a più riprese quanto la creatura dei The Jackal sia cresciuta sul piano narrativo, emotivo e tecnico, andando oltre i pur ottimi confini della prima annata. Pesci Piccoli era stata paragonata inizialmente a The Office, non senza scadere nelle solite approssimazioni del caso: il paragone nasceva da presupposti giusti, finendo però per svilire la portata creativa di una serie che ha camminato sulle sue gambe fin dal primo momento. Nella seconda stagione, tuttavia, i paragoni si sono ampliati, finendo per essere maggiormente centrati. E Pesci Piccoli è diventata una serie sempre più viva, curata nei dettagli e con una tridimensionalità che mostra le ambizioni dei The Jackal, vogliosi di andare oltre gli standard tipici della comedy televisiva all’italiana.
La quarta puntata, ambientata in una versione rivisitata nel Fantabosco, sublima tutto ciò. E ci ricorda perché la televisione globale sia diventata altro, negli ultimi venticinque anni. Avvicinandosi spesso al miglior cinema con approcci espressivi originali e svincolati dai canoni algoritmici a cui purtroppo stiamo tornando in questa era.
Affermiamo tutto ciò perché parodizzare la Melevisione, oggi, è un’operazione di per sé interessante. Ma diventa eccezionale se la vocazione al racconto supera i presupposti comici per raccontare qualcosa di davvero solido e profondo in cui è inevitabile riconoscersi. La puntata è, d’altronde, un ponte empatico notevole: al di là della piacevole comparsa sullo schermo di Danilo Bertazzi, uno per il quale il tempo pare non passare mai, colpisce soprattutto la volontà di dare vita a qualcosa di davvero innovativo, per certi versi inedito nel panorama italiano.
Tutto parte da una chiave che è stato lo stesso Fru, protagonista assoluto della puntata di Pesci Piccoli in questione, a evidenziare in un intervento di qualche mese fa dell’attore, riportato da Coming Soon: “Non ho mai perdonato il recast di Tonio. Dopo quella cosa, non ho più visto lo show”. Un trauma, vero e proprio. Che nella finzione della serie si connette a un passaggio doloroso del suo personaggio, unendo le gioie dell’infanzia a una realtà che acquisisce spazio e trasforma il recast di Tonio nella percezione di un vero tradimento.

L’atmosfera ovattata della Melevisione, filtrata da un trip di allucinogeni, converte allora le spigolosità del carattere del personaggio di Fru all’interno di uno scenario fiabesco a tinte dark, dominate da un incombente tramonto in cui la realtà della finzione e la finzione del Fantabosco si uniscono in un incubo a occhi aperti. È il tema dell’abbandono a riempire la scena, tra una risata e l’altra. Una trasfigurazione che diventa lo spunto per un flusso psicoterapico credibile e incisivo.
I personaggi di Pesci Piccoli acquisiscono così ulteriore tridimensionalità all’interno di un’impalcatura narrativa intrigante e appagante, nel quale il viaggio nei ricordi si riconduce a traumatiche realtà infantili.
Un’operazione audace in cui la Melevisione è fulcro e cornice, mentre Fru intraprende un cammino di introspezione coinvolgente insieme a tutti gli altri protagonisti della serie. Audace, e pienamente riuscita. Perché Pesci Piccoli cura maniacalmente ogni dettaglio, restituendo credibilità e autenticità a uno scenario che avrebbe rischiato altrimenti di scadere nel macchiettistico monodimensionale. Già, i dettagli: i The Jackal riescono dove era riuscito il Trio all’inizio degli anni Novanta, quando portò su Raiuno una delle migliori parodie mai viste nella storia della tv italiana, I Promessi Sposi.
Il paragone non è casuale. Così come il racconto di Anna Marchesini, Tullio Solenghi e Massimo Lopez aveva ironizzato sull’iconico romanzo di Manzoni con la rara abilità di simulare e ricostruire le ambientazioni e gli scenari dei migliori sceneggiati dell’epoca, anche Pesci Piccoli ci riporta nel mondo della Melevisione con una rigenerazione dei set e dei costumi che ci immergono in quell’epoca della nostra infanzia, senza conoscere uno stacco effettivo tra i ricordi e la contemporaneità.
“Fru è un grandissimo fan della Melevisione. Avevamo pensato anche un episodio in stile Fleabag, con Fru che guardava in camera. Ma volevamo fare un omaggio a qualcosa con cui siamo cresciuti“, racconta Alessandro Grespan a Coming Soon.
Il racconto, tuttavia, si muove in una dimensione meno rassicurante rispetto al porto sicuro della nostalgia.
La parodia parla una lingua affine a quella di Dan Harmon in Community, mentre i personaggi si muovono in un campo nel quale The Office è un riferimento comico di facciata. Parallelamente, la scrittura si schiude in incursioni che ricordano le migliori annate di Scrubs, preservando allo stesso tempo un’autonomia ricca di creatività e di guizzi che ne fanno una puntata notevole. Qualcuno potrebbe persino parlare di “puro cinema”, e ci starebbe.
Ci sta, per esempio, dal punto di vista tecnico. L’episodio è girato con le telecamere originali della Melevisione, e sono stati usati effetti artigianali (come la vaselina sulle lenti) per ricreare un’atmosfera vintage sognante che garantisce la massima immersività. E ci sta anche sui piani narrativi ed espressivi, al passo coi tempi con un piglio molto personale e ricco di citazioni, riferimenti e camei che arricchiscono il racconto scongiurando lo stucchevole “effetto passerella”.
“La seconda stagione va più a fondo e più fuori”, ha spiegato il regista e sceneggiatore Francesco Ebbasta alla già citata Coming Soon. “Ci dà la possibilità di scavare nei personaggi, nel loro background e nei loro traumi. Non è facile, ma poi quando succede, è qualcosa di magico”. Già, qualcosa di magico: Pesci Piccoli ha puntato in alto ma è riuscita a non schiantarsi. Ci ha regalato in questo modo un momento imprevisto di sincera emotività, a cavallo tra il citazionismo pop, il surrealismo degli eventi e la malinconia generata dal crudo distacco dal nido infantile. Un’alchimia perfetta come era perfetta l’alchimia con la Melevisione, ancora onnipresente nella nostra memoria a distanza di decenni. Accipigna, che roba.
Antonio Casu

