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La lunga e gloriosa storia di Joker tra fumetti, cinema e serie tv

Dopo aver parlato approfonditamente di Lex Luthor, andiamo alla scoperta di un altro fondamentale villain nato tra le pagine della DC Comics e che col tempo, anche più della ricca nemesi di Superman, è diventato una vera e propria icona. Per chi è poco avvezzo alla storia editoriale del pagliaccio del crimine, sarà sorprendente scoprire che, a lungo, Joker è stato tutt’altro che un personaggio centrale nella narrativa DC e che per molto tempo i suoi tratti sono stati vaghi e indefiniti, lontani dall’estrema e decisa caratterizzazione che hanno oggi.

Faticosamente Joker è diventato il nemico numero uno di Batman. La sua delineazione è stata complessa ed è passata attraverso alcune opere particolari, come vedremo una su tutte a livello cartaceo, che hanno sigillato il mito del pagliaccio. Andiamo, dunque, a ripercorrere la storia di Joker, dalle origini incerte fino al grande successo della fine degli anni Ottanta, per arrivare alle sue versioni cinematografiche contemporanee che sono diventate a dir poco iconiche.

Joker nei fumetti: la mano di Alan Moore

La prima apparizione di Joker in un fumetto risale al 1940, nel primo numero della serie intitolata a Batman. Nei piani originari, questo personaggio era destinato a una singola apparizione e la sua morte era prevista alla fine di quello stesso numero, ma proprio in corso d’opera il villain fu graziato e questa decisione cambiò per sempre la storia della DC Comics. Nei suoi primi anni di vita, Joker è un personaggio saltuario nelle storie del pipistrello e anche un po’ decontestualizzato. Di tanto in tanto riappare seminando il caos a Gotham, con piani che non hanno mai un fine preciso se non la distruzione totale, e che puntualmente falliscono. Senza origini e senza apparentemente alcun fine, Joker rimane a lungo un personaggio secondario, chiuso nella sua follia da cui, apparentemente, non c’era alcun sviluppo narrativo.

La rappresentazione del pagliaccio inizia a cambiare un po’ negli anni Settanta, quando al Joker viene conferito un po’ più di spessore. Il leitmotiv di ogni suo piano rimane la follia fine a se stessa, ma questa inizia ad avere quei contorni concettuali più profondi che esploderanno, letteralmente, qualche anno dopo come lotta anti-sociale. A seguito di questa piccola svolta, il personaggio vive, a cavallo tra i due decenni, un momento di crisi, superato però da quel capolavoro che è Il ritorno del cavaliere oscuro di Frank Miller, in cui troviamo un Joker attempato e fuori dalle scene, che torna solo in seguito al ritorno di Batman, per un’ultima folle corsa insieme. Questo albo straordinario riaccende la luce su Joker, prima che, nel 1988, Alan Moore e Brian Bolland firmino quella che, ancora oggi, è l’opera definitiva su Joker.

Stiamo parlando di The Killing Joke, un albo che cambia per sempre la storia del pagliaccio. Finalmente viene dato un background al criminale, col racconto delle sue complesse origini e dello sviluppo della sua follia. Qui conosciamo Joker prima che fosse Joker, quando era solo un comico fallito che si faceva in quattro per sostenere la moglie incinta. Con un bel carico d’ingenuità, il protagonista del racconto si unisce a una banda di criminali, che si scopre essere quella del famoso Cappuccio Rosso, ma poco prima del colpo pianificato riceve la notizia della morte della moglie. Il futuro Joker vuole tirarsi fuori dall’impegno, ma ormai è troppo tardi, per cui prende parte alla rapina, ma nel fuggire finisce in uno scarico di scorie chimiche e così acquisisce il suo iconico aspetto con la pelle sbiancata e i capelli verdi. La sua psiche, già provata dopo la notizia della morte della moglie, collassa definitivamente e così nasce il Joker che conosciamo.

Da questo momento in poi la storia editoriale del pagliaccio cambia per sempre. Joker si definisce a livello estetico, con quei tratti caratteristici che ben conosciamo, e la storia delle sue origini viene sempre più approfondita, con la proposizione di diverse versioni dopo quella di Moore e Bolland. Gli anni Novanta vedono un grande interessamento nella figura di Joker, la quale rimane al centro di molte narrazioni anche nei Duemila, ma è al cinema che si consacra in maniera definitiva.

