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Black Sails: un istmo sottile tra bene e male

Siamo il prodotto delle nostre scelte, creature forgiate dai dolori e dalle fatiche vissute ogni giorno della nostra vita, frutto del bene e del male che abbiamo accolto o subito. Una lezione che Black Sails, serie di Starz a sfondo piratesco a metà tra mito e realtà, tra storia e leggenda, conosce bene e ha voluto trasmettere ai suoi spettatori. Dopotutto, a insegnarci quanto potesse essere flebile la sottile linea o meglio, l’istmo, che separa il bene dal male, non poteva essere altro che una serie sui pirati, figure che da sempre nell’immaginario collettivo hanno presentato sfumature di fascinosa ambiguità. Anarchici con il sogno della libertà, ma anche spietati assassini, carismatici guerrieri leggendari, ma anche individui avidi e meschini, simbolo dei più alti ideali, ma capaci di violenze inimmaginabili.

La verità dietro a queste figure ammantate dietro alla leggenda non è infatti univoca e scritta nella pietra e, così, neppure in Black Sails, una delle migliori serie tv storiche di sempre.

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Silver e Flint (640×360)

Né demoni, né eroi: solo uomini dall’incrollabile determinazione disposti a tutto per ottenere quanto da loro desiderato. Non è facile infatti raccontare storie brutali, ricche di macchinazioni e di intrighi senza che l‘umanità dei tanti protagonisti della storia venga negata o elusa, senza che la classicheggiante divisione manichea tra bene e male tipica dei prodotti di narrativa e alla quale siamo stati abituati sin da bambini emerga. Eppure, se c’è una serie capace di rispondere affermativamente a questo gravoso compito, questa è proprio Black Sails.

Dipingono il mondo con le ombre e poi dicono ai loro figli di stare vicino alla luce. La loro luce. Le loro ragioni, i loro giudizi. Perché nell’oscurità ci sono i draghi. Ma non è vero. Possiamo provare che non vero. Nell’oscurità c’è scoperta, c’è possibilità, nell’oscurità c’è libertà: una volta che qualcuno la illumina.

James Flint

Ma come è riuscita la serie a trionfare laddove altre hanno fallito? Grazie a un raffinato lavoro di scrittura e di approfondimento dei personaggi, dipinti in ogni loro più nascosta sfaccettatura, tratteggiati a immagine e somiglianza di individui che sono arrivati al punto in cui si trovano solo dopo una serie di determinati eventi, di decisioni o di sventure, di ideali infranti e di persone perse per strada. Non importa che si tratti di personaggi presi e rimaneggiati da L’Isola del tesoro di Louis Stevenson, di figure storiche o di creazioni nate direttamente dalla penna degli autori della serie: ognuno dei protagonisti di Black Sails è, prima di essere un buono o un cattivo, un essere umano con sogni e ambizioni, paure e demoni interiori.

Black Sails (640×360)

Perché questa serie di Starz, come poche altre prima e dopo di lei, ci ha insegnato come ognuno può essere il cattivo della storia di qualcun altro. E, allora, risulta davvero difficile parlare di buoni e cattivi, di giusto e sbagliato, di malvagi ed eroi. Perché, in una storia del genere, cos’è la vera giustizia? L’ordine imposto con la forza o la ribellione armata? Chi sono gli eroi? Coloro che lottano per eliminare la pirateria dai mari a costo di calpestare la povera gente o coloro che lottano per una fantomatica libertà senza curarsi del costo delle vittime?

Come schierarsi definitivamente in una lotta in cui tutti vogliono tutto a scapito degli altri e in cui non esistono davvero gli eroi?

