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L’Amica Geniale: passare da teen drama a racconto della vita adulta

L’adattamento televisivo de L’Amica Geniale è stata una vera e propria sorpresa nata dalla penna di Elena Ferrante, chiunque sia la vera titolare di questo pseudonimo misterioso. Sarebbe stato difficile pensare la storia di due bambine nella Napoli degli anni ’50 come qualcosa di così intenso, coinvolgente, attuale, ma di fatto, il racconto di questo intenso spaccato di vita ha risvegliato una sorta di memoria storica in quelli che quei periodi li hanno vissuti e svolto uno scopo al limite del didattico verso le nuove generazioni, riproducendo fasi della storia italiana con una fedeltà rara. E tutto questo tenendo alto il focus sull’emotività dei personaggi, che si destreggiano in epoche e mentalità a noi per lo più sconosciute. Eppure, gli ascolti e il generale attaccamento verso questa storia non mentono.

Amica Geniale

Veniamo messi al corrente delle vicende di Lila, Lenù e gli altri abitanti del rione fin dall’infanzia di queste due: ce le racconta un’Elena Greco sessantenne, seduta per tutto il tempo nel suo studio di Torino a scrivere un memoir del rapporto con la sua amica di sempre. Ad ogni modo, il punto di forza de l’Amica Geniale sta anche nel fatto che la sua narrazione retrospettiva non ci impedisce di conoscere i fatti con gli occhi di qualcuno che li sta affrontando per la prima volta, carico delle ansie sul cosa sarà dopo. E così è stato per i primi due volumi della saga, corrispondenti all’infanzia e all’adolescenza di Lila e Lenù, impregnati di conflitti familiari, sforzi per emergere, ricerche del percorso giusto verso il quale spingere con tutte le forze.

“Amoretti e smanie di ascesa sociale” li ha voluti definire riduttivamente Franco Mari commentando il primo libro di Lenù insieme a lei, ovvero esattamente il terreno su cui affonda le proprie radici un buon Teen Drama, con la differenza che i racconti di crescita solitamente tendono a concludersi con una partenza per l’università e una buona dose di speranza. L’Amica Geniale non ci fa questo sconto.

Ed è con il passare repentino degli anni, rappresentato in questa terza stagione, che siamo costretti a guardare cosa si cela veramente sotto le promesse luccicanti che ti fa la vita adulta quando sei ragazzino. “Che ti credevi che andavamo veramente a prendere il cocco io e Pinuccia?” rivela Bruno Soccavo a Lila nell’essiccatoio della sua fabbrica un attimo prima di provare a violentarla. È la fine di un’illusione. L’inizio dell’età adulta. Non siamo più le persone che giocavano insieme nella spiaggia di Ischia, non c’è più motivo per fingere di non capire. È tempo di prendere atto di quali ruoli ci siamo guadagnati nella società e di quale prezzo abbiamo accettato di pagare. Lila è la prima a capirlo, o almeno così sembra quando dopo tanti anni cede e va a lavorare per Michele Solara.

Amica Geniale

Vediamo l’entusiasmo della crescita, lo slancio vitale, stabilizzarsi per un attimo nella vita delle due protagoniste, e ci fermiamo a riflettere insieme a loro. Non si può mai veramente cambiare tutto, le nostre radici, che ci piaccia o meno, ci definiscono. In questo senso la saga de L’Amica Geniale, che sceglie di proseguire fino alla maturità, consegna al pubblico una dura verità. L’adolescenza ci promette di essere un traghetto verso ‘il futuro’, una sorta di feticcio che tendiamo a immaginare totalmente diverso, con nuovi luoghi, nuovi personaggi e un taglio netto con quello che eravamo prima di diventare la nostra versione fatta e finita. In questa fantasia ci lasciano crogiolare la maggior parte delle storie che nascono e muoiono come Teen Drama, finché non ci imbattiamo nel realismo di Ferrantiano, per cui solo una minima parte della propria infanzia riuscirà ad essere cambiata, il resto continuerà a girare intorno, seppure in forme e combinazioni diverse. Bisogna rassegnarsi.

Su quello stesso verbo, diventare, Elena Ferrante fa pronunciare alla sua Elena Greco una delle riflessioni più profonde sulle aspettative disattese dalla vita adulta.

Diventare. Era un verbo che mi aveva sempre ossessionata, ma me ne accorsi per la prima volta solo in quella circostanza. Io volevo diventare, anche se non avevo mai saputo cosa. Ed ero diventata, questo era certo, ma senza un oggetto, senza una vera passione, senza un’ambizione determinata. Ero voluta diventare qualcosa – ecco il punto – solo perchè temevo che Lila diventasse chissà chi e io restassi indietro. Il mio diventare era diventare entro la sua scia. Dovevo ricominciare a diventare, ma per me, da adulta, senza di lei

Ecco messa nero su bianco la paura di non essersi staccata abbastanza, il bisogno di allontanarsi ancora di più, chiudere un capitolo per far scattare la magia del diventare grandi. È un’illusione anche questa: l’eterno confronto con Lila, il nome di Nino Sarratore, la famiglia Solara, continueranno a definire la Elena adulta come avevano fatto con la Elena ragazzina, fino a quando non saranno più rilevanti. Ma a quel punto non ci sarà neanche più nulla da raccontare.

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