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5 Serie Tv finite da più di 10 anni per le quali avrebbe senso realizzare ora un sequel

Viviamo in un’epoca in cui vengono prodotti sequel, remake e revival di ogni sorta, da And Just Like That…, il sequel di Sex and the City che pare più uno spin-off, fino all’attesissima e sorprendente nuova stagione di Dexter: New Blood, il cui finale è peggio di quello di 8 anni fa. Tra le centinaia di serie tv prodotte, siamo certi però che ne esistano alcune per le quali un sequel sarebbe una mossa più che sensata. Quasi dovuta. Perciò siamo andati a ripescare quelle storie terminate da almeno un decennio ma diventate già dei cult, per le quali non solo avrebbe senso realizzare un sequel, ma per molte di loro (come la prima della lista), un ritorno rappresenterebbe l’occasione per dare il giusto epilogo alla vicenda. Nel caso di altre, come la pluripremiata Desperate Housewives, il sequel rappresenterebbe invece l’occasione per dimostrare ai più diffidenti che la serie tv creata da Marc Cherry è ben altro che una soap-opera patinata. Anzi, si tratta di un gioiello, fin troppo sottovalutato, che ha segnato un capitolo di storia della serialità. Iniziamo quindi dalla prima, un cult che non poteva assolutamente mancare in questa lista: Firefly una delle migliori serie sci-fi di sempre.

Firefly (2002–2003)

Firefly

Nel 2002 arrivava un space Western drama breve, ma intenso. Una serie tv ideata da Joss Whedon (Buffy l’ammazzavampiri) che con una sola stagione di 14 puntate ha stregato il pubblico, lasciandolo in lacrime con una cancellazione improvvisa. Nel 2005, con Serenity, hanno provato a riportarla al cinema. Il film è ambientato dopo gli eventi dell’episodio finale e vede coinvolto lo stesso cast. Tra tutti, Nathan Fillion nei panni di Malcolm “Mal” Reynolds, il capitano della nave spaziale Serenity, e la sua compagna d’armi Zoe Washburne (Gina Torres). La serie della Fox è una storia corale e narra le avventure dell’equipaggio, e dei passeggeri occasionali, in una galassia insidiosa. Ci troviamo nel futuro, a circa 500 anni dalla nostra epoca. Dopo la vittoria dell’Alleanza, che ha ottenuto il controllo totale del sistema stellare, il sergente Raynolds, il quale aveva combattuto dal lato opposto, insieme a Zoe Washburne si danno per lo più al contrabbando a bordo della Serenity, una nave da trasporto di classe Firefly. La serie ottenne un’accoglienza grandiosa, registrando una media di 5 milioni di spettatori a settimana. Nel 2003 si è aggiudicata un Primetime Emmy Award mentre su IMDb mantiene ancora un gradimento di 9/10.

La cancellazione dunque non ha nulla a che vedere con la sua accoglienza, ma nasce da alcune circostanze sfortunate. ScreenRant ha parlato spesso di “divergenze creative” sul set. Stando alle indiscrezioni, Whedon e i direttori della Fox non erano d’accordo su molte scelte narrative, tra cui la relazione tra Zoe e Wash (Alan Tudyk). Secondo la Fox, infatti, tra loro avrebbe dovuto esserci un rapporto burrascoso anziché calma e felicità. Ad ogni modo, Whedon ha optato per la soluzione più drastica, sacrificando la sua creatura per preservare la propria visione creativa. Tuttavia i fan non hanno mai smesso di sperare in un ritorno. E in un’epoca costellata da sequel, revival e reboot talvolta superflui, bisognerebbe trovare il modo per rimettere in moto Serenity. Innanzitutto i membri del cast sono ancora relativamente giovani e in attività. Tra loro ricordiamo anche il mercenario Jayne Cobb (Adam Baldwin) e Inara Serra (Morena Baccarin). Nonostante siano passati quasi vent’anni, invece di finire nel dimenticatoio, Firefly continua ad attirare a sé nuovi appassionati che chiedono a gran voce un sequel. Nathan Fillion ha organizzato diverse iniziative, ma finora nulla di fatto. L’ultima e più importante motivazione per dare seguito alla vicenda è senza dubbio la storia narrata. Un’avventura spaziale che è stata interrotta bruscamente sebbene avesse ancora tanto da dire. L’universo di Firefly è in continua espansione e, in potenza, la serie potrebbe andare avanti all’infinito senza annoiare.

My Name Is Earl (2005–2009)

My Name Is Earl

Dopo quattro stagioni amatissime – con una media di 10 milioni di spettatori per la prima e 6 per le precedenti – il 19 maggio 2009 la NBC ha annunciato la chiusura della serie con Jason Lee, Ethan Suplee e Jaime Pressly. Qualche tentativo di rianimazione c’è stato, ma il network è stato irremovibile. Con enorme rammarico del suo creatore, Greg Garcia (Raising Hope), che non ha potuto dare al suo show una degna sepoltura. E così My Name Is Earl si è chiusa lasciando in sospeso troppe questioni. La storia, come saprete, ruota intorno a una premessa semplice. Un’idea banale, ma sviluppata in modo davvero geniale che la rende una delle comedy più esilaranti di sempre. Uno sbandato che vive di furtarelli, Earl J. Hickey, vince 100mila dollari, comprando un gratta e vinci con dei soldi rubati. Un biglietto d’oro che perderà pochi minuti dopo a causa della sua incontrollabile euforia. Investito da un’auto, finisce in ospedale dove, casualmente, apprende il concetto di karma. In quel momento si rende conto che se la sua vita fa schifo, la colpa è solo sua. Così dopo aver stilato una lista, insieme a Earl e alla sua banda sconclusionata ci incamminiamo lungo un percorso di redenzione fatto di 259 malefatte.

