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7 film incompresi che per fortuna sono stati rivalutati col tempo

Nel 2020 la Fondazione Prada e MUBI curarono insieme una collaborazione intitolata Perfect Failures. Nel corso di tre mesi la piattaforma di streaming avrebbe reso disponibile una serie di film “particolari” disponibili a tutti gli utenti: prodotti di nicchia, pellicole avanti o indietro rispetto ai tempi, poco comprese e a volte anche poco accettate e apprezzate dalla critica e dal pubblico. Se ci pensate la sua capacità di avere una doppia faccia è una delle caratteristiche più strane del cinema. E’ meraviglioso e affascinante insieme come un qualcosa che è stato amato da molti risulti altrettanto odiato da altri. E vale lo stesso per la letteratura, la musica, qualsiasi altra forma d’arte: la bellezza sta negli occhi di chi guarda. Oggi ve ne portiamo qualcuno di questi gioielli poco capiti al tempo della loro uscita ma poi rivalutati fino a diventare in alcuni casi dei capolavori globalmente percepiti e riconosciuti, ben consapevoli che stiamo parlando di qualcosa di estremamente soggettivo. Da Drive a Shining, vediamo 7 film incompresi che sono stati rivalutati nel corso del tempo.

1) Shining

Drive
Shining (640×360)

Considerato uno dei capolavori di Kubrick e basato sull’omonimo romanzo di Stephen King, questo horror del 1980 ha in realtà alle spalle una storia molto più complessa. Sappiamo bene quanto sia difficile trasporre un’opera letteraria, dal pericolo di non riuscire a trasmettere il messaggio fondamentale dato dall’autore alla grossa responsabilità che ci si ritrova sulle spalle. Il problema maggiore si presenta quando è addirittura l’autore dell’opera di riferimento a disprezzarlo. Il re dell’horror ha più volte ammesso di considerare Shining uno tra i peggiori adattamenti cinematografici delle sue opere, definendo la pellicola “fredda e distaccata” e arrivando a criticare anche le performance degli attori, colpevoli di non essere riusciti a portare in scena la realtà dei personaggi che interpretavano. Eppure Shining è considerato un film storico, un cult, e rimane al secondo post secondo la rivista Time Out nella classifica dei migliori horror di tutti i tempi. Che Shining piaccia o meno, è innegabile come abbia dato un contribuito fondamentale al genere; persino King ha finito per ammetterlo, con il forte sospetto che il tarlo nel cervello gli sia rimasto.

2) Silence

Drive
Silence (640×360)

Martin Scorsese è un genio, lo sappiamo bene. Eppure spesso accade che i suoi film vengano percepiti come divisivi, controversi: da The Wolf of Wall Street, sicuramente non un film per tutti, a The Irishman, che nonostante le diverse candidature non ha ricevuto l’apprezzamento che ci si aspettava, Scorsese sforna un capolavoro di discussioni dietro l’altro. Silence, uscito nel 2016 con protagonisti Andrew Garfield, Adam Driver e Liam Neeson, si inserisce perfettamente in questa categoria. Narrando le persecuzioni subite dai cristiani in Giappone durante il periodo Tokugawa nel diciassettesimo secolo, il film illustra le vicende di un gruppo di gesuiti che decidono di recarsi in Giappone alla ricerca del loro confessore. Un viaggio in una terra ostile che cambierà per sempre le loro vite e la loro concezione del mondo. Silence non è un film per tutti: c’è chi lo considera lento, poco coinvolgente o addirittura un’occasione sprecata. La verità è che Silence va capito e va abbracciato nella sua stranezza e complessità, tenendo sempre in mente l’obiettivo finale della pellicola: affrontare lo spinoso problema teologico del non intervento di Dio di fronte al male. Nonostante sia considerato dalla critica specializzata uno dei migliori film dell’anno, e possa vantare dalla sua una straordinaria performance di Andrew Garfield, è incredibile quanto poco se ne parli. Pian piano sta riemergendo, per fortuna.

3) Animali Notturni

Animali Notturni (640×360)

Ritorniamo sul tema degli adattamenti cinematografici con un film, Animali Notturni, di cui abbiamo parlato varie volte: un dramma che nasconde un orrore da manuale, una pellicola particolare e poco apprezzata, un film che sembra voler dire qualcosa e finisce per raccontare tutt’altro. Basato sul romanzo di Austin Wright del 1993, Animali Notturni porta in sala una narrazione su più piani, dove diventa veramente difficile distinguere la realtà della fantasia: al di là delle ottime performance di Amy Adams e in particolare Jake Gyllenhal, il film è un ottimo esempio di che cosa significhi rappresentare un romanzo al cinema. La pellicola, infatti, restituisce perfettamente quel senso di oppressione e soffocamento che si prova leggendo il libro. Non solo, fa molto di più: come succede raramente, il film aggiunge invece che togliere e regala una storia nuova pur rimanendo molto fedele ad una vicenda già scritta. Definito da molti trash, un flop e poco coerente, con la sua comparsa sulle maggiori piattaforme di streaming si sta pian piano liberando dai pregiudizi che l’hanno accompagnato per anni. Animali Notturni, come il romanzo, lega e ossessiona. E non è cosa da poco.