Carisma e vicinanza emotiva. Queste sono le caratteristiche tipiche dei protagonisti di Black Sails che ci hanno spinto a tifare per i vari personaggi nonostante in più di un’occasione essi si comportino in maniera del tutto barbara e violenta, calcolatrice e traditrice. Il motivo per cui continuiamo ad amare alla follia personaggi grigi e dalla moralità ambigua come il Capitano Flint e Charles Vane, come Jack Rackham ed Eleanor Guthrie. Perché, nel corso delle quattro stagioni dello show, lo spettatore è inequivocabilmente invitato e chiamato dalla sceneggiatura della serie a mettere da parte il proprio moralismo e perbenismo e al contempo a rimanere affascinato da uomini e donne che, in virtù della loro grande personalità, riescono a forgiare non solo le proprie vite, ma anche quelle di tutti coloro che scelgono di seguirli.

Persone straordinarie i cui obiettivi sono ben chiari: individui che hanno sofferto e continuano a soffrire, che hanno amato e continuano ad amare, esseri umani dalla viscerale passionalità che restano coerenti con se stessi ma che cambiano imparando dagli errori del passato. Perché in Black Sails i personaggi evolvono e maturano, capendo per cosa è giusto lottare e rischiare senza per questo diventare santi o martiri, personaggi positivi da esaltare, ma continuando a perseguire la strategia che più li avvicinerà a raggiugere i propri obiettivi, senza curarsi del prezzo da pagare.

Black Sails
Charles Vane (640×360)

Come rimanere impassibili di fronte alle violenze subite da Max e che la donna sceglie poi di far ripercuotere a chi le aveva fatto del male? Come stupirsi di fronte alla trasformazione dell’idealista Tenente James McGraw nel famigerato e terribile Capitano James Flint dopo le ingiustizie subite e l’amore perduto? Come non empatizzare con un personaggio profondo e stratificato come quello di John Silver, che da avido ladruncolo diviene il capo di una resistenza armata e l’incubo di tanti? Che dire poi del mito di Charles Vane, presentato come una bestia assassina e divenuto poi, con la sua morte, il simbolo della lotta alle istituzioni?

Ed ecco allora che in Black Sails il progressivo processo di avvicinamento empatico da parte degli spettatori nei confronti di personaggi così ben costruiti diviene quasi automatizzato e d’obbligo.

Così il pubblico smette di farsi effettive domande su cosa sia giusto e sbagliato, di incolpare i personaggi per i loro crimini più efferati, per le azioni più subdole e i tradimenti più dolorosi, arrivando a giustificare anche il più illecito degli atti compiuto da essi se questo avviene per tutelare la loro sopravvivenza o o per raggiungere la vittoria. Questo non significa che il pubblico eviterà di schierarsi dalla parte di una fazione piuttosto che di un’altra, in base alla propria sensibilità, al proprio gusto personale o a seconda di quanto risenta del magnetico fascino dell’uno o dell’altro personaggio, ma che non limiterà il proprio giudizio a una semplicistica dicotomia tra bene e male, tra bianco e nero.

Black Sails
Eleanor Guthrie (640×360)

Avvolgendosi in un manto dalle mille sfumature di grigio, queste figure non possono infatti che essere ammirate dallo spettatore per le loro indomite volontà e per come esse decidano di agire seguendo un loro preciso e personale codice morale. Perfino i personaggi più notoriamente odiati dal pubblico sul finale della storia come il Billy Bones di Tom Hopper o il Governatore Woodes Rogers di Luke Roberts meritano infatti di godere di un certo rispetto per come essi portano avanti le proprie convinzioni e obiettivi.

Un genere di ammirazione e di ossequio che, più in generale, il pubblico rivolge nei confronti di personaggi che pure nei momenti di debolezza e di incertezza non smettono di agire per proteggere i propri interessi e per realizzare la propria volontà, a prescindere che essa sia dettata da sentimenti apparentemente più nobili come l’amore e la ricerca di libertà o da altri tipicamente considerati più negativi come la vendetta e il profitto. Perché ciò che realmente rimane dei pirati più avidi e meschini, dei macchinatori più machiavellici e dei politici più spietati quando vengono spogliati di tutto è, alla fine dei conti, solo un’anima come un’altra. Un’anima sola, spaventata dell’oscurità dell’ignoto, incapace di lasciare andare i propri sogni e speranze e desiderosa di lasciare la propria traccia nella storia.