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La moda delle docuserie è già passata?

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Evidentemente c’è qualcosa che ispira il mondo delle serie tv. A volte la semplice creatività, altre volte basta anche solo leggere la cronaca, guardarsi indietro e creare la novità servendosi di fatti già accaduti. Questa è la tendenza che nel passato più vicino ha dato terreno fertile alla proliferazione delle docuserie.

Quale miglior modo di raccontare la realtà e catturare l’attenzione del pubblico se non prendendo in prestito la cronaca nera?

Questi ultimi anni nello specifico sono stati dimora di prodotti autentici, qualitativamente originali ma soprattutto quantitativamente sostanziosi. Iniziando dalla nuova serie targata Amazon Prime Lorena, che abbiamo recensito in anteprima. La vicenda che ha coinvolto Lorena e… Bobbit è realmente diventata una docuserie, con i suoi risvolti positivi e negativi. Aumentando la conoscenza di ciò che è realmente accaduto e invitando alla riflessione in maniera più accurata e approfondita.

Ma non è stato sicuramente il primo tentativo di portare sul piccolo schermo qualcosa di realmente accaduto. Tra le tante docuserie degli ultimi anni non possiamo dimenticare assolutamente neanche Making a Murderer. Due stagioni e venti puntate per raccontare la storia di Steven Avery e della vittima Penny Beerntsen. Sembra pochissimo tempo, ma in realtà la serie è stata girata lungo dieci anni di riprese per poi essere finalmente trasmessa in televisione. Nonostante il certosino lavoro svolto dalla troupe e dai produttori di Making a Murderer la vicenda risulta ancora ambigua e alcune falle non sono ancora state completamente spiegate.

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Viste queste non troppo vantaggiose premesse è diventato alquanto strano pensare che in un così breve periodo possano essere state prodotte così tante docuserie, e soprattutto, così tante di genere crime (le migliori le trovate qui).

Eppure è successo e tutte più o meno nello stesso periodo. Possiamo pensare anche a The Confession Tapes, una docuserie di genere true crime prodotta nel 2017 che ha raccontato e descritto come alcune testimonianze potrebbero essere oggi ritenute false perché ottenute con metodi coercitivi e illegali.

La docuserie segue gli eventi in maniera controfattuale, andando ad analizzare quelli che potrebbero essere i diversi scenari rispetto alle dinamiche degli omicidi presentati. Attraverso le testimonianze di esperti del settore la serie si rende non solo originale e d’intrattenimento, ma offre anche degli ottimi spunti per indagini in questo campo.

Prima di dare spazio ad altri settori però bisogna menzionare anche un’altra docuserie crime che uscirà a Gennaio del 2020. Ted Bundy: Falling For A Killer è infatti l’ultima novità di Amazon Prime Video che in cinque parti racconta la storia del serial killer dalla prospettiva della sua ragazza Elizabeth Kendall.

Passato il boom che ha visto protagonista il crime come genere più gettonato per le docuserie, si sono cominciate a distinguere anche altre di genere diverso. Una di queste è sicuramente Abstract: The Art of Design. La prima stagione viene rilasciata nel 2017 e quello che da subito si nota è l’originalità del tema e come questo viene trattato nelle varie puntate. Si dà un focus diverso in ogni episodio, dall’architettura di Ingels alle illustrazioni di Niemann. I produttori di questa serie hanno una capacità straordinaria di mettere insieme l’aspetto grafico con quello di una vera e propria serie tv.

Negli ultimi anni la produzione di docuserie è aumentata a dismisura e gli esperimenti più audaci si sono visti anche in questo campo. Come è accaduto per Wild Wild Country. Un documentario a puntate che descrive e condivide uno dei personaggi più idolatrati e osannati dell’ultimo decennio. Netflix ha infatti deciso di dedicare a Osho una docuserie tutta per lui, mostrandone i lati umani e quelli che per i suoi fan potrebbero essere considerati santifici. La comunità creata dalla fede in questo santone ha portato a un fenomeno di massa mai visto prima, una comunità che si è spostata dall’India all’Oregon creando scompiglio e ammirazione.

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Nel 2019 si è visto un notevole decremento della quantità di docuserie prodotte, forse anche a causa delle tante degli anni passati che ne hanno oscurato le potenzialità di molte altre.

Ma l’anno che sta per passare è stato anche l’anno di The Last Czars, la docuserie sui Romanov, l’ultima famiglia reale di Russia. Divisa in documentario e drama, la storia inizia con l’ascesa al trono di Nicholas II e lo scoppio della rivoluzione russa.

Probabilmente la moltitudine di docuserie prodotte non ha permesso un’espansione duratura del genere, dal 2017 la produzione è diminuita, ma non del tutto. Molte di quelle rilasciate hanno anche permesso a vari autori di prendere spunto e di creare serie tv originali e al limite con il genere delle docuserie, come è successo per esempio con Chernobyl.

Costruita così bene da sembrare reale, un drama che potrebbe effettivamente essere scambiato per docuserie. La speranza che abbiamo dopo aver visto così tanti prodotti, e così tanto crime, è quella di poter vedere più originalità e più spazio per qualcosa che ancora non è stato visto.

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