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La vera storia che ha ispirato Curon

Curon, serie tv italiana originale Netflix, è stata rilasciata il 10 giugno ed era una delle novità più attese di questa estate strana. All’interno del cast troviamo nomi abbastanza noti: Valeria Bilello, Federico Russo (famoso per aver interpretato Mimmo ne I Cesaroni) e Luca Lionello. La serie presenta sicuramente un elemento di novità nel panorama italiano: è la prima produzione seriale horror. La storia narra le vicende di Anna Raina e della sua famiglia.

Diventata madre a soli 17 anni, Anna cresce i suoi due figli Daria e Mauro a Milano. In seguito alla separazione dall’ex marito violento, la ragazza cerca rifugio a Curon, il suo paese natale. Purtroppo scopre ben presto di non essere la benvenuta. Persino suo padre Thomas non vuole rivedere né sua figlia né i suoi nipoti. Daria e Mauro fanno fatica a integrarsi a scuola e capiscono che la famiglia Raina non è ben accetta a Curon. Una notte Anna scompare e i suoi figli vanno a cercarla nel bosco. I sospetti ricadono su Albert, ex fidanzato storico della donna. Ma la realtà è molto più complicata di così. Infatti, nel momento in cui iniziano le ricerche, vengono a galla segreti di famiglia e molti divari all’interno del paese.

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La trama di per sé presenta elementi sovrannaturali ma ad accompagnarla è la storia e le leggende di Curon. Il pubblico si è mostrato molto curioso ma nel momento in cui si guarda la serie è normale porsi alcune domande: Curon esiste davvero? Cosa si nasconde all’interno della cittadina?

Curon Venosta esiste davvero e i produttori hanno utilizzato la storia della cittadina per costruire la trama. Giovanni Galassi, uno degli scrittori della serie, ha spiegato che i temi erano tutti lì: a partire dal tradimento, il paese sommerso dall’acqua e quello in superficie. Il paesino si trova in Alto Adige, in provincia di Bolzano. Nel 1950 venne inondata la cittadina per costruire un bacino artificiale, unendo i laghi di Resia e Curon. Il fine era quello di sfruttare l’energia idroelettrica: non rimase nulla se non il campanile della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria. Questa decisione si rivelò un vero e proprio tradimento. Le autorità a quei tempi sottovalutarono le discordie che sarebbero nate tra la comunità tedesca e quella italiana. La distruzione di un’intera cittadina ha causato la perdita del lavoro di molte famiglie e un vero e proprio esodo.

Infatti il campanile è l’emblema dell’irresponsabile costruzione della diga.

Ad oggi è il simbolo della Val Venosta ed è una meta attrattiva per i turisti. Nella serie viene rappresentata questa divisione e l’astio nei confronti della famiglia Raina è da attribuire proprio alla decisione di costruire il bacino artificiale. La produzione si è ispirata alla divisione delle due comunità per collegarsi al tema della doppia anima, fulcro della serie. Per quanto concerne il campanile, lo spunto viene proprio da una leggenda del paese. Le campane sono state rimosse nel 1957, eppure si narra che in alcune notti d’inverno si possa sentire un rintocco inquietante provenire dal lago. Il suono è avvertimento di una disgrazia, spesso fatale. Un altro elemento sovrannaturale all’interno della serie, importante tanto quanto il tema della doppia anima.

Il campanile assume la funzione di catalizzatore e sembra quasi che sia uno dei protagonisti.

Di certo, Curon si mostra più efficace di Luna Nera, serie aspramente criticata dagli spettatori. Ci sono alcune novità e vengono presentati dei temi mai affrontati dalla produzione seriale italiana. Eppure ci sono alcune debolezze che non passano inosservate. I presupposti per la realizzazione di un sequel ci sono, ma per adesso Netflix non ha rilasciato dichiarazioni in merito.

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Sembrerebbe che il desiderio di vedere la seconda stagione di Curon sia abbastanza comune.

Alcuni ci sperano e vogliono vedere risolti certi punti lasciati in sospeso. I più scettici invece sperano che nella seconda stagione la serie possa risollevarsi e migliorare. A confermare la possibilità di un sequel sono state le attrici Valeria Bilello (Anna) e Anna Ferzetti (Klara), le quali hanno dichiarato che la produzione deve prima verificare il feedback del pubblico.

Nonostante i numerosi pareri discordanti, tutti concordano sulla necessità di vedere qualcosa di diverso in Italia.

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