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L’importanza di I May Destroy You e di una storia davvero necessaria

“Sono qui per imparare a non essere violentata”. Dal senso di colpa all’elaborazione del trauma, I May Destroy You è una storia necessaria che approfondisce le tematiche del consenso e dello stupro.

L’iniziale senso di colpa per non essere riuscita a evitarlo. Il senso di impotenza dato dalla consapevolezza di non poter cambiare il passato. I May Destroy You offre uno sguardo inedito sulle fasi di elaborazione del trauma causato dalla violenza sessuale, sviscerato non solo dal punto di vista della protagonista Arabella (Michaela Coel) ma mettendo in luce, attraverso la triplice esperienza dei tre personaggi principali, tutte le facce che lo stupro può assumere, rimarcando il focus sul tema del consenso. Nella maggioranza dei casi, la violenza sessuale non viene infatti riconosciuta come tale dalle stesse vittime oltre che dalle autorità competenti, alimentando un pericoloso e perpetuato circolo di violenze. Lo dimostra Terry (Weruche Opia), aspirante attrice nonché migliore amica di Arabella, che capirà di essere stata abusata da due uomini durante la sua vacanza in Italia solo settimane dopo l’accaduto. Sorte diversa ma esito simile è quella che spetta a Kwame (Paapa Essiedu), violentato a seguito di un primo rapporto consensuale avuto con uno sconosciuto trovato su un’app di incontri. Le generalità sconosciute del partner occasionale, unite all’impossibilità di dimostrare il mancato consenso del secondo rapporto, gli rendono impossibile denunciare l’accaduto, su cui grava il pesante stigma sociale che pesa su chi cerca rapporti occasionali tramite app, sugli omosessuali e su chi beve più del dovuto.

I May Destroy You non si limita però a chiarire i confini del consenso. Il grande punto di forza della serie (disponibile in streaming su NOW) è nelle modalità in cui vengono presentati gli eventi, unendo elementi umoristici e dialoghi comici a componenti prettamente drammatiche, risultando leggera nonostante la crudezza della mai edulcorata verità, in pieno e riconoscibile stile Michaela Coel. La protagonista è infatti anche creatrice, scrittrice, co-direttrice e produttrice della serie semi-autobiografica, in cui racconta la sua reale esperienza di stupro.

I May Destroy You
I May Destroy You (640×360)

La vicenda di Arabella si apre con il suo viaggio di ritorno dall’Italia, intrapreso nella speranza di trovare nuove ispirazioni per il suo secondo romanzo. Dopo il successo di “Cronache di una millennial stufa“, la casa editrice preme infatti sulla giovane donna affinché completi in breve tempo anche la stesura di un nuovo romanzo, cavalcando l’onda di quel successo virale ma potenzialmente effimero. L’obbligo di dover replicare e raddoppiare la fama ottenuta dalla prima pubblicazione, pesa sulla protagonista sempre più creativamente bloccata, che cerca quindi di liberare la mente da quel caotico flusso di pensieri controproducenti concedendosi serate all’insegna dell’alcol per i locali londinesi. Il risveglio dopo un’apparentemente classica serata si rivela però molto diverso dal solito; la ferita sanguinante sulla fronte e la totale incapacità di ricordare qualsiasi dettaglio della notte precedente cominciano a destarle preoccupazioni, aggravate poi da un flashback ricorrente che la vede guardare inerme e dal basso un uomo di cui non riconosce il volto. Da quel ricordo offuscato seguirà poi la sempre più chiara consapevolezza di esser stata drogata e violentata quella notte. Comincia quindi la sua elaborazione del trauma e la ricerca di risposte per risalire all’identità del suo assalitore, riappropriandosi di quei ricordi e di quella dignità violata.

Al suo iniziale senso di colpa dovuto, come accennato in precedenza, allo stigma sociale che tende a colpevolizzare le vittime quando ritenute moralmente irresponsabili (“avresti dovuto prestare più attenzione al tuo drink“/”non avresti dovuto bere affatto“), segue poi il momento di comprensione e accettazione del trauma, accompagnato dal lavoro di auto analisi e psicoanalisi che porta Arabella a comprendere che, quello stupro, non è l’unico trauma che tenta di nascondere sotto al suo letto, nei meandri del suo inconscio. La progressione della protagonista passa dunque per la maturata conoscenza delle proprie ombre interiori, freni che le impedivano di essere sincera con se stessa e con gli altri, in particolar modo con i suoi lettori. Scoprire se stessa attraverso la consapevolezza di quelli che riteneva fossero punti deboli, implica comprendere soprattutto i suoi punti di forza. Arabella rende il suo trauma il mezzo attraverso cui dar voce ai soprusi di tutti, facendo leva sulla sua fama e sul suo essere influente nel mondo social. Questo nuovo scopo di vita, per quanto stimolante, non le restituisce però quella verità che non ha mai smesso di cercare, e che la spinge a tornare nel luogo in cui ha avuto origine il suo trauma fino al dodicesimo e ultimo episodio: Ego Death.

Il finale di stagione di I May Destroy You mette in scena un loop temporale in cui la protagonista si ritrova – per tre volte – faccia a faccia con il suo stupratore, capovolgendo i ruoli di vittima e carnefice.

Nella prima fittizia situazione, Arabella immagina di recarsi consapevolmente in quello stesso bar, accettando nuovamente il drink corretto dal suo stupratore ma evitando di berlo. Ricondotta in quello stesso bagno, rivela poi di essere cosciente e di essere pronta a fermarlo; droga l’uomo che riesce a scappare dal locale ma, una volta all’esterno, lo uccide. Quel cadavere nascosto sotto al suo letto non smette di sanguinare, metafora di un trauma che non trova risoluzione nella vendetta. Questa consapevolezza ci conduce al secondo loop temporale, che fa seguire all’identico inizio al bar un epilogo molto diverso; Arabella invita a casa il suo stupratore e assume un ruolo dominante nel rapporto sessuale consumato tra i due. In questo caso, l’inconscio della protagonista prova quindi a superare il trauma immaginando di aver avuto il controllo della situazione. Nel terzo e ultimo scenario, al solito inizio segue poi un rapporto consensuale tra i due, alla fine del quale Arabella riesce finalmente a lasciar andare via l’uomo (“ora puoi andare”) o, più precisamente, il suo trauma, ormai vissuto in ogni forma plausibile fino ad avere di nuovo il totale controllo dei suoi pensieri. Ciò che Arabella è riuscita a distruggere (come da titolo) non è infatti il suo stupratore ma il suo trauma, riprendendo il controllo di una vita che non può essere segnata da quell’evento.

La risoluzione dei conflitti interiori, la ritrovata fiducia in se stessa e il controllo della propria vita segnano dunque la fine della sincera e spiazzante serie HBO, che accende i riflettori su tematiche alle quali è sempre più necessario dar spazio, affinché le vittime di violenza sessuale smettano di domandarsi in che modo evitare di essere violentate, e di essere considerate in alcun modo responsabili.