Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul quinto e il sesto episodio de L’Amica Geniale 4.
L’amore e la morte. La gelosia e il tradimento. Il passato e il futuro. Realtà e fantasia si combinano così tra le verità presunte e quelle effettive. Si disvelano nelle chiusure di cerchi concentrici che stringono le mani sul collo dei protagonisti, finendo per soffocarli. Circoli viziosi che avvolgono cicli vitali e generazioni in una storia incartata dentro un loop perenne, facendo di un cerchio quello che si sperava potesse essere una linea retta proiettata in avanti. Verso l’orizzonte e una nuova alba, da vivere con la penna in mano e la volontà di scrivere un capitolo inedito.
Così è, così non è: è complesso possibile racchiudere le esperienze di ognuno dei personaggi in una sola narrazione. Ci sono mali che sono endemici, radicati nel Dna. Ruote che girano a vuoto mentre chi guida sta fermo. Ma un certo punto, le ruote possono spezzarsi una volta per tutte. Il treno deraglia nel punto di rottura, un punto di non ritorno dopo il quale non resta altro che l’indispensabile cambiamento. Una crepa, sul muro. Abbastanza profonda da generare un crollo. L’assestamento, dopo il terremoto. E una fenice che rinasce dalle macerie e dalle ceneri, dando vita a una storia più personale: presa in mano fino in fondo, dopo essere uscita dal tragico nido di un rione infernale.
Questa, in fondo, è la sintesi ideale del quinto e del sesto episodio de L’Amica Geniale 4, andate in onda nelle scorse ore sulla Rai.
Puntate intense che trovano una logica organica negli specchi riflessi di dicotomie primordiali, volti contrapposti di un’unica medaglia. L’amore e la morte. L’offuscamento della gelosia e lo schiarimento del tradimento. Il passato e il futuro, si diceva. La fine e l’inizio, tra verità rivelate e smarginature che opporranno sempre gli istinti di sopravvivenza agli impulsi mortiferi di un’esistenza distorta che invade gli spazi vitali. Temi complessi da analizzare attentamente nella recensione della quinta e della sesta puntata de L’Amica Geniale 4 (disponibili su Raiplay), trovando il senso più profondo di un racconto ancora una volta straordinario.
L’Amica Geniale 4 – L’amore e la morte
Il parallelismo più evidente si palesa attraverso un nome, onnipresente nel doppio episodio de L’Amica Geniale 4: Immacolata. Immacolata Greco, la madre di Lenù. Ma anche sua figlia, appena nata. La terza, non a caso: dopo aver assegnato alla prima quello di sua suocera, Adele, e aver omaggiato la donna che incarna il suo spirito letterario, Elsa Morante, Lenù omaggia la morente figura materna. Un riconoscimento che commuove Immacolata, e che rappresenta il culmine del tortuoso percorso affrontato insieme: dalla fase di distacco si era passati alla fase di conquista di un nuovo status, arrivando ad abbracciare una madre che ha finalmente trovato.
Una madre con la quale si è finalmente schiuso il rapporto: una lingua comune ha permesso loro di avvicinarsi nell’ultima fase, lasciando spazio a una rara forma d’amore puro, distaccato dai vincoli socioculturali che ne avevano minato la stabilità. Una riconciliazione con le proprie origini, mai incondizionata.
L’eterno ritorno al rione, luogo maledetto in cui Elena è sostanzialmente un’aliena, trova così modo di esprimersi al di là della figura di Lila. Immacolata, dal canto suo, trova negli ultimi momenti della sua difficile vita il modo per connettersi alla figlia prediletta: non una figlia da salvare (a differenza di tutti gli altri), bensì da sostenere attraverso una fiducia incondizionata nel suo gigantesco potenziale. Andando oltre i soffocanti confini del suo piccolo mondo, la madre libera così il proprio nome da un giogo che l’aveva incatenata per decenni. Attraverso la figlia, destinata ad abbracciare una crescita individuale profonda che porterà in alto i Greco, e ancora più attraverso la nipote che porterà il suo nome. Immacolata incarna così l’ultimo atto di fede, nei confronti di un futuro migliore.
La morte genera la vita, in figure nasciture e morenti che si stringono la mano per pochi istanti in un intenso passaggio del testimone. Ma la vita genera allo stesso tempo la morte, in particolare attraverso Lila.
