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L’intensa delicatezza del finale di Incastrati

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla serie Netflix di Ficarra e Picone Incastrati

Arrivata un po’ in sordina e terminata anche senza fare troppo rumore, Incastrati ci ha portato nel mondo che più volte hanno delineato Ficarra e Picone, quello di una Sicilia grottesca e sgangherata, ma estremamente verace e orgogliosa. La prima stagione della serie Netflix aveva messo su un’avvincente storia di incomprensioni e malintesi, con i due protagonisti finiti nel ventre della mafia solo a causa della passione di Salvo per le serie tv crime. Il secondo capitolo di Incastrati ha completato i pezzi del puzzle, sviluppando la trama dipanata nella prima stagione, puntando forte su quel senso di grottesco, ma restituendo, nel finale, un epilogo semplicemente meraviglioso.

Anche in campo seriale, Ficarra e Picone confermano la loro capacità di restituire momenti emozionanti e di ragionare su temi delicati, pur apportando al racconto un registro molto leggero. Questa mescolanza adottata in Incastrati, ma anche in molti film del duo comico, restituisce proprio quel disegno contraddittorio che è la Sicilia, terra di dolcezza e amarezza, come sottolinea Sergio Friscia proprio nella serie Netflix, ma dai sentimenti sempre totalizzanti.

Il finale di Incastrati e il bellissimo omaggio di Ficarra e Picone

Prima di addentrarci nella spiegazione del finale di Incastrati, o meglio prima di celebrare la sua straordinaria dolcezza, tiriamo le fila proprio di ciò che succede negli ultimi battiti della serie Netflix. Nelle puntate conclusive di Incastrati la situazione di Salvo e Valentino si complica parecchio, stritolati tra la minaccia di Padre Santissimo, gli inganni del poliziotto corrotto e le beghe familiari e personali. Con un vorticoso gioco di specchi, i due protagonisti riescono a ingannare i mafiosi e con l’aiuto di Tonino, quella “Cosa Inutile” dal punto di vista dei malavitosi, incalzano il boss mafioso e lo consegnano alla polizia.

Da qui, parte il momento trionfale, con la sfilata dei poliziotti per le strade accolti da lenzuola bianche che sventolano dai terrazzi a dagli applausi delle persone che per celebrare quella vittoria scendono in strada. È un momento di un’intensità pazzesca, perché restituisce il ritratto di una terra che da decenni combatte con un demone, un male impossibile da sradicare, che rappresenta tutta l’amarezza del famoso contrasto di cui si parlava prima.

Ci sono due momenti, nel finale di Incastrati, che rendono al meglio ciò che significa la lotta alla mafia per i siciliani. Il primo è rappresentato dal discorso da brividi del Procuratore Nicolosi, che prima di far partire l’assalto a Padre Santissimo ricorda come al mondo ci sono state persone che hanno creduto di fare cose assurde: chi pretendeva di svuotare il Mediterraneo con un secchiello, chi di scongelare il Polo Nord con un fiammifero, ma il “più testa di minchia di tutti” – e qui è impossibile non citare testualmente – è chi ha sognato di sconfiggere la mafia applicando la legge.

Questa iperbole restituisce interamente la fotografia della lotta alla mafia in Sicilia. Dietro quel “testa di minchia” a cui si riferisce il procuratore Nicolosi è facile riconoscere gli eroi dei nostri tempi: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, chiaramente, ma con loro tutte le persone che non hanno abbassato la testa di fronte alla mafia, che hanno cercato di combatterla usando gli strumenti della legge e dello giustizia, e che per questo sono stati uccisi. Sognatori, conservatori di un’utopia probabilmente, alcuni direbbero donchisciotteschi sfidanti dei mulini a vento, ma la verità è che si tratta di persone dall’estremo coraggio, eroi di tutti i giorni che si meritano il giusto tributo.

Con queste parole, pronunciate da un immenso Leo Gullotta, Ficarra e Picone omaggiano tutte quelle persone che si sono battute per la loro terra, che hanno cercato di conservare la dolcezza della Sicilia, di estirparne l’amarezza, fin troppo radicata nell’isola. Dopo tante, troppe, sconfitte, Incastrati mette in scena una vittoria finale, emozionante e tenera, incarnata dagli occhi lucidi del procuratore e delle persone in strada, dai loro applausi e da quel bianco, puro e limpido, che da ogni balcone riflette il caldo sole della Sicilia.