4) Il racconto dei racconti

Il racconto dei racconti (640×360)

Il racconto dei racconti è uno di quei prodotti perfetti per dimostrare come, a volte, il riconoscimento non faccia il film. Vincitore di ben sette David di Donatello nel 2015 e diretto da Mattia Garrone al suo debutto in un film in lingua inglese, Il racconto dei racconti è un film italiano che del nostro paese ha tutto e niente: composto da tre diversi episodi tratti rispettivamente da tre racconti di Giambattista Basile, il film è a metà strada tra il fantasy, il dramma e un’onirica rappresentazione del tema delle fiabe. Con un cast d’eccezione oltre che internazionale (Vincent Cassel, Salma Hayek) il film di Garrone non ha avuto il riconoscimento che merita, nonostante ancora una volta sia stato apprezzato molto dalla critica specializzata per non dire di nicchia. Parliamo ancora una volta di un film che va compreso nelle sue particolarità: Il racconto dei racconti può essere visto come pretenzioso e difficile da avvicinare, ma è anche uno dei migliori tentativi nel cinema di raccontare l’Italia in un modo completamente diverso. Un film spaventoso, pesante e viscerale che va riconosciuto come unico.

5) Drive

Drive
Drive (640×360)

Per quanto riguarda Drive è davvero un mistero. Si tratta di uno di quei casi dove non ci spieghiamo come un film di tale livello possa passare in sordina così tranquillamente. Non è che Drive non si conosca, ma sicuramente non se ne parla abbastanza. Diretto da Nicolas Winding Refn con protagonista un Ryan Gosling fuori dai canoni, Drive racconta la storia di un uomo anonimo, di cui non conosciamo nemmeno il nome, un fantasma di qualcuno che potremmo tranquillamente essere noi. L’uomo, un pilota d’auto, lavora come meccanico e stunt-man cinematografico di giorno arrotondando come autista per alcuni rapinatori di banche di notte. Drive è uno dei film più particolari che ci siano in giro, a partire dalla sua costruzione narrativa: infiniti piani sequenza senza una parola, silenzi opprimenti che fanno male al cuore e tanta, tantissima introspezione psicologica. Ryan Gosling pronuncia quattro parole in croce per l’intera durata del film e riesce a regalarci forse la performance migliore della sua carriera. Drive, tra l’altro, è la casa di una delle scene più belle del cinema recente (il bacio in ascensore) e ancora una volta per molti anni è rimasto sconosciuto ai più. Da recuperare assolutamente: parliamo di un’esperienza fuori dal comune.

6) Call Me by Your Name

Call Me by Your Name (640×360)

Molti si ricorderanno le parole di Ellen nel 2017, ai tempi dell’uscita di Call Me by Your Name: quando si ritrovò ad intervistare Timothée Chalamet e Armie Hammer, la popolare conduttrice televisiva si dichiarò entusiasta nel vedere come un film apparentemente “di nicchia” e che si pensava sarebbe rimasto sconosciuto ai più stesse ottenuto un elevato riconoscimento. Ora sembra impossibile pensare che ci sia stato un tempo in cui il capolavoro di Luca Guadagnino non era osannato dai più, eppure ci siamo andati vicino. Il “problema” di pellicole come Call Me by Your Name, al di là del suo essere un prodotto italiana e quindi avente il rischio di essere snobbata dall’industria cinematografica oltreoceano, è proprio il suo essere “di nicchia”: girato in un piccolo paesino della provincia di Crema con due attori al tempo non famosissimi come protagonisti, Call Me by Your Name ha rischiato. E ce l’ha fatta, ma sarebbe potuta andare in modo molto diverso. Uno dei motivi per amare Timothée Chalamet l’abbiamo comunque trovato: era convinto di rimanere anonimo per il resto della sua carriera, e guardate dov’è finito.

7) Fedora

Fedora (640×344)

Concludiamo con un grande classico dalla storia strampalata, un film destinato a diventare un cult ma che, ai tempi della sua uscita, sembrava più destinato all’oblio eterno. Fedora, uscito nel 1978 e diretto da Billy Wilder (un nome che richiama una leggenda, uno dei registi e sceneggiatori più eclettici della storia del cinema e vincitore di ben sette Oscar tra gli anni sessanta e gli anni settanta), si annovera tra i migliori film del secolo per i super appassionati ma è rimasto per anni semi nascosto. Soprattutto a causa della sua difficoltosa nascita: diverse compagnie cinematografiche avevano dubbi riguardo la sua distribuzione, scettici riguardo al successo di una pellicola che ricordava forse troppo il soggetto di Viale del tramonto, grande classico apprezzatissimo. Il film uscì in un numero limitato di sale e senza quasi essere pubblicizzato, portando ad un fiasco totale. Negli ultimi anni Fedora sta guadagnando un apprezzamento tutto nuovo, dato dalla voglia di scoprire nuovamente quei film ai quali non è stata data una seconda possibilità.

E meno male, aggiungeremo. E’ ora che impariamo a dare un secondo sguardo a ciò che guardiamo: più spesso di quanto crediamo ne vale davvero la pena.

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