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Crediamo che El Camino possa averci anticipato il destino di Saul Goodman

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El Camino ci ha restituito l’ennesima pennellata di una di quelle incredibili personalità che costellano l’universo di Vince Gilligan. Jesse, Walter, Saul: tre volti, tre destini. Tre declinazioni dell’idea di umanità (e disumanità) di Vince Gilligan.

C’è qualcosa dietro a ognuno di loro.

La sapiente mano del demiurgo, il tocco creatore, l’alito di vita che Gilligan imprime loro. Se amiamo così tanto questi personaggi, se ci meravigliamo ogni dannata volta per la loro complessità e sfaccettatura morale, il merito è tutto suo. È di un regista, geniale padreterno, che ha nascosto in ogni particella del suo mondo una forza misteriosa.

Recensione El Camino

Questa forza è un filo rosso, un’incredibile maglia che riconnette ogni protagonista in un grandioso piano generale. I loro destini sono scritti lì, tra quelle maglie. Sta a noi districarle e venirne a capo. E ora, dopo El Camino, davanti a noi si è spalancata la visione del destino di Saul Goodman.

Il finale di Better Call Saul è scritto lì.

È inciso nella pietra viva, negli opposti esiti a cui sono andati incontro Jesse e Walt. Inciso nella distanza che li ha separati e li ha resi definitivamente inconciliabili. Saul, Jesse e Walt. Nomen omen: nel nome è il fato di ognuno.

Dei tre atti della tragedia gilligana Breaking Bad ne rappresenta indubbiamente il primo. Assistiamo alla scomparsa di Walter White sotto i colpi di una personalità strabordante, di una natura feroce e dominante che tutto distrugge. Come un cancro inarrestabile Heisenberg si fa largo divorando il professor White. Il risultato finale è il disvelamento del “vero nome” di quell’essere, consacrato al mito nel “Say My Name“.

El Camino

Il destino di Heisenberg è il destino dei potenti, la caduta di Ozymandias, dimenticato nella polvere del deserto ma ancora imponente. La sua è un’esistenza estrema fatta di affermazione personale a danno e per mezzo di chiunque.

Quello di Jesse, in El Camino, secondo atto del dramma, è invece l’esito contrario di chi ha un altro nome.

Jesse non ha mai voluto le avventure di Walt, le lotte di potere, la brama del rispetto. Heisenberg lo ha fatto “Per me, perché mi piaceva“. Jesse seguendo il “Va dove ti porta l’Universo che, come ammonisce Jane nel finale di El Camino, è Una filosofia terribile. “Certe scelte è meglio farle da soli“. Già, scelte. Jesse ha vissuto la sua intera vita lasciandosi trasportare, sopravvivendo stancamente in balia delle onde.

Non ha mai realmente preso una decisione. Ogni scelta che (non) ha compiuto è stata una scelta manipolata o casuale. Uccidere Gale, continuare a produrre meth, schierarsi con Walt. Jesse non ha mai scelto realmente. El Camino e la salvezza finale di Pinkman è tutta qui: nella scelta che finalmente fa dopo che, come Spiriti del Natale Passato, i ricordi di Mike, Walt e Jane danno il là alla sua decisione.

Jesse ha sempre voluto questo. In lui c’è sempre stata la volontà di una vita tranquilla esemplificata splendidamente da quella piccola cassetta di legno che aveva amorevolmente realizzato a scuola. Il simbolo di una semplicità che gli è sempre stata preclusa dagli eventi e dalla sua incapacità di dare una sterzata alla vita. Quei sogni di routine familiare si sono infranti prima con i suoi genitori, poi con Walt, suo padre putativo, e infine con Jane e Andrea. Affetti e amore naufragati per sempre.

La differenza tra Jesse da un lato, Walt e Saul dall’altro è tutta qui.

Saul Goodman, l’istrionico protagonista di Better Call Saul, avrebbe avuto la possibilità di una vita tranquilla, di un lavoro ben retribuito, di una compagna da amare. Nel corso di Better Call Saul, il terzo e ultimo atto di questa tragedia dell’esistenza, il destino ha messo Jimmy di fronte a tutto questo.

Siamo nella 2×06: Jimmy ha un impiego come avvocato affermato (alla Devis & Main), una bella casa e una macchina di lusso. E Kim al suo fianco. Ma non è felice. Non è felice come non lo era Walter nel suo ruolo di iperqualificato insegnante di liceo. E così rifiuta. Rifiuta quella vita che Jesse avrebbe agguantato al volo. Jimmy non è Jimmy: nomen omen, ricordate? S’all good, man! Saul Goodman: variopinto, scapestrato, truffaldino avvocato di cause perse.

El Camino

Saul ed Heisenberg assecondano una natura che li porta a rinnegare quello che erano e ad abbracciare la loro vera essenza. Vivono, e vogliono vivere, un’esistenza di eccessi, di vittorie ottenute a modo loro. Heisenberg con la forza e l’intelligenza, Saul con la scaltrezza. Due sfumature diverse dello stesso desiderio di potere. “È meglio bruciare subito che spegnersi lentamente“, scriveva Kurt Cobain.

Jesse in El Camino chiama i suoi genitori e scrive una lettera a Brock.

La sua vita è una vita di affetti, persi, ma sentiti ancora vivi. L’addio a quel suo mondo è un addio emotivo, come tutto il film. Walt, al contrario, chiama Skyler senza pentimenti, senza nostalgia ma con la folle lucidità di chi ha capito che il suo unico amore è sempre stata la sua “baby blue“.

Anche Saul prima di fuggire, quando l’impero di Heisenberg crolla, impugna il telefono. Non c’è Kim al di là della cornetta, non esiste più Kim. C’è solo Ed, il tizio degli aspirapolvere. Jim non ha nessuno da lasciarsi alle spalle: nessun affetto, non più. Anche Francesca, la fedele segretaria, gli rifiuta l’abbraccio. Perché ora Jimmy è Saul, la maschera di un buffonesco avvocato. E le maschere non possono avere amore.

Walt muore, apice tragico di una vita vissuta in drammatica alta tensione. Saul, da trasformista, si rimodella come un camaleonte e non ha vergogna a nascondersi. Heisenberg, il grande Heisenberg, non può farlo. Il vigliacco Saul sì. Ma la sua è una vita in bianco e nero come osserviamo in Better Call Saul. Una vita insopportabile nel grigiore dell’anonimato. Per Jesse è la tranquilla quotidianità della montagna, della pace dal mondo, del ritiro dai traumi dell’esistenza, nel bianco ovattato dell’Alaska, dove il dolore non esiste più.

Per Saul è il grigio vissuto sotto falsa identità, da inetto e fallito.

Come Walt anche Saul non potrà vivere a lungo da uomo qualunque. Glielo leggiamo nell’insofferenza, nella vitalità ormai spenta nel bianco e nero, nel suo rifugiarsi nei ricordi del passato mentre prende in mano un VHS e guarda, nostalgico e depresso, le pubblicità “acchiappa-clienti” che aveva elaborato. Se non può vivere da Saul, allora ci morirà, da Saul.

Ora lo sappiamo con certezza: il suo destino è scritto nel nome. In quel nome che si è scelto e per il quale ha rinunciato a ogni affetto. Il destino di Saul Goodman è il destino di Heisenberg: l’addio al palcoscenico di chi si è consumato troppo in fretta per finire a spegnersi lentamente.

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