I forti parallelismi innescati (anche visivamente) tra le scene che portano ai parti di Lenù e Lila raccontano moltissimo a proposito dei due personaggi, legati da un’unione inscindibile che le accompagnerà per sempre. Da un lato abbiamo una donna sola, portatrice di vita: Elena asseconda gli eventi con forza e tenacia, dando il là a una scena intrisa di drammaticità e di dolcezza. Gestisce così la smarginatura, da sempre. Ed è fondamentale tenere a mente questo concetto, esplicato ampiamente nella recensione del terzo e del quarto episodio de L’Amica Geniale 4, per comprendere fino in fondo il senso di quel che abbiamo visto.
Come avevamo detto una settimana fa, sparisce nel contesto, è subalterna alle azioni esterne e non fa niente per dominarle. Accompagna così la nascita attraverso una carezza, pur tra sfumature di fondo dai toni fortemente tragici: è un corpo esterno ai luoghi e alle persone che sopravvive attraverso il moto espressivo della scrittura, impedendole così di spezzarsi definitivamente nel momento più difficile. Quell’argine, tuttavia, è destinato a rompersi, come emergerà con forza nei minuti successivi (ci arriveremo tra poco).
Lila, invece, è un moto impetuoso che conduce nella direzione opposta.
L’avevamo già sottolineato a proposito del quarto episodio de L’Amica Geniale 4: il suo argine è il caos. Una forza implacabile che si abbatte sugli eventi con la violenza di un terremoto. Ne è una diretta conseguenza la natura traumatica del parto della sua figlia, Tina. La smarginatura di Lila si esercita attraverso il controllo: un controllo che in quel momento non può avere. Succube degli eventi e di una natura che la fagocita ferocemente, Lila si scaglia contro essa. Si contrappone alla vita, portando la ginecologa a esprimersi in questi termini: “Sembrava uno scontro tra una madre e la sua creatura”.
Un’immagine potentissima, nella terribile verità evocata: conclusa una battaglia, seguirà una nuova fase della guerra. Una guerra combattuta in un terreno nel quale l’impulso alla resistenza la porta a trasformare ogni cosa a propria immagine e somiglianza, andando oltre le miopi prospettive di un padre ancorato a un vecchio sistemi di valori. Arrivando, addirittura, a fare dell’amico Alfonso il proprio doppelgänger: l’ennesimo argine, tra un microcosmo che sente rigettarla e un universo personale nel quale trovare l’indispensabile libertà d’azione.
L’Amica Geniale 4 – La gelosia e il tradimento
Il concetto di smarginatura, fin qui adottato soprattutto per la figura di Lila, trova qui una fortissima espressione attraverso Lenù. Mentre Lila aveva mostrato istantaneamente le conseguenze del terremoto che aveva devastato Napoli e il rione, Lenù si ritrova a farlo nel momento in cui la morte di sua madre innesca una successione di reazioni che si intrecciano con le tossicità del rapporto con Nino e le difficoltà affrontate prima, durante e dopo il parto. La smarginatura tra il mondo reale e il suo riflesso nell’anima di Elena si traduce attraverso una parola chiave fondamentale: gelosia.
Una gelosia irrazionale e razionale allo stesso tempo. Irrazionale quando è specchio delle sue paure e delle sue radicate incertezze: essere dominata dagli eventi è, parallelamente, un elemento di forza e di debolezza. Causa e conseguenza dei suoi mali e dei conflitti irrisolti che albergano dentro di sé fin da quando era piccola. Sintomo, soprattutto, di una crepa che ha ormai aperto una voragine insanabile. Una crepa ben visibile ai suoi occhi, nonostante tutto.
La distanza tra le sue illusioni fanciullesche e la sua cosciente disillusione segnano un solco tra la donna che è e la donna che potrebbe (e vorrebbe) essere.
Nino, il solito Nino, incarna così il confine tra la sua esasperante dipendenza dagli agenti esterni e la soffocata indipendenza di una pensatrice libera che quel mondo, invece, potrebbe modellarlo. L’argine dell’assecondamento, della lucida consapevolezza di vivere una vita non sua, tuttavia, esplode nel momento in cui la situazione diventa insostenibile. Elena, imprigionata in una torre d’avorio, ha messo da parte le proprie ambizioni in nome di un amore impossibile. Un amore che amore non è, negli occhi di un uomo che è preda dell’egomania e di una storia che si riscrive con le medesime parole, trovando l’interprete di un padre (Donato) in un figlio che si era convinto vanamente di essere tutt’altro.