My Name Is Earl è stata, e continua a essere, una commedia innovativa. Ha un ritmo comico serrato e un potenziale narrativo intenso e tragicomico, che forse non avrebbe dovuto protrarsi per più di due stagioni. Ma come dice il saggio: chi troppo vuole nulla stringe. Visto il successo sono andati avanti, stiracchiando un concept che forse avrebbe dovuto concludersi prima, assicurando un finale dignitoso e, scommettiamo, epico. Invece la comedy di Garcia, un finale non lo ha proprio avuto. Earl avrà finito la lista? Il vuoto e quel senso di incompletezza per una mancata conclusione, unita alla forte nostalgia, è il motivo per cui oggi, un sequel – di una sola stagione, non chiediamo altro – avrebbe più senso che mai. Un epilogo capace di sbrogliare tutti i fili che ha tessuto. Garcia ha provato a rimediare con il pilot di Raising Hope, inserendo un riferimento che lascerebbe intendere che Earl sia riuscito a completare la lista. Ma non basta, noi vogliamo vederlo e viverlo insieme a lui. Vogliamo dare finalmente un senso a quel “to be continued” lasciato là, a prendere polvere, che rende doloroso ogni rewatch.

Ugly Betty (2006–2010)

Ugly Betty

Ugly Betty è una commedia romantica, drammatica, divertente e stravagante di quattro stagioni che vede protagonista America Ferrera (Superstore, WeCrashed). Sviluppata da Silvio Horta e trasmessa inizialmente dalla ABC, la dramedy statunitense è tratta dalla telenovela colombiana Yo soy Betty, la fea di Fernando Gaitán. Si tratta di una serie tv sensibile, arrivata in anticipo con una storia in controtendenza. La protagonista è Betty Suarez, una ragazza del Queens, il cui stile farebbe impallidire Carrie Bradshaw e che inizia a lavorare proprio in una prestigiosa rivista di moda: MODE. A dimostrazione che essere in gamba conta di più, anche nell’ambito della moda. Mentre le prime due stagioni hanno ottenuto un’accoglienza positiva, le due successive hanno registrato un progressivo calo di ascolti. Finché il 27 gennaio 2010, la ABC ha annunciato la sua cancellazione. Contro le loro aspettative però, negli anni Ugly Betty ha iniziato a guadagnare un seguito sempre crescente, affermandosi come una dramedy di culto, citata e venerata. Tanto che si è discusso a lungo a proposito della possibile realizzazione di un revival o di un film. Ad oggi, come sappiamo, non si è fatto ancora nulla; a eccezione dello spin-off, Mode After Hours: una web serie incentrata su Marc e Amanda.

Alla luce dei tanti sequel, revival e reboot che vengono prodotti negli ultimi anni è lecito domandarsi perché non venga valutata l’idea di realizzarne uno per Ugly Betty. Una nuova vicenda degna delle stagioni iniziali, che possa riunire i sempre più numerosi appassionati. Al contrario di My Name Is Earl, la serie con America Ferrera ha avuto un vero finale, come nel caso di Desperate Housewives. Una conclusione toccate dove vengono risolte tutte le trame. Senza fare spoiler, la 04×20 ci lascia a Londra, dove si apre un nuovo capitolo sia per Betty, sia per il suo capo, Daniel Meade (Eric Mabius). La serie tv ha avuto una conclusione dignitosa e coerente; sebbene non manchino degli escamotage narrativi assurdi, come la chiusura dell’arco narrativo di Wilhelmina (Vanessa L. Williams). L’episodio conclusivo, intitolato appunto Hello Goodbye – tradotto in italiano con Ciao Arrivederci – dice addio alla “vecchia Betty” ma dà il benvenuto a quella nuova: una donna in carriera, in gamba e sicura di sé. Dall’altra parte dell’oceano, dunque, ci attenderebbero ancora tante nuove avventure. Cosa sarà successo a Betty? Daniel è riuscito a costruire qualcosa da zero? Staranno insieme? Betty Suarez ci ha accolto con il suo poncho e un bagaglio carico di insicurezze e ci ha lasciati da persona compiuta, capace di muoversi con disinvolta tra le strade di Londra. Non siete curiosi anche voi di rivederla ancora una volta, in un sequel all’altezza delle prime stagioni?

