Quando avete cominciato Dexter vi sareste mai aspettati che dopo poche puntate avreste iniziato a immedesimarvi in un serial killer?
Dexter Morgan (figlio adottivo del valoroso poliziotto Harry Morgan) è un apprezzato perito ematologo della polizia scientifica di Miami, fratello e collega di Debra e compagno della dolce Rita. Ha una bella casa, una barca, è gentile, affascinante, simpatico. Si potrebbe definire l’uomo ideale. Se non fosse per un piccolo particolare: di notte uccide.
Tonight is the night.
Se fosse stata una delle tante Serie Tv a cui siamo abituati, Dexter sarebbe stato l’antagonista, quello che ci avrebbe fatto immedesimare nel detective belloccio di turno incaricato di dargli la caccia. Invece, fin dalle prime puntate, ci fa sentire parte di lui: spiazzandoci.
Ci sentiamo vicini a Dexter già a partire da quella sigla così perfetta e inquietante che ci mostra la maschera che è costretto a indossare ogni mattina (qui trovate l’articolo dedicato all’opening).
Forse perché, in un certo senso, tutti noi ne indossiamo una. Ovviamente non siamo serial killer, ma la sensazione che prova Dex ogni mattina è davvero così diversa da quella che proviamo noi? In fondo si tratta comunque di nascondere una parte di noi, si tratta comunque di fingere.
Per citare Pirandello: “C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. e quando stai solo resti nessuno”.
“Nessuno” o “vuoto”, come si descrive Dexter attraverso la voce fuori campo.
Mi chiamo Dexter, Dexter Morgan, non so cosa mi ha fatto diventare ciò che sono, ma qualunque cosa sia stata mi ha lasciato un vuoto dentro. Le persone fingono molto, io fingo quasi tutto e fingo molto bene. È questo che mi pesa tanto, non biasimo i miei genitori adottivi, Harry e Doris Morgan hanno fatto un lavoro eccezionale crescendomi, ma ora sono morti tutti e due. Non li ho uccisi io eh, davvero!”
Ed ecco che entriamo in empatia con questo personaggio; lontanissimo dal prototipo di protagonista in cui ci immedesimiamo solitamente. Non è un uomo che compie gesti malvagi per un motivo morale, ma è un individuo che commette omicidi per necessità fisica, per un suo piacere personale. Questo ci è chiaro fin dall’inizio. E la morale, o meglio, “il codice di Harry” che gli impone di assassinare esclusivamente stupratori e suoi “colleghi assassini” è solo un espediente che ha aiutato suo padre ad accettare l’istinto indomabile del figlio dandogli una parvenza di giustizia. Ma soprattutto ha l’utilità di non far ricadere su di lui eventuali sospetti (leggete l’articolo su come sarebbe stato Dexter se il padre fosse ancora vivo).
“Sangue, certe volte mi rende nervoso, altre volte mi aiuta a controllare il caos. Harry, il mio padre adottivo, mi ha dato delle regole, sarebbe soddisfatto e lo sono anch’io. Harry era un grande poliziotto qui a Miami, mi ha insegnato a pensare come uno di loro, mi ha insegnato come coprire le mie tracce. Io sono un mostro molto pulito.”
Quindi, nonostante di fatto sia un giustiziere, noi sappiamo che non possiamo usare questa scusa per rispondere alle domande: perché Dex ci piace così tanto? E perché vogliamo cercare di capire il suo comportamento?
In un certo senso, durante la prima stagione, Dexter è stato un nostro paziente. Vi siete immaginati nel vostro studio, con la vostra laurea in psicologia di Serie Tv appesa al muro, e lui sdraiato sul lettino? Io sì. Non l’ho “guarito”, ma l’ho capito.
Nonostante lui si presenti come un mostro incapace di provare sentimenti, noi sentiamo la necessità di trovare in lui qualcosa di umano che possa far sentire più umani anche noi che ci stiamo affezionando a un serial killer. Piano piano la sceneggiatura ci regala dei tasselli per farci avere le risposte che cerchiamo. Come quando si rifiuta di andare in intimità con Rita mostrandosi disinteressato al sesso, ma poi ammette che fare l’amore con lei lo spaventa perché ha paura che la sua compagna possa vederlo per quello che è: vuoto.
Un serial killer che ci fa quasi tenerezza per la sua paura di non essere accettato.
In Dexter c’è ancora quel bambino traumatizzato dalla morte della madre, con un passato che lo rende diverso da chiunque e che lo fa sentire solo. Ed ecco che entriamo in empatia con questo personaggio che man mano fa sentire anche noi un po’ meno alieni.
Tassello su tassello lo umanizziamo fino all’ultima puntata della prima stagione che ci spiazza mostrandoci per la prima volta un Dexter che soffre, che compie un omicidio che non avrebbe mai voluto compiere. Da questo momento lui non sarà più lo stesso. Vedendolo sconvolto dalla scelta di uccidere suo fratello, l’unica persona che lo accettava e con cui avrebbe potuto essere se stesso, capiamo che il vuoto di Dexter non è causato dall’impossibilità di provare emozioni ma è uno scudo, una sua scelta per proteggersi dal mondo esterno.
E dopo il finale di stagione anche noi siamo un po’ cambiati perché abbiamo trovato la risposta che volevamo.
Non era il macellaio di Bay Harbor quello in cui ci stavamo immedesimando fin dai primi episodi, ma era un uomo che desiderava trovare qualcuno con cui potersi togliere la maschera, qualcuno che sia in grado di andare oltre e che, nonostante tutto, resti con lui.
La mia tragedia è che ho ucciso l’unica persona da cui non dovevo nascondermi e sono il solo a piangere la sua morte. Eppure sento che tutti mi ringrazierebbero se sapessero che sono stato io a ucciderlo. Sono convinto intimamente che apprezzerebbero molto il mio lavoro. Così si sente un uomo che cammina in piena luce, il lato oscuro rivelato, le ombre accettate. Sì mi vedono, sono uno di loro, nel loro incubo peggiore.
La prima stagione si conclude con lui che immagina di camminare sorridente, accanto a Debra, sorella orgogliosa, tra striscioni in suo onore e cittadini di Miami che urlano “Evviva Dexter che protegge i nostri figli!” e noi spettatori siamo davvero tra quella folla. Perché siamo i primi ad aver conosciuto il suo “Oscuro Passeggero”, ad averlo accettato e apprezzato, nonostante tutto.