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Saul Goodman non c’è più. Saul Gone recita il titolo dell’ultimo episodio di Better Call Saul, e non potrebbe esserci una conclusione più adeguata (ma, in un certo senso, inaspettata) alla storia che ha fatto del dualismo tra James ‘Jimmy’ McGill e Saul Goodman l’assoluto protagonista e che ha permesso a noi spettatori di comprendere a fondo la psiche di un uomo così internamente dilaniato quanto esteriormente clownesco. Ma nessuna grande storia può funzionare davvero senza quel motore inesauribile che assume svariate forme e che alla fine, nonostante tutto, ha sempre la stessa funzione: quel motore è l’amore. E quell’amore, in Better Call Saul, vede come co-protagonista Kim Wexler, fino alla fine l’ago della bilancia delle decisioni tragiche di Jimmy.

La scena che rappresenta l’apice di questo assioma è inevitabilmente il cuore dell’episodio finale: il processo a Saul Goodman. Le premesse, tuttavia, sono ugualmente importanti. I due protagonisti, Saul e Kim, hanno compiuto infatti un percorso diametralmente opposto: mentre Kim ha deciso di vuotare finalmente il sacco raccontando la verità sia alla Procuratrice Distrettuale che alla vedova Hamlin in merito alle circostanze della morte di Howard, Saul ha deciso di essere Saul ancora una volta, riuscendo a ottenere un accordo con la Procura e la DEA che gli permetterebbe di ottenere una condanna a soli 7 anni di reclusione. Se Kim, dunque, ha scelto la via della redenzione, Saul vuole ancora dimostrare al mondo (e forse proprio a Kim e al di lei lato oscuro) di essere il migliore e di poterla sempre far franca, nonostante tutto.

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Eppure, proprio alla fine della tavola rotonda con la Procura e la DEA, qualcosa cambia: mentre Saul è tronfiamente convinto di avere ancora un asso nella manica, ossia rivelare la verità riguardo Howard non per redenzione, ma solo per un ulteriore sconto di pena, la controparte gli rivela che non ha più niente con cui tenerli in pugno: Kim Wexler, infatti, ha già detto e raccontato tutto in merito. Saul è sconvolto. Ed è qui che capisce qualcosa. È qui che la maschera inizia a sgretolarsi, è qui che Saul Goodman è per la prima volta spaesato. E se Saul Goodman è spaesato, viene meno tutto il senso del suo personaggio: per questo qualcun altro deve subentrare al suo posto.

Un’ultima bugia, quella di una presunta nuova testimonianza da rendere in Corte ad Albuquerque, finalizzata ad attirare Kim. Il piano è già iniziato.

Lo spettatore è ingannato. Per la prima volta, anche noi siamo vittime della sua ultima trovata, ma non nel senso in cui crediamo. In tutte le truffe del passato, infatti, sapevamo ne fosse in corso una senza però conoscere i dettagli e, soprattutto, gli esiti. In questo caso non abbiamo conoscenza di nulla. Anzi, Peter Gould si diverte a celebrare il personaggio di Saul con quella camminata trionfale verso l’aula di giustizia, presentando la scena come la sua ultima e definitiva vittoria. Col senno di poi si potrebbe dire che in fondo lo è stata.

Saul è chiamato a rendere la sua confessione, presumibilmente la stessa che ha già reso in sede di patteggiamento: lui è stato solo una povera vittima di Walter White, viveva sotto minaccia di morte e se avesse potuto si sarebbe liberato di quel peso molto prima. E invece no. Uno sguardo, lo sguardo per eccellenza di tutta Better Call Saul: Saul si volta e in fondo all’aula scorge Kim, che lo guarda severa, accigliata, di certo infelice. In questo momento, Saul is gone e a rendere la confessione è qualcun altro, una nostra vecchia conoscenza.

Better Call Saul

Il protagonista dice finalmente la verità: Walter White non sarebbe stato ciò che è stato senza il suo contributo. Il sacco è completamente vuotato, quel che resta di Saul Goodman è solo polvere e detriti di una maschera indossata troppo a lungo, e sotto tale maschera riemerge finalmente colui per il quale si erano perse quasi tutte le speranze: James M. McGill. La sua confessione sembra sì un atto liberatorio, ma non è ispirato a un’esigenza di giustizia processuale: quella che Jimmy cerca è una redenzione, e neanche una redenzione personale, ma agli occhi di Kim. È il suo ultimo e definitivo atto d’amore, è la presa di consapevolezza definitiva che preferisce vivere il resto della sua vita in carcere ma con il “perdono” di Kim piuttosto che farla franca ma odiato dall’unica donna che abbia mai amato. L’unica cosa che Jimmy ha fatto da quando Howard è morto e Kim l’ha lasciato è stato scappare, mettere sotto il tappeto tonnellate di polvere, servendosi della maschera Saul Goodman per alimentare il suo lato oscuro e fare finta di essere invincibile, come si vede in Breaking Bad e a sprazzi negli ultimi episodi di Better Call Saul. Ma adesso non c’è più niente da perdere e, anzi, per non perdere definitivamente l’unica cosa che l’ha mantenuto umano – l’amore di Kim – la soluzione non può essere che liberarsi di tutto:

What happened to Howard Hamlin, it was… It was… I can’t even. After that, Kim had the guts to start over. She left town, but… I’m the one who ran away. And my brother Chuck… Uh, Charles McGill. Y–you may have known him. He was an incredible lawyer. The most brilliant guy I ever met, but he was limited. I tried. I could’ve tried harder. I should’ve… […]. Instead, when I saw a chance to hurt him, I took it. I got his malpractice insurance cancelled. I took away the one thing he lived for: The law. After that, he killed himself. And I’ll live with that.

Queste sono le ultime parole della confessione. Ma c’è ancora un ultimo scambio decisivo, la prova ultima che Jimmy ha deciso di togliersi la maschera (anche se, in carcere, dovrà vivere col fatto che quella maschera ormai è lui, e che tutti lo chiameranno sempre Saul):

Bill: What was all that? That thing with your brother, that wasn’t even a crime.

Saul: Yeah, it was.

Judge Small: Mr. Goodman, sit down and stay seated.

Jimmy: The name’s McGill. I’m James McGill.

L’ultimo atto di Jimmy McGill è un atto d’amore: verso Kim, verso la memoria di suo fratello, verso la sua identità più profonda. La frase di Walter White, nel flashback della puntata, “So you were always like this” fa ancora più male alla luce di questa confessione. Del resto, cosa farebbe Jimmy McGill se potesse tornare indietro usando una macchina del tempo? Sappiamo la risposta di Saul, ma non di Jimmy: dopo questo finale, tuttavia, forse la possiamo immaginare.

Addio a uno degli universi più incredibili mai creati. Addio, Jimmy McGill.

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