Deadwood (2004-2006)

Deadwood

Ambientata dopo la battaglia del Little Bighorn in una città illegale, Deadwood è una terra di nessuno rubata ai Sioux, un luogo irresistibile per chiunque voglia arricchirsi volando al di sotto dal radar della legge. Ideata da David Milch (NYPD – New York Police Department, Luck) si tratta di un cult che non ha ancora ricevuto l’attenzione che merita. Il western con Timothy Olyphant, Ian McShane e Molly Parker ha ridefinito il genere stesso, arricchendolo di nuove sfumature e reinterpretandolo in chiave contemporanea. Tra tutte, le prime due stagioni sfoggiano una maturità narrativa di grande spessore e dei personaggi carichi di fascino, complessità e mistero. Un sapiente miscuglio tra personaggi e vicende realmente esistiti e inventati. Peccato però che il finale, avvenuto con la terza e ultima stagione, ci abbia lasciato insoddisfatti e perplessi. Sia perché la storia aveva ancora troppo da raccontare, sia perché sono rimaste in sospeso diverse questioni. Nonostante le valutazioni molto positive, la quarta stagione, che avrebbe dovuto portare a compimento la trama, non ha mai visto la luce, a causa di ingenti problemi di produzione.

Nel 2006, HBO annuncia così la cancellazione di Deadwood, assicurando però a David Milch che la storia avrebbe proseguito in un paio di film televisivi, al posto di una quarta stagione. Neanche questo progetto, come sappiamo, andò in porto. In cambio, dopo una lunga e tormentata gestazione, nel 2019 il western è approdato al cinema con Deadwood – Il film, diretto da Daniel Minahan. La vicenda è ambientata nel 1889, cioè 11 anni dopo quelle della terza stagione. Possiamo ritenerci soddisfatti? Il lungometraggio è eccellente e funziona come un dramma a sé stante. Il cast è lo stesso e ritroviamo anche la medesima cura per i costumi e per l’ambientazione. Tuttavia, da series addicted impenitenti quali siamo, quella mancata quarta stagione ci pesa ancora sul groppone. La caratterizzazione dei personaggi e l’intreccio narrativo erano stati concepiti per protrarsi nel tempo. Siamo certi che un sequel, giusto un paio di stagioni in più, con la stessa magnificenza narrativa, darebbe alla serie tv una sepoltura dignitosa. Ci accontenteremmo anche di un cast rinnovato, purché qualcuno renda giustizia a un western che ha segnato una svolta importante nel panorama seriale.

Desperate Housewives (2004 – 2012)

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Desperate Housewives – I segreti di Wisteria Lane è una serie tv corale firmata ABC e ideata da Marc Cherry (Devious Maids). Sebbene si presenti al pubblico come una soap-opera per casalinghe disperate, una provocazione ingannevole, nasconde un animo dark, più amaro che dolce. Nonostante l’apparenza fuorviante, Desperate Housewives è una dramedy geniale e irriverente, con una intro indimenticabile, il cui tema musicale è composto niente meno che da Danny Elfman, un fedele alleato di Tim Burton. La vicenda si svolge nello scintillante quartiere residenziale di Wisteria Lane, improvvisamente scosso dal suicidio di Mary Alice Young. Il carattere thriller e irrequieto dunque viene fuori sin dalle premesse, una natura che condivide con le sue sorelle più note e apprezzate, Lost e Grey’s Anatomy (dura a morire).

All’epoca, Desperate Housewives diede vita a un fenomeno culturale senza precedenti, puntando il dito, senza peli sulla lingua, sul cosiddetto “american way of life”, cioè il mondo dei sobborghi luccicante e patinato fuori, ma pieno di insidie e contraddizioni dentro. Tuttavia Desperate Housewives pare essere scivolata in un oblio incomprensibile. Non certo per chi l’ha seguita e amata all’epoca in cui arrivò sui teleschermi. Un folto stuolo di series addicted, infatti, baratterebbe qualsiasi cosa pur di avere un sequel o un revival della dramedy con Teri Hatcher, Felicity Huffman, Marcia Cross e Eva Longoria. E a quanto pare questa ipotesi non è solo una nostra fantasia. Quest’anno, nel 2022, il mystery drama compie 10 anni e da tempo aleggia l’ipotesi di riesumare il suo cadavere. L’idea di staccare la spina è stata del papà stesso, Marc Cherry, il quale voleva (giustamente) concludere la storia senza annacquarla con troppi stiracchiamenti. Una decisione ammirevole, e comprensibile, presa per motivi creativi. Il finale della serie ha risolto ogni arco narrativo e ha rivelato perfino il futuro delle protagoniste. Eppure Wisteria Lane è ancora fitta di misteri, che potrebbe raccontare ancora usando gli stessi stratagemmi narrativi e quel succoso dark humour che l’ha resa una serie tv stuzzicante. Ad esempio, nel sequel i protagonisti potrebbero essere i figli e le figlie delle quattro casalinghe, che oggi sarebbero più mature e, scommettiamo, ancora più politicamente scorrette.

Con ottime probabilità queste 5 serie tv, come Desperate Housewives, non avranno mai un sequel eppure è sempre bello sognare. E voi, avete una serie tv che vorreste veder tornare in vita in un nuovo capitolo seriale?

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