Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » Black Sails » James Flint – Il tormento silente di un uomo che gioca a dadi col presente

James Flint – Il tormento silente di un uomo che gioca a dadi col presente

ATTENZIONE: l’articolo non contiene spoiler su Black Sails, una serie che meriterebbe molta più attenzione, ma potrebbe dare indicazioni sul destino del capitano Flint!!

Io sono tormentato da un’ansia continua per le cose lontane. Mi piace navigare su mari proibiti e scendere su coste barbare. Herman Melville sembra averlo scritto apposta per James Flint. Che è un po’ un eroe romantico e una figura tragica, l’antitesi antropica dell’astenia, lo Sturm und Drang fatto uomo. O pirata. Fuorilegge, bandito, ostracizzato, esiliato dalla civiltà, il capitano Flint ha tracciato la sua rotta e, come ogni capitano che si rispetti, ci ha offerto una mappa. La carta geografica del suo itinerario non contiene però tracciati orizzontali. Non c’è nulla di lineare, semplice, abbordabile. Non ci sono strade uniformi, tragitti pianeggianti. È un percorso travagliato, intricato. Pieno di salite, curve strette, precipizi, intralci, barriere da scavallare. È una traccia più che una mappa. Un’impronta che il capitano Flint lascia impressa nel terriccio, per indicarci la strada. Il segno di un passaggio, l’abbozzo di un’utopia da inseguire, di un tesoro da dissotterrare. Chimerico o reale, poco importa: è la caccia che conta, non il gruzzolo finale. È il viaggio che ci rende liberi, non lo scintillio delle monete sul fondo di una cassa. E il viaggio del capitano Flint nella meravigliosa epopea di Black Sails è un cammino spettacolare.

James Flint è l’anima romantica di Black Sails, il sale che ne lambisce gli orli, che ne scava i margini frastagliati.

black sails

È tempesta e impeto, ragione e sentimento. Un uomo perennemente in burrasca, che afferra le vele nel bel mezzo del nubifragio e le conserva intatte per l’arrivo della bonaccia. È il solo navigatore che vorremmo sulla prua di una nave mentre il mare si arrabbia e ci percuote. Intrepido, scaltro, intelligente, sfrontato, un personaggio dal carisma straordinario. James Flint succhia la linfa vitale di Black Sails e gliela restituisce donandogli tutto se stesso. La serie Starz esercita un certo magnetismo sugli animi infiammati degli spettatori avidi di avventure, di scenografie vaste, di trattati dialogici e scorribande in quei luoghi misteriosi e inaccessibili in cui riposano indisturbate le idee grandi. Perché poi Black Sails racconta questo: un’idea grande maturata nella testa di un uomo inquieto. Un’idea talmente ardente, talmente scalpitante, da gettare nel tormento. Da togliere il sonno. Da rendere devoti frequentatori dell’utopia, stracci pregni di quell’intruglio di ideali, visioni e guazzabuglio spirituale che eleva l’anima, ma allo stesso tempo la danneggia. Il tormento di un uomo è uno sconvolgimento metereologico, il sovvertimento della pressione atmosferica. È una corsa senza ombrello nell’epicentro di una tempesta, l’inquietudine del cielo che ci galleggia sulla testa. E un uomo tormentato è quasi sempre anche un uomo solo.

James Flint, prima di diventare il capitano dell’equipaggio della Walrus, era un servo fedele dell’Inghilterra.

black sails

Un tenente coraggioso e leale, rispettoso delle gerarchie e delle tradizioni. Ma il regno di sua Maestà lo ha tradito ed estromesso dalla vita, trattandolo come merce avariata, uno scarto dell’umanità da esiliare ed estromettere dal rassicurante riverbero della civiltà che ci vuole tutti disciplinati, eleganti e dannatamente ordinari. Il tenente McGraw ha operato uno strappo, una lacerazione. E, come il Lucifer di Milton, ha vagato dal Paradiso perduto all’inferno del Nuovo Mondo con addosso il puzzo dell’insubordinazione, il marchio nero della ribellione. Una semplice azione si trasforma così in rivoluzione. Un tenente della corona diventa un pirata anarchico e recalcitrante. James McGraw si trasforma nel capitano Flint. Black Sails è una lunga trasposizione televisiva del Captain, My Captain di Walt Whitman, più che un prequel de L’isola del tesoro. È poesia più che letteratura in prosa. Un inno romantico, un poema in rime sciolte, una sublime figura retorica. Il capitano Flint ha sfidato il presente cercando di piegarlo sempre al suo volere. Ha giocato con il tempo, con la sorte, con il destino, per acciuffare i lembi di un’idea troppo smisurata per racchiuderla nel palmo di una sola mano.

Quello che rende grande un uomo non è la politica, tenente McGraw. Né tantomeno la prudenza o il decoro. I grandi uomini, dal primo all’ultimo, si distinguono per una precisa caratteristica: sono tutti alla continua ricerca di un mondo migliore. Una ricerca che non abbandonano mai, non potrebbero farlo. Ed è proprio questo a renderli invincibili.

Miranda Barlow

Cambiare il mondo, disegnarlo con un tratto meno brusco, immaginarlo come un posto libero che profumi di mare, di salsedine, del legno sudicio delle navi. Il capitano Flint ha sacrificato tutto per un’idea. Il suo viaggio ha dato a Black Sails le fattezze di un’opera straordinaria. Aveva bisogno del tormento, il capitano Flint. Per placare la sete di vendetta, per abbandonarsi al buio e muovercisi dentro a proprio agio. La sua è una lotta che affonda gli artigli nel presente, che lo sfida e lo solletica per trarne sempre nuova benzina, nuovo vento in poppa. Ma il suo sguardo è rivolto sempre verso un’orizzonte indefinito e irraggiungibile. Inafferrabile e, forse proprio per questo, così allettante. La pazienza con cui James Flint ha seguito la sua rotta ne fa un campione dello stoicismo. La devozione con cui ha perseguito la battaglia, lo eleva a eroe tragico per eccellenza. È il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich, l’uomo silente che diventa un mostro al servizio delle cronache della società civile. Un pirata che ha sfidato il presente e la sorte, che ha scombinato i piani del fato e della marina inglese. Un fuorilegge che è sfuggito a criminali, tagliagole, ufficiali di sua maestà, re e regine, ammiragli e cacciatori di taglie, governatori e pazzi criminali, ed è rimasto sempre lì, nel cuore della tempesta, col tormento sul petto e una mappa da lasciarci in consegna.

Ecco, varrebbe la pena guardare Black Sails anche solo per questo: per ricevere in eredità la mappa del tesoro del capitano Flint. Il suo tormento e la sua febbre romantica. Il suo slancio e la sua passione. Il suo fervore e la sua battaglia. La sua inquietudine e la sua sconfinata, incrollabile, ostinata e febbricitante fede. O capitano, mio capitano…