Joker
Lo straordinario Joker di Heath Ledger

Da Heath Ledger a Joaquin Phoenix: le rappresentazioni iconiche

La storia cinematografica di Joker ha ufficialmente inizio nel 1966, con Cesar Romero nei panni del pagliaccio nel film Batman, ma la sua figura è maggiormente legata al panorama seriale visto che quel lungometraggio è tratto dalla celebre serie tv con Adam West. Bypassando questa versione, dunque, il primo grande Joker cinematografico si colloca nel 1989, un anno dopo The Killing Joke, e ha il volto di Jack Nicholson. È facile intuire come questo biennio abbia avuto un’importanza incredibile per il personaggio, che ottiene prima la definitiva consacrazione editoriale e poi il successo globale al cinema. La versione definitiva, però, del pagliaccio sul grande schermo arriva qualche anno dopo, con il mitico Heath Ledger ne Il cavaliere oscuro.

È interessante notare come, nella storia di Joker, si rincorrano praticamente sempre le stesse storie: il personaggio di Nicholson deve molto a The Killing Joke, mentre quello di Ledger è inserito nel film ispirato al celebre Il ritorno del cavaliere oscuro di Miller in cui avevamo rivisto una delle prime versioni iconiche di Joker. In tal senso, si riconoscono facilmente gli snodi fondamentali per la costituzione e l’affermazione del personaggio. Heath Ledger, almeno fino all’arrivo di Joaquin Phoenix, è diventato il volto rappresentativo del personaggio, e in realtà lo è rimasto, perché nel Joker di Todd Phillips vediamo una versione molto meno supereroistica e più realistica del personaggio. È significativo della portata del protagonista dei fumetti DC il fatto che due versioni così diverse possano risultare egualmente convincenti.

Tra Heath Ledger e Joaquin Phoenix abbiamo anche Jared Leto, che ha incarnato il pagliaccio del crimine in Suicide Squad, offrendone una versione però molto meno convincente. L’iconicità che oggi ha il personaggio della DC Comics si riconduce a queste grandi rappresentazioni cinematografiche, che però come abbiamo visto sono state rese possibili da un solido background letterario alle spalle. Tra fumetti e cinema, Joker ha trovato una sua dimensione altissima, quella che però manca ancora nel mondo delle serie tv.

Joker Joaquin Phoenix
Joaquin Phoenix nei panni di Joker (635×423)

Joker nelle serie tv: un feeling che non ingrana

A fronte di una ricca tradizione letteraria e cinematografica, troviamo una scarsa rappresentazione seriale di Joker. C’è il sopracitato Cesar Romero, riuscitissimo nella serie di Batman, ma parliamo di un prodotto degli anni Sessanta, oggi sicuramente mitizzato e adorato, ma chiaramente lontano dal livello di definizione che conosciamo. Per tanto tempo, poi, non c’è stata alcuna versione del pagliaccio sul piccolo schermo, fino a quella in Gotham di Cameron Monaghan, che però è più che altro ispirata a Joker visto che c’è una profondissima reinterpretazione del personaggio. Al di là di queste due versioni, lontanissime e diversissime, non troviamo praticamente altro.

Viene da chiedersi le ragioni di questo difficile feeling tra Joker e le serie tv. Una spiegazione semplice potrebbe essere data dall’enorme aura del personaggio. Il principe degli scherzi è probabilmente il nemico numero uno di Batman, mentre le serie tv di stampo supereroistico molto spesso nascono col compito di dare luce all’immenso patrimonio secondario legato a un determinato personaggio. In tal senso, Joker è forse più un personaggio da film, da main event, per così dire, che da serie tv. Un altro motivo può essere rintracciato nelle ragioni che guidano Joker, difficili da sostenere per un arco narrativo lungo. La follia e il caos totale del pagliaccio sono, per forza di cose, estemporanei: o vengono fermati, o finiscono per distruggere tutto. Anche in questo senso, dunque, il criminale si presta più a una narrazione cinematografica che seriale.

Qualunque siano le ragioni, lo squilibrio tra cinema e serie tv è evidente nella rappresentazione di Joker. Tuttavia, ciò non ha inficiato sul successo di un personaggio che nel corso del tempo ha ricevuto diverse caratterizzazioni, ma ha anche mantenuto delle costanti. Estetiche, sicuramente, a parte il look da gangster di Jared Leto, ma soprattutto concettuali. La follia del villain rappresenta, in fin dei conti, una sorta di destabilizzazione societaria e questa chiave ha esaltato uno dei punti deboli nel primo Joker. La mancanza di un motivo materiale e pratico dietro i suoi piani è passato dall’essere un sintomo di mancanza di spessore a un vero e proprio inno contro la società. La follia fine a se stessa del pagliaccio è diventata l’esaltazione dell’irrazionalità e, di fatto, la condanna di ogni costrizione sociale, di ogni schema e di ogni assetto civile. La sua lunga e gloria storia ha consacrato Joker come un vero e proprio simbolo della degenerazione della follia vista come estremo rifiuto di ordine sociale. La potenza di alcune interpretazioni che abbiamo visto ha contribuito, poi, a rendere il pagliaccio del crimine una grande icona.