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Dr. House – Medical Division: il finale della Serie è un inno alla vita

Quando il 21 maggio del 2012 Dr. House ci lasciò definitivamente non potemmo non provare un senso di fortissimo smarrimento. Quella mordace, cinica, geniale guida ci aveva accompagnato per otto anni. Ora eravamo soli. Ora dovevamo intraprendere un cammino nuovo.

Dr. House – Medical Division non è stata una semplice Serie Tv.

Per molto tempo ha rappresentato un modello di vita, espressione di una parte di noi stessi. Per capire quanto questa affermazione sia vera dobbiamo analizzare preliminarmente la figura di House stesso. Gregory House è una figura archetipale, un modello eroico (anti-eroico?) che ha dominato il panorama seriale imponendosi con la sua forza iconica.Dr. House

Rappresenta l’uomo di ragione, il medico. Colui che basa tutto il suo essere sulla forza stringente della logica. Non è un mistero che l’ispirazione per il personaggio provenga dalla figura di Sherlock Holmes. D’altronde la Serie è intessuta di riferimenti al celebre investigatore: dal luogo di residenza di House (221b, Baker Street), dalla dipendenza alle droghe e dal nome stesso (assonanza di Holmes con Homes/House) fino alla presenza di Wilson, unico amico di House (come Watson di Sherlock Holmes).

House rappresenta insomma la certezza razionalizzante in un mondo incerto e costellato di buchi neri.

Sia House che Sherlock basano la propria forza sulla concatenazione causale cartesiana. Sull’idea di poter indagare razionalmente tutto lo scibile seguendo un percorso logico inappellabile. Dr. House – Medical Division traspone nell’attualità il celebre investigatore. Nel farlo calca la mano sul suo fare cinico, a tratti indisponente, infantile e sardonico. Nel suo incedere, in quella camminata a zig-zag dovuta alla presenza del bastone si concentra l’idea di un rivoluzionario. La figura di un personaggio che non sta alle regole, che non segue il cammino imposto ma ragiona seguendo una visione alternativa.

Ecco, in questa immagine ci siamo immedesimati e da essa siamo rimasti terribilmente affascinati. Ci siamo calati nei tormenti della sua psiche, nei tarli mentali che sempre l’hanno accompagnato, nella sua inesorabile e incerta ricerca di equilibrio. Il finale è stato il compimento di questo viaggio. O forse il suo fallimento. Quando per la prima volta ci siamo confrontati con questa conclusione siamo rimasti interdetti. Pietrificati come non avremmo mai pensato. Un vortice di emozioni si è sovrapposto alla sorpresa e allo smarrimento. Ma come va realmente interpretato questo finale?

In un carosello di commiati sulla scena appaiono alcune delle figure di maggior rilievo per House.

Tutto l’episodio, dall’eloquente titolo di “Tutti muoiono” gioca sull’interiorità di House stesso a cui si sovrappone la storia del suo ultimo caso clinico. I fantasmi che tormentano il medico fanno la loro continua comparsa in un ininterrotto succedersi. Ci troviamo così di fronte alla finale indagine sull’intimità del protagonista.

Dr. House è chiamato a confrontarsi con le sue infinite personalità, con i suoi sensi di colpa e le voci segrete che lo tormentano. Ecco, il finale, con quelle fiamme rappresenta il tormento dell’uomo. Rappresenta l’inferno, quello vero, quello con cui ognuno di noi, mettendosi a nudo con se stesso è chiamato a confrontarsi su questa terra. In poche scene emergono così sintetizzate tutte le istanze più intime del protagonista. C’è innanzitutto quella volontà di autodistruzione che sempre accompagna la natura umana. La “volontà di naufragio” dell’Uomo che si contrappone alla bestiale “volontà di potenza”. La pulsione di morte.

