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Nemmeno il brutto finale cancellerà la bellezza di Killing Eve

Killing Eve è finito già da qualche tempo ormai, ma abituarsi o accettare il suo finale è ancora una missione impossibile per i fan della serie – me compresa – che proprio non riescono a concepire come si sia potuta concludere così male una storia che in sé è stata: stupenda, memorabile, innovativa, divertente, tremenda e assolutamente geniale.

Per chi non lo ricordasse la quarta stagione di Killing Eve si è conclusa con l’inaspettata (o forse ce lo aspettavamo, ma speravamo che non succedesse) morte di Villanelle, protagonista di questo racconto assieme a Eve. Villanelle che è stata il cuore pulsante della narrazione e che è stata il motivo principale per cui tanti spettatori si sono appassionati alla serie. In un affrettato e confusionario finale, la protagonista/antagonista ha fatto fuori l’organizzazione che dalla genesi di questa storia ha aleggiato come un’ombra sui personaggi diventando sempre di più il vero nemico, i “Dodici”, e a cui – però – viene riservata una scenetta insoddisfacente senza né arte né parte che va a svilire il valore e l’importanza tragica e tremenda che gli era stata attribuita negli anni.

Killing Eve

E dopo la delusione di non aver potuto concretamente dare un volto a questi “Dodici” e di non aver visto Villanelle distruggerli uno per uno soddisfacendo così non solo la nostra curiosità, ma anche la nostra sadica voglia di vendetta maturata nel corso della visione di Killing Eve proprio come fanno i suoi personaggi e nello specifico proprio Eve, Villanelle viene ammazzata da un cecchino proprio laddove la storia avrebbe – forse – meritato un lieto fine. Certo, qualcuno potrebbe obiettare dicendo che vedere Eve e Villanelle raggiungere il tanto agognato lieto fine non sarebbe stato coerente con la natura della storia, ma magari vederle andar via entrambe sulle proprie gambe, anche se per strade diverse, sarebbe stato decisamente più gradito, quantomeno dalla sottoscritta.

Tra l’altro mi viene spontaneo chiedermi: perché quando c’è una relazione tra due donne, le nostre amiche saffiche devono vedersene ammazzare brutalmente almeno una? Perché questa discriminazione in stile quello di colore che nei film horror muore per primo? Non riesco veramente a spiegarmelo, ma curiosando sul web mi sono resa conto che esiste una vera e propria battaglia del mondo LGBTQ+ al riguardo, chiamata “Bury Your Gays” (seppellisci i tuoi gay) anche conosciuta come “dead lesbian syndrome” (sindrome della lesbica morta) ovvero il cliché che vede un grande numero di personaggi omosessuali, in particolare lesbici, morire. Se siete interessati a capire meglio di che si tratta vi lascio qui l’articolo per evitare di spiegarvelo in modo errato o superficiale.

E mentre il paradiso guadagna una nuova regina lesbica, noi spettatori piangiamo, ci strappiamo i capelli e ci battiamo il petto per un’altra rappresentante del mondo femminile con le consistenze sotto che ci abbandona senza un reale motivo se non l’orribile scelta degli sceneggiatori di ridurre una serie favolosa al classico “il bene vince sempre e per vincere il bene, il male deve letteralmente morire perciò bye bye Villanelle” anche se Villanelle probabilmente era la villain meno villain dell’intera storia. Ma queste sono considerazioni per un altro momento e un altro articolo, perché – cari amici lettori – non credete che finito Killing Eve ci metteremo l’anima in pace per la morte di Villanelle, no, come ha detto lo stesso Luke Jennings (qui le sue dichiarazioni sul finale della serie), creatore dei romanzi che hanno ispirato la serie:

“Villanelle vive. E sulla pagina, se non sullo schermo, tornerà”

Killing Eve

Ciononostante, nulla potrà mai cancellare la bellezza di Killing Eve, nemmeno l’orribile finale. Niente potrà eliminare la grandiosità di tre intere stagioni. Niente potrà macchiare la bellezza del rapporto tra Villanelle e Eve, del cambiamento che entrambe – dal momento del loro primo incontro – iniziano. Nulla potrà cancellare la tremenda psicopatica Villanelle che dovrebbe farcela apparire come un mostro, un pericolo, ma che in realtà è tutt’altro che un mostro. E ancora la sua goffaggine, la sua antitetica comicità, la sua brillante mente sadica che oserei a definire artistica nell’accezione più cruda del termine e soprattutto la sua infinita immaturità, che mi azzardo a definire addirittura un’ingenuità, un’ingenuità che la rende così simile a un bambino capriccioso non ancora educato a conformarsi alle norme di una società troppo rigida e piena di regole che non capirà mai a fondo e che farà fatica ad accettare.