Incastrati
Leo Gullotta in Incastrati (640×340)

Il trionfo della dolcezza

L’altro momento estremamente significativo del finale di Incastrati ce lo regala Sergio Friscia, nei panni del giornalista che spera nelle lotte di mafia per aumentare la propria audience, sottolineando ogni volta il carattere contraddittorio della sua terra, quella dolcezza e quell’amarezza che si mescolano e incarnano la Sicilia. La notizia dell’arresto di Padre Santissimo, però, viene restituita in modo diverso da Sergione, che parla della dolcezza della vittoria, senza trovare alcuna connotazione amara.

Questo passaggio è significativo per far capire agli spettatori come tutte le contraddizioni della Sicilia siano da restituire alla mafia. Nel giorno della sua sconfitta, c’è solo dolcezza, c’è solo una terra splendida e calorosa, in giubilo e tripudio, che finalmente si gode un trionfo che attendeva da tempo. La sconfitta della mafia è in grado di togliere tutta l’amarezza che aleggia sull’isola: è l’estremo trionfo della dolcezza.

Con questi due passaggi, uniti a quella sfilata trionfale della polizia, Incastrati confeziona il proprio finale perfetto. Un epilogo emozionante, in cui Ficarra e Picone si lasciano andare a quello che è probabilmente il sogno di ogni siciliano, o almeno di ogni siciliano che ama la propria terra. Nello strepitoso finale di Incastrati riecheggiano anni e anni di lotta alla mafia. Si ripercorrono morti, stragi, violenze inaudite. Si celebrano magistrati che non hanno ceduto di un passo alle minacce, persone comuni che non hanno voluto abbassare la testa davanti ai soprusi. Si esaltano quegli inesorabili sognatori, tutte quelle teste di minchia che hanno creduto di poter sconfiggere la mafia.

La costruzione narrativa di Incastrati

In chiusura a questo elogio del finale di Incastrati, è bene anche sottolineare come questo epilogo non sia solo emozionante ed estremamente significativo, ma sia anche calato alla perfezione nel contesto narrativo. La serie di Ficarra e Picone, come già ribadito, mantiene per tutta la sua durata un tono grottesco, costruendo una trama articolata, ma visibilmente iperbolica, e mandandola avanti tramite situazioni paradossali e spesso strampalate. Un finale così evocativo, dunque, potrebbe sembrare a primo impatto fuori contesto rispetto a una narrazione del genere, ma la realtà è estremamente diversa.

Come in tutte le produzioni di Ficarra e Picone, il tono grottesco del racconto cela significati tutt’altro che banali. Anche qui, il raffronto tra il finale e lo svolgimento della trama, oltre che restituire quella contraddittorietà della Sicilia più volte sottolineata, è anche un esempio dell’efficacia di Incastrati nel suo complesso. Un finale così solenne non stona affatto col resto del racconto, anzi ci s’incastra alla perfezione e questo è il grandissimo pregio della serie Netflix, che riesce ad ampliare anche la risonanza del messaggio finale, arrivando, con uno standard narrativo imperniato sulla comicità grottesca, anche a un pubblico magari meno interessato ai racconti di mafia.

Questo strepitoso finale di Incastrati è perfetto sotto ogni punto di vista. Al di là delle considerazioni in generale sulla serie, che può piacere o meno e presenta sicuramente dei pregi e dei difetti come la gran parte delle produzioni, è innegabile non riconoscere al finale la sua straordinaria efficacia. Ficarra e Picone ci regalano un epilogo emozionante, evocativo, capace di arrivare a un pubblico ampio ed estremamente calzante nel racconto. In conclusione, Incastrati si rivela un’altra scommessa vinta da Netflix e l’ennesimo ottimo lavoro di Ficarra e Picone, che riservano un messaggio di speranza a tutte quelle teste di minchia che, ancora oggi, sognano di sconfiggere la mafia.