Daredevil, la serie statunitense realizzata per Netflix e tratta dall’omonimo fumetto Marvel, è stata cancellata dalla piattaforma nonostante il dispiacere dei fan. Anche se si vocifera di una possibile quarta stagione sull’eroe cieco – come potete leggere qui – bisogna chiedersi se, con l’incessante produzione di serie televisive di qualità, sentiamo davvero la necessità di rivedere Matt Murdock e soci in azione.
Per molti di noi la risposta è sì.
Perché l’eroe interpretato da Charlie Cox, cha ha avuto il merito di ridare lustro e credibilità all’immagine dell’avvocato giustiziere dopo il risultato poco apprezzato prodotto dal film con Ben Affleck al cinema, non ci aveva lasciati per niente indifferenti.
Impresa non facile dal momento che questo tipo di eroe richiedeva delle capacità interpretative ed espressive non indifferenti.
A rendergli giustizia, oltre all’interpretazione spesso intima e misurata di Cox, ci ha pensato anche il copione ideato da Drew Goddard, che ha esplorato il passato e le dinamiche emotive dell’avvocato di Hell’s Kitchen, nella prima stagione della serie.
Il Matt Murdock che troviamo nella prima stagione di Daredevil è sì un giustiziere implacabile e vendicativo, ma anche un uomo con profonde sfaccettature interiori.
Un uomo che vuole rimanere isolato ma che allo stesso tempo non riesce a non legarsi a chi gli piace, che ha a cuore coloro che gli chiedono aiuto perché sa connettersi empaticamente traducendo i loro tormenti.
Sentire davvero cosa li muove, specie ciò che non sono in grado di razionalizzare per primi.
La sua intuitività, spesso delicata con chi è più ferito, gli permette di capire come risolvere un caso ma anche come “risolvere” chi si trova di fronte. Non è un caso che chi lo conosce da sempre, come il suo fedele amico Foggy, resti spiazzato dalla scoperta della sua seconda vita borderline, conoscendo bene il suo animo mite e riflessivo.
Seconda vita che, grazie alla sua caccia notturna, gli permette di trovare l’equilibrio necessario per tenere sotto controllo i demoni interiori.
La capacità di Matt di sentire davvero le persone che lo circondano gli consente anche di entrare in connessione con l’universo femminile, meglio di molti altri personaggi maschili. Forse proprio per l’assenza della vista, che spesso può ingannare la banale prospettiva dell’occhio umano, e che lo obbliga a un ascolto interiore più profondo e rivelatore.
Ascolto che trova, nel personaggio di Karen, la sua massima espressione. Pur non vedendola o conoscendola, fin dal loro primo incontro in cui gli viene presentata come una possibile assassina, riesce a intuirne la natura compassionevole.
Medesima capacità che finirà per adoperare persino con i suoi avversari. Con quel Frank Castle/ The Punisher che dovrebbe fermare ma che finirà per capire, a suon di colpi e intuizioni, che non è chi lui pensa che sia.
Così come con Elektra.
Grande amore e grande rivale che finirà per combattere fino alla morte, permettendo alla sua spiccata capacità di sentire le anime altrui, di confonderlo fino a trascinarlo nel suo lato più oscuro, quindi lontano da chi ama.
Perché è questo il problema di chi, come Matt, capta così intensamente le emozioni altrui. Finisce per farsi influenzare e in alcuni casi, come quando ci si mette di mezzo il cuore (vedi alla voce Elektra), finisce anche per farsi sovrastare al punto da confondere la sua natura con quella dell’altro.
Solo i veri amici potranno farlo diventare chi è davvero, ricordandogli il suo ruolo. Facendogli capire che la sua arma più grande è sempre stata il cuore, e non la forza.