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Polemiche su Briganti, la nuova serie italiana di Netflix: «Cavalca il revisionismo storico»

C’è chi esulta, evocando una rilettura della storia del Risorgimento. C’è chi non l’ha apprezzata e chi l’ha trovata in qualche modo necessaria pur mantenendo una posizione critica sul tema. Una cosa, in ogni caso, è certa: Briganti, nuova serie italiana di Netflix, sta facendo parlare parecchio di sé.

Inevitabile, visto l’argomento: a distanza di 150 anni, la questione del “brigantaggio” continua a dividere l’opinione pubblica. In questi giorni come non mai, visto l’ottimo successo che sta ottenendo Briganti su Netflix. Riportiamo una brevissima sinossi, per chi non l’ha vista e per chi non ha idea di quale sia l’argomento: “Durante il Risorgimento italiano, lo scontento degli abitanti del Sud aumenta e l’ascesa dei briganti scatena una rivoluzione popolare”.

Noi, dal canto nostro, abbiamo analizzato la serie tv in una recensione pubblicata nei giorni scorsi (la trovate qui), ma ora concentriamoci sul dibattito in corso nel nostro Paese.

Briganti, infatti, sta trovando forti approvazioni e altrettanto significative avversioni. Riportiamo allora alcuni delle voci più interessanti che si sono espresse sulla serie.

Leonardo Cecchi, importante collaboratore dell’Espresso e di Huffington Post, si è così espresso a riguardo all’interno di un pezzo in cui parla diffusamente della produzione: “Briganti, la nuova serie di Netflix, è un prodotto letteralmente perfetto per intercettare quel pubblico che negli ultimi trent’anni si è bevuto ogni revisionismo storico sul processo di unificazione italiano e che non vede l’ora di vedere confermate quelle tesi strampalate, assurde e prive di fonti che qualche furbacchione che scrive libri e vende magliette ha messo in giro nel corso di questi anni”.

La pensa diversamente Gennaro De Crescenzo, presidente del movimento neoborbonici napoletani. Fanpage lo riporta così: “Non si tratta di un film storico ma la storia che fa da sfondo ai personaggi (reali i loro nomi) contiene molte delle tesi che spesso vengono definite “neoborboniche”: i sabaudi invasori e oppressori, il Sud tutt’altro che povero (e i conseguenti saccheggi), i massacri, le deportazioni, la crudeltà degli ufficiali piemontesi e l’eroismo dei briganti che combattevano per la loro terra e per la libertà”.

Intermedia la posizione di Pino Aprile, giornalista e scrittore che è occupato del tema del brigantaggio all’interno di un romanzo storico.

Briganti è promossa, per l’autore. Ne ha parlato nei giorni scorsi nel corso di un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. “Ben venga una serie che si rifà al periodo del brigantaggio, senza pretendere di rifare la storia. E che basti così poco per terrorizzare i trombettieri della versione ufficiale, rende l’idea di quanto fragile sia quel racconto aggiustato a fini politici. Dinanzi alla narrazione ufficiale e davvero tossica della nostra storia, serie come Briganti su Netflix sono soffi di aria fresca”.