Vai al contenuto

Il passato torna sempre. Per quanto si cerchi di gettarselo alle spalle, basta una parola, un gesto, un deja vu per risvegliarlo e rimetterlo sulle nostre tracce. Queste due puntate di Jessica Jones ci mostrano un’eroina allo sbando, che precipita in una spirale di tradimenti, dolorose rotture, tormenti e allucinazioni. Jessica si trova a confrontarsi con la realtà della sua vita: è sola, sua madre appena ritrovata preferisce il suo deviato creatore a lei, la sua amica e sorella adottiva Trish è tornata nel tunnel della droga e se la fa con il suo collega Malcolm alle sue spalle, la sua unica compagnia è la presenza illusoria di un’ombra del suo passato, che le dice cosa fare e chi essere.

Ma andiamo con ordine. Jessica cerca di far avere un trattamento più umano a sua madre in carcere, scontrandosi con la realtà del loro irreparabile allontanamento. Alise non è più quella di prima, è una donna instabile, aggressiva, estremamente pericolosa, devota fino alla fine al suo Karl, il suo dottor Frankestein. Jessica Jones non è il tipo di donna che si piange addosso, ma questa lontananza le pesa; aiutare sua madre vorrebbe dire innanzitutto cercare di recuperare un passato che non può tornare. Ma un altro passato sì…

Jessica fa il suo lavoro: si mette sulle tracce della guardia carceraria che perseguita e tortura sua madre, cercando degli indizi per incastrarlo. E li trova: a quanto pare la guardia Dale è solita provocare il suicidio dei detenuti, tenendo come trofeo i loro numeri di matricola. Una crudele disumanizzazione, in un ambiente in cui le persone sono chiamate in tutti i modi tranne che con il loro nome di battesimo. Jessica entra in casa di Dale per cercare le prove, ma paradossalmente è Dale e non Jessica a trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato: la colluttazione che segue la scoperta di Dale un’intrusa in casa sua porta alla sua morte accidentale.

Jessica Jones ci è ricaduta. È di nuovo un’assassina, per la terza volta: e stavolta non si tratta di un’innocente uccisa sotto il controllo mentale di Kilgrave, e non si tratta neanche di Kilgrave stesso, qui è Jessica, al massimo delle sue potenzialità.

E puntuale come sempre, quando Jessica inizia a crollare, lui ricompare: ed è sadico, pungente, manipolatore e canzonatorio come ce lo ricordavamo. Kilgrave ormai ha fatto il nido nelle meningi di Jessica, si annida dove lei non può stanarlo, dove lei non può più ucciderlo. Kilgrave colonizza letteralmente la puntata, facendoci provare una forte nostalgia e facendoci avvertire per la prima volta il vero problema di questa seconda stagione: la mancanza di un cattivo forte, di un contraltare perfetto per l’energia catastrofica ma benefica di Jessica. E il panico che prova Jessica, nel prendere consapevolezza che questa presenza non se ne andrà più, è pari solo all’acquisire consapevolezza del fatto che ormai è l’unica compagnia che le è rimasta.

Trish è ricaduta nel tunnel della droga, e il complesso di inferiorità nei confronti della fortissima sorella la porterà a tentare di tutto per emularla. Malcolm è troppo preso da Trish per poter davvero gestire la situazione (il suo viaggio nel bagagliaio di Trish è sicuramente il punto di non ritorno del personaggio). Sua madre è irrecuperabile e Jeri è ormai una donna spezzata, illusa dalla possibilità di guarigione e ricacciata nel limbo delle persone sole, rifiutate.

In queste puntate di Jessica Jones i personaggi sono isole, pensano per sé: paradossalmente, l’unica che pensa agli altri è proprio Jessica, la scorbutica e individualista Jessica Jones. Forse è questo, più dello shock per l’uccisione accidentale di Dale, a mandarla in tilt; come rinfaccia a Malcolm, lei non ha mai pensato a risolvere i suoi problemi. Dopotutto, perché farlo, quando puoi berci sopra?

La decima puntata pone un quesito che l’undicesima prova a risolvere: Jessica Jones è davvero un’assassina? Forse sì, ma lei non vuole esserlo. E conta solo questo, in un mondo in cui tutti ti dicono chi sei e che cosa devi fare, incluso quelli come te, quelli coi poteri. E se Trish vuole essere forte come Jessica, fino al punto di rischiare la morte, Jessica vorrebbe solo essere fragile, pura, magari un po’ egoista e svampita come Trish.

Magnificamente diretta da Jennifer Lynch (di cui si intravede nitidamente il tocco), l’undicesima puntata della seconda stagione di Jessica Jones è la ciliegina sulla torta di una stagione che soddisfa complessivamente le aspettative, pur avendoci donato per troppo poco tempo la stupefacente presenza di David Tennant. Un Kilgrave che alterna momenti inquietanti ad altri decisamente buffi, che riesce a far sfociare nel grottesco o nel terrificante con un’inclinazione della voce. Insomma, un interprete col contagocce ma in stato di grazia, meravigliosamente assortito con una Kristen Rytter potente, fragile, confusa. Due puntate che volano in un soffio e che ci catapultano nel gran finale con il cuore in gola.

Leggi anche – Jessica Jones 2×08-2×09 – Genitori e figli