Ecco, la sua sregolatezza, la sua imprevedibilità e ancora la sua agognata ricerca di amore, di qualcuno che la ami così com’è, forse solo per accrescere ulteriormente il suo ego o forse solo per poter dimostrare all’unica persona da cui è inspiegabilmente attratta e da cui cerca approvazione che è degna di essere amata, Eve. Tutto questo, la purezza di Villanelle così sporca moralmente, ma incredibilmente più pura di tutti i personaggi di Killing Eve, non potranno mai essere macchiati dal tragico e insulso finale che non rende per niente giustizia allo sviluppo della sua storia, al cambiamento e alla mutazione del suo personaggio.

Allo stesso modo Eve, inizialmente così normale e – francamente – noiosa, con la sua ossessione maniacale e inspiegabile per la caccia al topo (che in questo caso è Villanelle), la sua imperfetta e monotona vita che trova un po’ di luce solo grazie al confronto e all’entusiasmo per la scoperta dell’assassina e ancora il suo cambiamento, la rivelazione del suo vero io che scalpita per trovare la luce, per emergere e porre fine al pressante soffocamento che l’ha tenuto in gabbia per tutto questo tempo. Il confronto con la sua vera indole e con quella malsana voglia di ricalcare le orme di Villanelle non più solo a scopo investigativo, ma per l’adrenalina della caccia e per quell’apparente e inspiegabile necessità di stare con lei pur essendo quanto di più tossico potesse fare a se stessa.

E ancora il coraggio, l’intraprendenza e la determinazione che riesce a tirare fuori e che la guidano, insieme a una certa spietatezza, per tutta la quarta stagione, stagione in cui la vediamo finalmente per com’è, senza più veli, senza più maschere d’occasione. Finalmente Eve è libera di essere se stessa nel modo più brutale possibile e di commettere il tanto agognato omicidio che la libera definitivamente dalle catene in cui era rimasta imprigionata fin dall’inizio e che annulla e mischia definitivamente quella linea di confine che la distingueva da Villanelle annullando – così – ogni ostacolo morale tra loro. Adesso non può più sentirsi migliore di lei.

Killing Eve

Ecco, tutto questo non potrà mai essere sporcato e cancellato da un finale deludente che le risparmia – forse ingiustamente se paragonata a quella di Villanelle – la vita e le permette un nuovo inizio, perché che senso avrebbe per Eve lasciarsi alle spalle Villanelle e ricominciare? Significherebbe tornare indietro, ripercorrere tutto il suo percorso a ritroso e annullare ogni cambiamento rimettendosi la maschera che l’ha tenuta prigioniera chissà per quanto? Mi dispiace, ma non lo accetto.

E se ho accettato la morte di Konstantin nonostante abbia fatto male, se ho accettato e amato la storia di Carolyn fino all’ultimo istante, se ho avuto speranza per Pam e il futuro che l’attende, un futuro che le mette a disposizione infinite possibilità, non riesco proprio a rassegnarmi all’idea che Villanelle abbia perso quella possibilità non di redimersi – non sarebbe da lei – ma di evolversi e di non essere più legata ai “Dodici”, di essere finalmente libera.

Ma nonostante il mio malcontento – che è un sentimento comune non solo ai fan di Killing Eve, ma a quanto pare anche al creatore dei romanzi – ribadisco ancora una volta che nemmeno il brutto finale cancellerà la sua infinita bellezza fatta anche di luoghi e accenti meravigliosi, di omicidi efferati e stranamente divertenti, di strani inseguimenti, di relazioni bizzarre, altre tossiche e disfunzionali e di risvolti inaspettati. Nulla potrà mai macchiare la bellezza di Villanelle che rovescia il gelato su una bambina che le faceva le smorfie, nulla cancellerà l’ilarità di Villanelle che urla “Noiosooo” nel museo o che si prende gioco di Konstantin.

Insomma, mi rendo conto che il mio amore per Villanelle sia emerso prepotentemente in questo articolo oscurando tutti gli altri e trasformandolo in un’ode a questo personaggio, ma credetemi quando vi dico che per quanto io voglia tenerlo a bada, lui scalpita per venir fuori. È prepotente proprio come lei e gli autori potranno anche averla uccisa, ma Villanelle è l’eterna gloria di Killing Eve e – per dirlo con il gergo di Twitter – sarà per sempre famosa.

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