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Monster: The Jeffrey Dahmer Story – Murphy non vuole farci empatizzare, vuole documentare

Monster: The Jeffrey Dahmer Story, arrivata su Netflix il 21 settembre 2022, ha già registrato il record del binge watching più veloce di tutti i tempi e, da amante del genere true crime, non potevo assolutamente non parlarne. Abbastanza certa della sua qualità, certezza derivante da altri capolavori targati Ryan Murphy, sapevo che un caso di crimine vero nelle mani di Murphy non poteva che essere un capolavoro.

Negli ultimi anni di serie sul genere ne abbiamo viste tante, soprattutto il true crime che sta diventando una vera e propria tendenza. Pensiamo ad esempio a tutte le recenti uscite, che vanno da The Girl from Plainville, al meno recente caso American Crime Story: il caso O.J Simpson, fino alla prossima uscita targata sempre Murphy: The Watcher (in uscita il sempre su Netflix). Il true crime sta diventando un vero e proprio fenomeno, ma quel che risulta a parer mio ancora più interessante sono proprio le emozioni che proviamo di fronte ad esso.

Siamo tristi guardando la storia di Jeffrey Dahmer? Parliamone.

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Monster: The Jeffrey Dahmer Story (640×360)

Di serie tv e film tratti da casi di vera cronaca nera ne ho fatto indigestione, ma difficilmente mi sono trovata di fronte a un caso così scioccante e che allo stesso tempo mi abbia messa di fronte a un grande dilemma: questo terribile mostro mi fa pena?

Intendiamoci, con questo non intendo dire che Ryan Murphy abbia voluto delineare un personaggio volutamente in cerca di compassione. Al contrario, dopo essermi letta la storia so per certo che la versione del creatore amante del genere crime e horror sia abbastanza accurata.

Cosa si nasconde dietro il true crime

Jeffrey Dahmer (640×360)

Per chi, come me, fosse amante del genere sa per certo che questo fenomeno non è la prima volta che si presenta, e il personaggio interpretato da Evan Peters ricorda altri mostri del passato. Ricordo alcuni casi in particolare che mi hanno molto incuriosita, specialmente per il modo in cui sono stati affrontati dall’opinione pubblica. Qualcuno di voi ricorderà il caso di Isabella Guzmann che aveva ucciso a coltellate (per la precisione 79) sua madre.

Isabella è stata letteralmente e indebitamente resa celebre da TikTok, che l’ha fatta conoscere a tutto il mondo col vergognoso titolo de “l’assassina più bella di sempre”. Indubbiamente molti nell’averla guardata l’hanno pensato, allo stesso modo è stato impossibile non pensarlo pure dai fratelli Menendez, quasi icone di stile negli anni ’90, quando erano sotto processo per l’omicidio dei genitori. Questi due esempi mi servono per riflettere sul fatto che la mente umana è incredibilmente strana.

E dunque torniamo al caso Monster: The Jeffrey Dahmer Story

Monster: The Jeffrey Dahmer Story (640×360)

Da qui in poi seguiranno SPOILER, quindi se ancora non avete visto la serie, fatelo e poi tornate qui.

Per chi, come me, ha provato quel secondo di pena, vorrei raccontarvi l’esatto istante in cui l’ho provato io. Non nel momento in cui da piccolo viene trattato male dai genitori, e forse neanche quando viene abbandonato dalla madre, bensì quando viene barbaramente ucciso alla fine.

Jeffrey Dahmer era stato condannato a scontare la pena dell’ergastolo per ogni omicidio commesso totalizzando 957 anni di prigione, simbolici e comunque inferiori al dolore che vittime, genitori e parenti delle vittime devono aver provato.

Quel momento di pena è durato poco, ed è bastata la faccia di Glenda a ricordarmi che il mio punto di vista, e quello di chi ha avuto la stessa reazione, è viziato da una forte umanità che tende a razionalizzare un vissuto traumatico, grazie anche al lavoro di Ryan Murphy.

Ryan Murphy è il re dell’empatizzazione

Monster: The Jeffrey Dahmer Story (640×360)

Monster: The Jeffrey Dahmer Story ci porta inevitabilmente a empatizzare con le vittime, ci porta nei panni di un padre che deve non solo rendersi conto della vera natura del figlio, ma deve fare i conti anche con la sua, malata e repressa. Ci porta a empatizzare con la povera Glenda, che per mesi ha sentito le urla, gli odori e i rumori di un macellaio fuori controllo.

Ryan Murphy, però, prova a portarci in maniera deviante a empatizzare anche con il mostro. Lo fa semplicemente mostrando i fatti e lasciando che la mente umana faccia il resto da sé. Pensiamo alla sua infanzia difficile, a una madre depressa che lo ha abbandonato, alla sua omosessualità che negli anni ’70 era ancora un tabù. Azioni che in ogni caso non possono giustificare le sue disumane atrocità.

Murphy riesce ancora una volta a dare diversi punti di vista, confondendoci, portandoci a psicanalizzarci e quasi ad impazzire. La bravura di Murphy sta proprio nell’evitare abbellimenti o caratterizzazioni eccessive e forzate, riportando un personaggio che parla poco e che non è nemmeno affasciante (pensiamo a Ted Bundy nel film con Zac Efron), riuscendo ugualmente a confonderci.

Monster: The Jeffrey Dahmer Story è una chicca del True Crime

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Evan Peters (640×360)

Monster: The Jeffrey Dahmer Story è un piccolo capolavoro nel suo genere, crudo e lento che ti porta inevitabilmente a un coinvolgimento quasi sensoriale (tutti abbiamo provato a immaginarci l’odore che Glenda sentiva dal condotto dell’aria).

Quindi, non è strano aver provato una sensazione di confusione e spaesamento, ricordando poi che c’è chi è stato altrettanto un mostro, ovvero la donna che gli scriveva anche delle lettere, manifestando il suo profondo interesse con la cecità di chi non riesce a vedere Jeffrey Dahmer per quello che realmente è: il cannibale di Milwaukee.

Per concludere, Monster: The Jeffrey Dahmer Story ad oggi è una delle migliori serie nel suo genere e necessita un elogio speciale a Ryan Murphy per la quasi totale trasparenza con cui ha rappresentato le vicende, criticata (e possiamo capirlo) anche dai parenti delle vittime, che hanno dovuto rivivere un trauma mai archiviato. Infine, se proprio vi serve un altro motivo per guardarla, vi ricordo che a interpretare il mostro troviamo Evan Peters, un vero e proprio talento nel genere.