Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul terzo e il quarto episodio de L’Amica Geniale 4.
Se si cerca sulla Treccani la definizione del termine “smarginatura”, si ottiene questo risultato: “L’operazione, il lavoro di smarginare; il risultato di tale operazione”. Oppure: “In botanica, leggera incisione all’apice di un organo (per es., nelle foglie dell’abete bianco)”. Se invece si individua il concetto attraverso le opere di Elena Ferrante, in particolare L’Amica Geniale, tutto si complica. Si complica al punto da rendere necessario un lavoro di sintesi e di estensione. Di traduzione e d’approfondimento di uno dei concetti cardine della sua poetica. Smarginatura, si diceva. Il termine torna nel quarto episodio de L’Amica Geniale 4, assumendo una nuova forma, coerente con le precedenti. Una forma ampliata che distorce le forme per riportarle alla natura originaria, attraverso Lila.
Per comprendere a fondo il suo personaggio, l’origine e lo sviluppo del suo male di vivere e del suo approccio alla realtà, leggere e rileggere l’idea della smarginatura ha una funzione decisiva. Alla fine dei conti, tuttavia, il concetto è universale al punto da racchiudere anche altri personaggi, se non addirittura tutti. Lo ritroviamo, come non mai, nel doppio episodio de L’Amica Geniale 4 appena andato in onda su Raiuno (e disponibile, come sempre, su Raiplay), permettendo una schematizzazione fondamentale a proposito della stessa Lila, di Lenù e di sua madre, Immacolata. Da questo presupposto, avviamo un’analisi di quel che abbiamo visto nelle puntate “I compromessi” e “Il terremoto”, caratterizzati dalle forze centripete di Lila, centrifughe di Lenù e ambivalenti di Immacolata.
L’Amica Geniale 4×03/04 – La forza centripeta di Lila
Cos’è, esattamente, la “smarginatura” de L’Amica Geniale? La smarginatura è una composizione e una scomposizione della realtà, l’ultimo argine possibile che scinde dal mondo esterno e dalle sue dinamiche, unendosi allo stesso tempo con esso. Un equilibrio fragile, sottilissimo. Un filo che si disfa inesorabilmente, prestando il fianco alla gestione più o meno funzionale degli agenti che non sono soggetti al nostro controllo. Inevitabile, in tal senso, pensare a Lila e alla sua tragica esperienza. Un’esperienza segnata da una costante fuga dalla realtà.
Una fuga paradossale, perché si disvela in un atto di profondo immobilismo e di altrettanto significativo dinamismo. La forza centripeta che le permette un’illusoria gestione della dura realtà la porta allora a confinarsi tra le mura di un nido tormentato dalla sofferenza e dalla miseria, il suo rione. Un rione che Lila ingloba dentro di sé finendo per trarne un riflesso deformato, fatto a sua immagine e somiglianza. Nel quarto episodio de L’Amica Geniale 4 è evidente, come non mai.
Lila, affinché possa reggere la durezza di un mondo insostenibile, esercita un controllo costante e implacabile sulle variabili, forza il loro soffocamento e la porta a elevarsi in funzione altrui pur di evitare di rimanerne schiacciata.
La forza centripeta si traduce allora in un caos vorticoso di costruzione finalizzata alla distruzione e viceversa, chiudendola dentro una trincea che rappresenta l’ultimo disperato confine tra lei e la realtà circostante. Il dinamismo, estremizzato in modo innaturale, le impedisce di fermarsi, togliendo spazio a ogni possibile pensiero alternativo. L’unica risposta possibile al disordine è generare altro disordine, piegando tutto alla manifestazione più vivida delle sue paure più recondite.
Un argine nel quale finisce per utilizzare gli uomini della sua vita come se fossero degli scudi, traendone un’immagine negativa di sé. Il male presunto si traduce, così, nella generosità di una donna che fugge dagli spettri più intimi. E di un rione che sopravvive nella sua figura, l’ultimo baluardo di un microcosmo ormai accartocciato nei vizi di tossicità secolari.