L’ennesimo tradimento, mostrato con una scena che finisce per deformare i contorni dei soggetti protagonisti, è l’ultimo atto di una storia mai nata. Una storia scritta da maschere irreali, in fuga da se stessi. Una tragica messinscena che si rovescia nella realtà, come fa nella mente di Elena nel momento in cui riversa la finzione dentro gli eventi più tangibili, dando vita a una sequenza in cui diventa persino superfluo distinguere la verità dalla fantasia. E le illusioni dagli incubi, nelle figure distorte di due persone che hanno un ruolo fondamentale per lei: Nino e Lila.
Il problema è Nino, ma fino a un certo punto. Il problema più importante è dentro Elena. E lo stesso vale per tutti gli interpreti più o meno consapevoli di questo dramma della gelosia: riflessi concreti di una realtà da foggiare, per prendere finalmente un controllo che non si è mai avuto davvero.
La gelosia, allora, diventa una parola chiave decisiva nel doppio episodio de L’Amica Geniale 4. Per Elena, ma anche per lo stesso Nino: nelle sue azioni (ingiustificabili) ritroviamo la drammaticità di un piccolo uomo che esprime, attraverso le proprie tossicità, una profonda frustrazione nei confronti di una società che non ne riconosce il (presunto) valore. Il figlio di un padre protagonista di gesti atroci con motivazioni simili, mai davvero eradicate anche a decenni di distanza. In una parola, sempre la stessa, gelosia. Gelosia, in particolare, nei confronti della donna che sostiene di amare, salvo poi tarparle le ali in ogni modo possibile.
La storia tra Elena e Nino si conclude (per ora) nell’istante in cui Elena prende atto di un problema congenito: non figlio del trauma, bensì di un presupposto esistenziale. Un presupposto che gli impedirà sempre di amare e di essere l’uomo dei sogni della donna. Un uomo che sopravvivrà in una realtà tutta sua che nega ogni spazio alla verità degli eventi, attraverso la vacua vanità. Una vanità che troverà una barriera reale e concreta nella sola Lila. Oltre quel confine, sopravvivrà solo l’irrazionalità del desiderio.
L’Amica Geniale 4 – Il passato e il futuro
Dove si va, da qui? La ruota smetterà mai di girare, condannando i protagonisti a ripercorrere le strade accidentate degli avi? Forse sì, forse no. Il dubbio è d’obbligo: come abbiamo avuto modo di capire nel tempo, Elena è consapevole della matrice traumatica delle sue scelte e dei suoi impulsi. Nonostante ciò, li asseconda istintivamente, ricostituendo volta per volta un fragile argine tra la realtà conosciuta e la fantasia disinnescata solo in parte dalle disillusioni.
La morte della madre, tuttavia, rappresenta un potenziale punto di non ritorno. La rende consapevole della caducità delle persone e delle cose, piegandola all’inevitabile senza la possibilità di rifugiarsi in un mondo idealizzato che ideale non è. Elena, soprattutto, ha la volontà di una donna che vuole riprendere in mano la propria vita, stavolta in funzione di se stessa. Essere la donna auspicata dalla madre sul letto di morte, indipendente e capace di spiccare finalmente il volo.
Si legge in tal senso la decisione di accettare il difficile lavoro commissionatogli dall’editore: l’opportunità per ripartire da quello che più la rende libera, scrivere.
Per essere Elena Greco, fino in fondo. Non più l’introversa bambina del rione né, tantomeno, la preda di un mondo che non le appartiene e o il fragile riflesso di un’amica che vedrà sempre sovrastarla (al di là delle più nobili delle intenzioni). Elena Greco, la scrittrice. La madre, la figlia. Una creatura del proprio tempo che quel tempo lo segna, fino in fondo. Solo così il presente potrà proiettarsi verso il futuro e non accartocciarsi tra gli spettri del passato. Spettri, tuttavia, sempre incombenti: nell’accentuazione della zoppia, una “stortura” che la associa alla figura materna con modalità che suscitano in lei inquietudine, ritroviamo una ruota che silenziosamente non ha ancora smesso di girare. Dandoci l’idea che questa storia, purtroppo, non sia ancora proiettata all’interno di una linea retta. Il cerchio, maledetto, rischia di non spezzarsi mai. E di sbriciolare ogni argine alla prima folata di vento.
Antonio Casu