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5 film horror che ho amato nonostante non mi abbiano fatto paura per niente

Ci sono i film horror che nessuno sembra avere il coraggio di rivedere una seconda volta. Ci sono i film horror fatti egregiamente, i capolavori del genere, quelli che ci ricordiamo tutti e che rimarranno per sempre nella memoria collettiva di tutti; ci sono anche gli horror trash, quelli che valgono veramente poco e che però non riusciamo a smettere di guardare quando vogliamo staccare il cervello per due ore. E poi, nascosti sotto pile e pile di prodotti, ci sono quei film che sono meravigliosamente horror pur non avendo una grossa componente di spavento. Pochi jumpscare ma tanto, troppo turbamento. Da Shining a Midsommar, vediamo 5 film horror che ho amato nonostante non mi abbiano fatto paura per niente. Perché a volte, per sentirsi veramente a disagio, basta poco. Basta qualcosa che non ti aspetteresti mai.

1) Get Out

Film horror
Get Out (640×360)

Sembra impossibile pensare ad un mondo senza Jordan Peele, il regista che forse più negli ultimi anni ha rivoluzionato il genere horror. Il regista, sceneggiatore e produttore statunitense non ha solo contribuito in modo significativo al mondo del cinema più recente, ma ha modificato in maniera indissolubile un genere che per anni è rimasto fin troppo statico. E’ proprio con Get Out, uscito nel 2017 e vincitore di un premio Oscar alla miglior sceneggiatura originale che si è davvero sentita una cesura tra i film horror di prima e quelli di dopo. Get Out è molto, molto più di un horror nel senso più semplice del termine: è una magistrale metafora sociale, un durissimo film di denuncia che (al pari del suo fratello, Noi) andrebbe mostrato in tutte le scuole d’Italia. Get Out è destabilizzante, forte e non si perde mai in troppi virtuosismi ma punto direttamente alle viscere dello spettatore. Possiamo anche dire che non fa particolarmente paura proprio perché viene dato molto più spazio al disagio, all’ansia e ad un profondo senso di oppressione. Fa male senza sforzarsi troppo, ed è fondamentale vederlo proprio per questo. Quel maledetto cucchiaio nella tazza…

2) Orphan

Film horror
Orphan (640×360)

C’è stato un periodo in cui Orphan sembrava essere il film horror preferito di moltissime persone, quando per anni è rimasto sconosciuto ai più (inspiegabilmente, dato che si tratta di un prodotto di ottimo livello). Uscito nel 2009 e interpretato da Vera Farmiga (quando ancora non aveva recitato in tutti gli horror sulla piazza) e con una giovanissima Isabelle Furhman come protagonista, Orphan racconta la storia di Esther, una bambina orfana russa apparentemente adorabile che viene adottata da una coppia che tenta di andare avanti dopo la morte di uno dei loro figli. Esther, in breve tempo, si rivela molto diversa da quello che appariva e la famiglia si ritrova invischiata in una vicenda spaventosa, dove viene messa in pericolo la loro stessa vita. Ancora una volta, il film di Jaume Collet-Serra non fa tanto paura, ma provoca un’angoscia altissima nello spettatore, che non riesce quasi a smettere di guardare il film. Almeno, per me ha funzionato esattamente così: un’ansia che cresceva pian piano sottopelle e che non mi ha abbandonato nemmeno al termine della visione. Del resto, cosa c’è di peggio di qualcosa che non è come appare?

3) Finché morte non ci separi (il film horror che di horror ha ben poco)

Finché morte non ci separi (640×360)

E’ impossibile categorizzare Finché morte non ci separi, film del 2019, in qualcosa di definitivo perché è troppe cose tutte insieme. In parte film horror, in parte capolavoro del trash e in parte terribilmente esilarante, questa commedia nera mi è rimasta nel cuore; nonostante non mi abbia spaventato quasi per nulla. Finché morte non ci separi è, più di tutto, comicamente disturbante. La novella sposa Grace, appena entrata nella stramba famiglia Le Domas (che ha un oscuro passato nel mondo dei giochi da tavolo), accetta, durante la prima notte di nozze, di partecipare ad uno strano rituale: pescare una carta e giocare qualsiasi cosa vi sia scritta sopra. Con tutta la famiglia, chiaramente. Grace si ritrova ben presto a lottare per salvarsi la vita, costretta a giocare ad una mortale versione di nascondino dove la preda è, guarda caso, è proprio lei. Non solo il film è teatro di uno dei colpi di scena più destabilizzanti tra i film horror degli ultimi anni, ma è geniale nel prendere un sentimento comune come la paura e ribaltarlo completamente. Complice l’ambientazione suggestiva e la buona regia, Finché morte non ci separi è un ottimo film horror che di horror ha ben poco. E va benissimo così.

4) Shining

Shining (640×360)

Mettiamo le cose in chiaro: Shining è un capolavoro del genere horror, e non solo. Si tratta di uno di quei film che non si può non avere visto (o meglio si può, ma è una grossa perdita) e che ha influenzato enormemente la cultura cinematografica e non; dopotutto, stiamo parlando di Kubrick. La storia è famosissima, i retroscena anche, ma ciò che rende Shining meraviglioso è proprio la sua componente puramente horror quasi totalmente assente. Ad eccezione di qualche momento che fa davvero paura (basti pensare all’iconica scena dove Jack Nicholson sbuca attraverso il buco nella porta) il film può sembrare quasi fin troppo silenzioso, privo di momenti al cardiopalma. Ed è proprio per questo che risulta incredibilmente disturbante: ad una recitazione impressione e una regia da maestri si accompagnano alcune scelte narrative che risultano geniali per quanto riguarda la costruzione della tensione. Basti pensare alla famosissima scena del triciclo nel corridoio, o la scoperta da parte di Wendy delle frasi sui fogli della macchina da scrivere di Jack. Shining è un capolavoro di attesa e aspettativa, che nel finale non viene nemmeno soddisfatta del tutto. Vi ricordate la criptica foto in bianco e nero?

5) Midsommar

Midsommar (640×360)

Chiudiamo questo articolo con uno dei film degli ultimi anni che più ci ha fatto capire una cosa fondamentale del genere horror: a volte non serve il buio, o un fantasma, per spaventare. Midsommar, film horror del 2019 diretto da Ari Aster (la stessa mente geniale che si cela dietro Hereditary), è un geniale susseguirsi di follia e tormento. Ambientato quasi totalmente in un idilliaco villaggio svedese immerso nel verde, il film racconta la storia di Dani e i suoi amici: questi, incoraggiati da un’amico svedese, decidono di fare una vacanza proprio in quel paese per partecipare ad una sorta di festival che celebra il solstizio d’estate. Un cerimoniale discutibile, e che non impiega troppo tempo per far sorgere qualche dubbio ai malcapitati turisti (la scena dell’attestupa, per dirne una). Tutto in Midsommar ricorda una gioiosa fiaba nordica: la costante luce del sole che inonda ogni scena, l’apparente senso di accoglienza familiare, le gonne contadine e i fiori colorati che popolano diverse inquadrature. Eppure allo stesso tempo in Midsommar ogni cosa grida al lupo, ed è proprio così che il film si discosta e compie un enorme passo avanti rispetto alla maggior parte dei prodotti di genere: posiziona l’orrore in primo piano, ma nascosto. Perfettamente visibile, ma celato dietro una patina luminosa.

Perché va detto: la paura, quella vera, non la vedi. E quando la noti, spesso è troppo tardi: ci sei già dentro.

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