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L’amica geniale non è solo la storia di due bambine cresciute a Napoli tra gli anni ’50 e ’60. È il racconto profondo di come una penna possa diventare un’ancora di salvezza e decidere in qualche modo i prossimi passi da affrontare.
In un rione dominato dalla violenza, dalla povertà e da ruoli sociali già scritti, la scrittura diventa lo strumento di emancipazione e sopravvivenza di Elena Greco. La protagonista attraverso la lettura, lo studio e soprattutto la scrittura si allontana da questo mondo. Si fa guidare dalla linea tracciata dalla sua penna, percorrendo vie che solo su carta si sarebbero potute concretizzare.
In che modo la serie, tratta dai romanzi di Elena Ferrante, ha dimostrato a più riprese la funzione salvifica della scrittura? Semplice: il potere della scrittura nelle giuste mani diventa arma, bandiera di un movimento e costituzione del proprio io. Perché sì, a volte basta una penna per cambiare tutto.
La prima fuga di Elena Greco: scrivere per evadere
Nel rione napoletano dove tutto è dolore e sopravvivenza, la scuola è una luce fioca. Dove l’istituzione sembra solo un passaggio “rognoso” per poi iniziare a lavorare, per Elena diventa l’unico modo per sopravvivere.

I primi temi scolastici, i voti alti e l’incoraggiamento della maestra Oliviero, non sono solo un merito, ma un trampolino per saltare in alto, lontano dallo sporco del rione. La scrittura non è solo un esercizio, ma una breccia per un nuovo mondo. In un’ambiente profondamente malato sin dalle radici, la scrittura diventa il bisturi sterile che può risanare almeno una bambina. I libri e il foglio di carta che con la parola diventa storia e racconto è l’unico mezzo per fuggire al circolo di fatica e violenza. È solo l’inizio, ma già potente.
Perché, quando nessuno ti ascolta, scrivere diventa un modo per gridare. Ed Elena, seppur bambina, ha già iniziato a capire quanto sia importante urlare nel silenzio roboante dell’omertà.
L’amica geniale e l’identità attraverso la scrittura
Scrivere, per Elena, non è solo raccontarsi: è darsi forma.
Inizialmente non capiamo chi fra Elena e Lila sia l’amica geniale, ma episodio dopo episodio comprendiamo questo dall’evoluzione dei personaggi stessi. Lila è brillante, arguta, tenace e ha dalla sua un talento naturale. Elena invece no, deve costruirsi. Pezzo dopo pezzo, scritto dopo scritto, vediamo l’evolversi del suo genio, ma soprattutto la costruzione del suo io personale. I primi articoli che scrive diventano la sua armatura, la sua prova scritta del fatto che esiste, è importante e ha un valore.

Si dice che l’ossessione batte il talento e la giovane scrittrice lo ha dimostrato appieno. Dai primi sguardi di ammirazione verso Lila, fino ad una consapevolezza più profonda di sé.
Elena non è l’amica del genio, ma l’amica geniale. Non per dono divino, ma per tenacia.
Il dolore che si scrive: parole per sopravvivere
Le parole di Elena non nascono solo dalla speranza, ma anche e soprattutto dalla ferita. L’inizio della serie parte proprio con lei che sta scrivendo la sua storia che è inesorabilmente legata alla sua migliore amica, Lila. L’evento che scaturisce questo flusso creativo è proprio la scomparsa di quest’ultima.
Nel corso della serie, disponibile su Raiplay, notiamo questo suo costante aggrapparsi alla scrittura nei momenti più bui e di rottura: la perdita dell’amicizia, del legame con la madre, di un amore. Le pagine che vanno a crearsi sotto le sue mani diventano specchio del suo disagio, rifugio e tentativo di riflessione. Le sue storie non sono mai solo questo, sono un modo per ritrovare sé stessa e forse non perdersi. Ma in fondo, non è questo che facciamo tutti quando scriviamo? Non cerchiamo un modo per non perderci?
L’amica geniale e il riscatto sociale: la penna contro il destino già “scritto”
Elena parte dal rione e arriva alle università più prestigiose. Il suo talento viene riconosciuto. Ma soprattutto, le sue parole iniziano a cambiare la sua vita.
La scrittura a più riprese diventa lo “strumento magico” che la porta verso la realizzazione dei suoi sogni. Nel corso degli anni che sfumano sotto i nostri occhi, episodio dopo episodio, vediamo l’evoluzione della donna e dell’Italia tramite la scrittura della protagonista. Una sovversione potente e autentica del ruolo della donna, della moglie e della madre.
Spesso si può ricadere in un giudizio negativo nei confronti del suo personaggio e delle sue scelte, ma quello che la rende unica e vera è proprio che in fondo lei è una donna reale, con tutte le sue contraddizioni.
Trovare sé stessi non significa necessariamente percorrere tutte le strade che sembrano essere ideali. Nella vita bisogna saper sbagliare, accettare le conseguenze e forse rimboccarsi le maniche e crearne di nuove. Elena lo ha sempre fatto, pronta a mettersi in gioco e mutare, sempre grazie a nuovi tracciati fatti di parole e nuove consapevolezze.
Fuori dagli schemi degli anni, fuori dal silenzio, dall’ignoranza e dalla sottomissione: una penna salvifica sotto diversi punti di vista.
Scrivere è salvarsi: ce lo insegna L’amica geniale

In un mondo che cerca di zittire, classificare, rinchiudere, scrivere è un atto di resistenza. L’amica geniale ce lo racconta in modo struggente: la parola scritta può cambiare chi la scrive e chi la legge.
Cercando di fare mente locale, come sarebbe cambiata la vita di Elena se la scrittura non fosse esistita? Sarebbe diventata una Lila 2.0? Probabilmente no. Quello che però risulta chiaro è che sarebbe stato un susseguirsi di “bisogna accontentarsi”. Nonostante non abbia la forte vena anarchica di Lila, forse, conclusa la serie, comprendiamo come sia stata proprio Elena la più rivoluzionaria delle due. Forse senza i suoi libri, quelli che l’hanno unita e divisa dall’amica di una vita, non sarebbe sopravvissuta, ma in fondo neanche noi avremmo saputo fino in fondo quanto può essere salvifica una penna. Un oggetto così semplice che può esistere anche in un posto come il rione e che da lì può permetterti di fuggire.