Kutner nel suo apparire diventa espressione di questo istinto, lui stesso morto suicida. Diventa emanazione e riflesso di una parte, innegabile, di House stesso. Dei suoi istinti suicidi. Con questo fantasma è chiamato a confrontarsi.

A Kutner si contrappone Amber, espressione di passionalità nascosta dietro il cinismo. L’immagine della donna si accompagna al senso di colpa e alla disperazione di House per la sua morte. Ma anche alla sua natura più positiva e profonda. In lei c’è l’immagine di chi crede alla conversione dell’uomo. Chi cambia per amore (di Wilson). Rappresenta insomma la speranza che ancora alberga in House. Sarà proprio lei, o meglio la proiezione del concetto di Amber, a convincere House ad abbandonare gli istinti di morte.Dr. House

Tutto in nome di quell’altruismo, di quella possibilità di risultare utile al prossimo che in fondo è sempre stata la spinta più sincera alla base delle sue azioni. Si viene così a sintetizzare un concetto già elaborato nella terza stagione quando House confessa: “Incrociammo un uomo, era un portiere. Il mio amico aveva una brutta infezione e i medici non sapevano come curare e così chiamarono quel portiere, che era un medico, ma era un burakumin, un fuori casta, un intoccabile […]. Ma davanti alla sua bravura il resto non aveva importanza, allora lo ascoltavano”.

Ecco lo sprone alla vita. Il senso dell’esistenza. Il significato che House dona. Aiutare il prossimo.

Vedere riconosciuto se stesso in quel soccorso. Nella meravigliosa immagine dell’uomo che si dona all’altro. Come Amber di fronte all’amore di Wilson abbandona la sua scorza più insensibile e nel consacrarsi a quel sentimento scopre una nuova sé, così House ritrova il suo Io più profondo nel senso del suo lavoro. In quella cura al paziente che è amore.

Il finale di House è un inno alla vita, un meraviglioso percorso di completamento personale, di riscoperta di se stessi. House si ricongiunge a Wilson, al suo amico. Decide di darsi a lui nei suoi ultimi mesi di vita. L’immagine bellissima con cui si conclude Dr. House – Medical Division è l’espressione di chi si mette “in moto”. Di chi decide di rispondere alla vita, di sottrarsi al suo immobilismo e agli istinti più distruttivi per vivere a pieno. Per gustare con il suo amico la vita. House si riconcilia con l’esistenza. Lo fa paradossalmente nel momento in cui Wilson decide di arrendersi. Almeno apparentemente. Già, perché in realtà lo stesso compagno di una vita decide di vivere pienamente i suoi ultimi mesi. Sceglie la vita da vivere subito.

Ma nell’analisi dell’episodio conclusivo non può mancare anche una rapida riflessione sul senso della trama.

C’è un dubbio che continua a tormentarci. E se House fosse morto nell’incendio? Il titolo sembrerebbe andare in questa direzione (“Tutti muoiono”) come pure alcuni indizi piuttosto importanti. Pare innanzitutto improbabile che Dr. House sia riuscito a fare un calco dentale. Ma non solo. Indizio importantissimo sembra essere la canzone Enjoy Yourself già presente in un precedente episodio. Siamo nella quinta stagione quando Amber intona questa melodia. Si tratta in realtà di un’allucinazione di House. Amber non è reale. C’è forse la volontà qui da parte degli autori di stabilire un qualche collegamento allusivo? Forse quello che stiamo vedendo non è reale?Dr. House

House inoltre confessa a Wilson di essere morto. Può ovviamente trattarsi di un’espressione in senso lato ma certo la frase è curiosa. Infine, appare altamente improbabile che House sia riuscito a scampare al crollo dell’ingresso del palazzo incendiato. Insomma, forse quello che abbiamo visto è tutto nella mente di House morente. Chissà. Quello che è certo è che Dr. House – Medical Division ci regala un finale carico di significati restituendo profondità a un racconto mai banale che trova piena espressione di sé nella vittoria di House e nel suo ricongiungersi alla vita.

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