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Spaccaossa di Vincenzo Pirrotta è un film che frantuma il cuore

In un magazzino in periferia di una Palermo cupa, oscura e glaciale, un uomo riempie un trolley di pesi da palestra. Un altro, seduto sotto un’impalcatura, attende di essere spaccato. Questa è la modalità con cui agisce una banda improvvisata di criminali che rompe braccia e gambe a vittime consenzienti per simulare falsi incidenti e incassare i premi assicurativi. Questa è la storia di miseria umana, crudeltà, dolore e disperazione raccontata in Spaccaossa, il primo film di Vincenzo Pirrotta.

Il film è stato presentato martedì 6 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia ed è corale, viscerale e tragico come la tragedia antica. La coralità del film si respira nonostante i personaggi siano tutti, disperatamente, soli. Solo è Vincenzo, interpretato da Pirrotta, definito da lui stesso “un uomo senza qualità, un uomo inutile”, che procura le persone da spaccare alla banda.

Sola è Luisa, la protagonista femminile, interpretata da Selene Caramazza, una ragazza giovane, esile e già martoriata dalla vita, che si rifugia in Vincenzo, figura a metà tra un padre e un amante, perché tutti hanno sempre saputo solo rifiutarla. Sono soli, soprattutto, i miserabili che acconsentono a farsi mutilare per soldi, anche quando servono per finanziare la prima comunione della figlia.

Una vicenda figlia del dolore e dell’emarginazione tratta da una storia vera che ha colpito Vincenzo Pirrotta, spingendolo a costruire il film come atto in un certo senso catartico.

“Ho sentito la necessità di raccontare questa storia quando ho saputo del caso di cronaca a cui era ispirato e ho sentito che era successo nella mia città, Palermo. Una Palermo che, nella fotografia del maestro Daniele Ciprì, è cupa, oscura, quasi nordica. Volevo mostrare cosa si nasconde dietro quella maschera di sole e amore che mostriamo e raccontare una storia di dolore che non prevede una rinascita o un riscatto”.

In Spaccaossa, infatti, l’oscurità in cui discendono i personaggi e, con loro, questa Palermo “dal ventre molle”, come la definisce il regista, è totale. Non c’è speranza né possibilità di redenzione. “Che cosa siamo disposti a farci togliere per ottenere qualcosa? I personaggi del film si fanno rompere le ossa per soldi ma forse tutti noi siamo disposti a farci spaccare la dignità”, commenta Salvo Ficarra, sceneggiatore e produttore del film insieme a Valentino Picone, Ignazio Rosato e Vincenzo Pirrotta.

“Il film non giudica mai, solo in una scena, la bellissima canzone O Vos Omnes cantata da Giuni Russo, dice ‘O voi che passate per la via, ditemi se quello che vedete non è dolore’. Per raccontare tutto questo ho cercato uno sfondo che fosse più cupo possibile: il luogo chiave è quello che io chiamo ‘l’antro del dolore’, dove avvengono le mutilazioni, intriso di simbolismo quasi totemico con questa impalcatura da cui cala la valigia riempita di pesi. Volevo che lo spettatore avesse un finale senza speranza perché sta lui capire come trovarla, come non voltare più la testa davanti alla miseria, che è la causa scatenante di questa vicenda”.

In Spaccaossa la voce delle donne, anche nel silenzio di uno sguardo, grida fortissimo. Selene Caramazza descrive la sua Luisa come “un piccolo animale selvaggio da proteggere, con una maschera un po’ dark ispirata nell’estetica a Uomini che odiano le donne. Luisa è figlia di una cultura che nega la possibilità di un riscatto, segnata da una sorte che le ha già spaccato le ossa in partenza. Sembra fragile e bisognosa di aiuto ma in realtà lei è più forte di Vincenzo e troverà comunque la chiave per scegliere il suo destino”.

Anche Maria e Patrizia, rispettivamente Simona Malato e Rossella Leone, hanno uno “sguardo che grida”. La prima è la moglie di Francesco, il proprietario dell'”antro del dolore” (interpretato da Ninni Bruschetta), costretta dal marito a sorvegliare gli spaccati fino alla riscossione dei soldi, una Lady Macbeth che non riesce a cancellare il sangue dal pavimento così come non riesce a liberarsi della macchia della connivenza. La seconda è la moglie di Mimmo (Filippo Luna), uno dei mutilati, il cui sguardo silenzioso è capace di urlare in faccia allo spettatore tutto il dolore e l’impotenza di una vittima.

Nessuno dei personaggi di Spaccaossa, però, suscita più orrore nello spettatore di Giovanna, la madre di Vincenzo, interpretata da Aurora Quattrocchi. In apparenza un’adorabile, caritatevole e premurosa vecchietta: in un lampo dello sguardo, però, sa trasformarsi in una spietata carnefice quando costringe il figlio a far spaccare Luisa, che lei ha accolto in casa sua riempiendosi la bocca di passi del Vangelo e sotto lo sguardo indifferente di un quadro kitsch di Cristo.

Spaccaossa è un film che parla alla carne dello spettatore, prima ancora che alla mente. Lo fa insidiandosi sotto la pelle con il brivido d’orrore che accompagna ogni scena di mutilazione, mostrando l’aspetto più mostruoso dell’essere umano e, insieme, facendoci provare pietà per questi miserabili, la cui frattura davvero insanabile è quella interiore.

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