La realtà, però, ritrova sempre il suo spazio vitale. Quando una variabile sfugge al controllo, il sisma finisce per inghiottirla. Succede nel quarto episodio de L’Amica Geniale 4, nel momento in cui la gravidanza sembra dover affrontare un corpo che rinnega il senso stesso di una vita sorgente dentro di lei. E ancora di più quando è la terra a tremare, inesorabilmente. Tra le forze di un rione alla rovina, da lei governate con la bontà di chi sa sfidare l’umanità nelle sue forme più velenose, Lila cede al ricatto della sua stessa anima, avvolta nella visione di uno schermo bianco che distorce le forme e le offusca, buttando giù il fragile castello di carte.
Come era capitato nell’ormai lontano capodanno del 1958, Lila crolla tra le scosse di un terreno che si apre sotto ai suoi piedi, facendola precipitare nel baratro.
L’unica possibilità di salvezza è svelare il suo vero volto a Elena, l’amica di sempre. Togliere la corazza e spogliarsi di fronte a lei, rifugiandosi in un abbraccio. Solo così la realtà potrà ricomporsi, fino alla prossima crisi.
L’Amica Geniale 4×03/04 – La forza centrifuga di Lenù
Il terribile terremoto del 1980 in Irpinia che ha segnato il quarto episodio de L’Amica Geniale 4, un terremoto che portò alla morte di oltre 2700 persone, riconnette la durezza della cronaca alle fragili condizioni dei protagonisti. Al pari di Lila, anche per Lenù la gravidanza e il sisma rappresentano uno sconvolgimento delle variabili che disvela la nuda verità. Le scosse del caos, infatti, segnano l’ennesimo punto di rottura con Nino Sarratore, portando Elena ad aprire ancora una volta gli occhi.
Come avevamo già detto una settimana fa a proposito dei primi due episodi de L’Amica Geniale 4, Elena è consapevole della propria condizione. Conscia del fatto che esista una distanza incolmabile tra la donna emancipata che vorrebbe essere e la donna schiava del desiderio e piegata a una vita non sua, trascinando con sé le persone più care. Lo sa, e rivede in Lila quel che sarebbe voluta essere. Un esempio che è motivo d’astio, più che il moto alla crescita delle prime fasi.
Le crepe, tuttavia, sono ormai insanabili.
Nino, proiettato totalmente su se stesso, non rinuncerà mai allo status derivatogli dall’unione con sua moglie – a differenza di Elena, capace di rinunciare per amore al rango degli Airota – e mostra ancora una volta il suo volto. Il volto vanesio dell’arrampicatore e del narcisista patologico, improntato unicamente sulle proprie esigenze e sulla volontà di andare oltre tutto pur di assecondare i propri desideri.
Non c’è famiglia, nel cuore di Nino. Non l’amore, nella sua concezione più vera. Né la capacità di essere un uomo davvero diverso dalla sua orrorifica figura paterna, rinnegata e perseguita allo stesso tempo con una violenza emotiva inarrestabile. Elena sa tutto ciò, l’ha sempre saputo. Nonostante ciò, rinuncia a tutto pur di perseguire un istinto infantile che la riporta in una casa in cui è un elemento alieno, e ad allontanare ogni agente esterno che sia capace di riportarla alla concretezza della realtà. La smarginatura di Lenù, allora, si configura nell’immagine fisica di una crepa generata dal terremoto. Un terremoto nel quale si è stretta all’amica di sempre, l’unica capace di accoglierla nelle sue virtù e nei suoi vizi con l’onestà necessaria. E che vede in lei gli impulsi di una donna che gestisce il suo fragile rapporto col mondo esterno con una forza contrapposta alla sua.
Una forza centrifuga che la porta ad allontanarsi dal rione. E a trovare la propria identità nell’assecondamento delle variabili, oltre che nel sogno vacuo di abbracciare il mondo con la lingua universale di una passione anarchica. Una passione che sfugge alle logiche socioculturali d’ogni microcosmo.
Un sogno vacuo, nel momento in cui si misura con l’asprezza di un mondo che si sfascia di fronte ai suoi occhi con regole indipendenti e spietate. Tra le pieghe di un terremoto, le piaghe di una stazione ferroviaria saltata per aria e l’infinito dolore di una madre che si appresta a lasciarla.
A differenza di Lila, una donna che incarna il rione stesso nelle sue virtù apparenti ed essenziali, Elena sparisce consapevolmente nel contesto. In ogni contesto, mai davvero suo. E vola libera non appena ne ha l’opportunità, perseguendo l’idea di essere una cittadina del mondo che si cela tra gli angoli più riconditi per ricomparire nell’ordine delle parole giuste, sistemate con l’intensità di chi ritrova se stessa nell’armonia espressiva. Finché sarà legata all’irrazionale forza ottusa di un amore tossico, tuttavia, le sue esitazioni finiranno sempre per avere la forza di un uragano incontrollabile. Le impedirà di spiegare le ali, confinandola in un microcosmo intriso di veleno.
L’Amica Geniale 4×03/04 – Le forze centripete e centrifughe di Immacolata
L’ultima delle tre donne prese in esame in questa recensione del terzo e del quarto episodio de L’Amica Geniale 4 è Immacolata Greco. La madre di Lenù, figura complessa che si presta spesso a valutazioni e prospettive errate, spicca nel corso de “I compromessi” con una forza inedita. La forza di un elemento tragico che ha accettato la propria condizione fin da quando è nata, conservandosi stancamente all’interno di logiche conservatrici dai tratti più complessi di quanto possano apparire. Se da un lato abbiamo una donna appartenente a un’altra epoca, soggetta a logiche socioculturali ormai superate ed esterne alle logiche di un mondo in costante movimento, dall’altra abbiamo il segno di una speranza che illumina per un attimo i tratti più duri del suo volto, scavato dal tempo e dalle intemperie.
La speranza rivolta a un mondo che non conosce, dalla lingua non sua, proiettato sul volto di una figlia distante ma non per questo meno amata.
La sua smarginatura, di conseguenza, si ritrova nella distanza creatasi tra le aspettative nei confronti di Lenù, non ripagate secondo la sua prospettiva più miope, e la realtà di una figlia che (avrebbe) disonorato i sacrifici fatti per portarla a un punto ormai morto.
Incapace di interpretare un linguaggio a lei avverso, Immacolata disvela gli elementi di una figura materna che sopravvive nella forza centrifuga che la confina nel secolare status marginale del rione, mentre fugge dal suo centro focale per interposta persona. Attraverso la sua Lenù, l’unica nella quale abbia investito davvero per portare a un’evoluzione delle cose.
Lenù, così, diviene (secondo la sua prospettiva irrazionale) la “causa dei suoi mali”: la figlia prediletta tarpa le ali e rivive, nella sua esperienza, l’atavica staticità alla quale sperava sfuggisse. La forza centrifuga deraglia dai binari maestri, fino a riportarla a Napoli e a un amore sbagliato, a un marito abbandonato e a un tempo in cui tutto cambia ma lo status subalterno è immutato. L’amore e l’odio, tuttavia, parlano la medesima lingua. E le certezze di Immacolata crollano nel momento in cui Lenù si assume gli oneri di essere la figlia che deve invertire i ruoli coi propri genitori. Essere madre, per sua madre. L’estrema stampella che dipana la nebbia di un amore disfunzionale, spiegandolo con una semplicità inedita.
Lo fa nel terzo episodio de L’Amica Geniale 4, quando l’ultimo atto è ormai imminente.
Mentre è un terremoto, l’esplosione di una stazione o una gravidanza, la causa dello sfilacciamento dell’argine tra la realtà e le proprie difese più istintive, in questo caso è una malattia incurabile a riportare alla realtà. Una realtà rinnegata e rifuggita, affrontata con la cieca consapevolezza che non debba contare su altro al di fuori della propria forza di volontà.
Il dolore, però, l’ha ormai piegata a una narrazione che l’ha riportata tra le braccia della figlia, fragile come non mai. Ricostruendo, fragilmente, i cardini di un rapporto che si era distrutto per la totale incapacità di comunicare attraverso una lingua comune. Un rapporto rimarginato e riportato in un alveo nel quale poter scorrere libero per il tempo del capitolo finale, dopo un’intera vita di incomprensioni. Il filo è sottile, come non mai. E si disunirà ancora, alla prossima tempesta. Come è successo a ognuno di questi straordinari protagonisti. E come succederà a ognuno di noi, oggi e per sempre. Smarginati, prima di tornare al nostro racconto.
Antonio Casu