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È successo: l’episodio 3×12 di And Just Like That è andato in onda e la serie ha ufficialmente chiuso i battenti. Niente più Carrie Bradshaw, niente più Miranda Hobbes e Charlotte Goldenblatt nata York. Niente più Seema e Lisa – anche se non credo che qualcuno ne sentirà davvero la mancanza – e niente più Anthony, uno dei pochi personaggi ad aver mantenuto intatta la sua personalità con lo scorrere del tempo, delle serie e delle stagioni. Addio alla New York patinata, alle cabine armadio strabordanti e di sicuro più utilizzate di qualsiasi altra stanza nelle ville incredibili che abbiamo visto in questi anni, e nelle quali abbiamo anche sognato di vivere. Addio a un universo che quattro anni fa eravamo curiosi di ritrovare, ma del quale – col senno di poi – non credo che vedremo più nuovi sviluppi.
Stavolta si è concluso tutto per davvero. E si è concluso con una semplicità che in questa serie non abbiamo praticamente mai visto, così come nella sua serie madre. Insomma, niente a che vedere con il finale di Sex and the City, nel quale – ricordiamolo – avevamo visto il fu Mr. Big arrivare fino a Parigi per riprendersi la sua amata dalle braccia di un russo tanto ricco e affascinante quanto freddo e distaccato. Niente di tutto ciò: And Just Like That conclude il suo cerchio senza colpi di scena, senza troppe smancerie. Con un bel messaggio, certo, ma niente che l’universo narrativo di cui fa parte non avesse già dato. Ma, soprattutto, senza emozione né emotività, e senza neanche una lacrimuccia.
And Just Like That 3×12: uno strano Ringraziamento

Come potevamo prevedere dopo l’episodio 3×11 (ecco a voi la recensione della scorsa settimana), i creatori di And Just Like That hanno scelto di concludere la serie nel giorno del Ringraziamento. Ah, giusto per dirlo prima di entrare nel vivo dell’articolo, se avete letto la mia ultima recensione sappiate che con il mio tentativo di indovinare l’esito di questa puntata sono andata davvero fuori strada, che più fuori non si può. Purtroppo o per fortuna? Questo ancora non ve lo so dire.
Dicevamo: tutto ruota attorno al Ringraziamento, anche se l’evento non va proprio come sperato. Anzi, è più che altro un imprevisto dietro l’altro. Sembra uno di quei sogni nei quali vogliamo fare qualcosa o andare da qualche parte ma tutto si frappone tra noi e il nostro obiettivo, e non riusciamo ad arrivarci mai. Il primo festeggiamento nella nuova casa di Miranda si trasforma in un enorme forfait. Ognuno ha il suo da fare, e tra Charlotte che preferisce passare il Ringraziamento in famiglia, Seema che si adegua alla volontà del proprio partner di non festeggiare e va a conoscere la sua famiglia e Anthony che invece preferisce sfruttare questo giorno importante come occasione per un chiarimento, la grande tavolata diventa un tavolo da sette.
A un certo punto anche Miranda sembra abbandonare la sua stessa barca per essere vicina a Joy in un momento di paura per la sua Saffo. Che dire, se a questa iniziativa di Ringraziamento collettivo non crede neanche lei, non vedo perché debbano crederci gli altri.
Pochi ma buoni, potremmo dire.
Ma non lo diciamo, perché sarebbe falso. Con Miranda, Brady e Carrie ci sono infatti Mark Casabian – il noiosissimo e ricchissimo capo di Charlotte – e Mia, la non-fidanzata di Brady nonché madre del suo bambino, insieme a due amici spuntati dal nulla più totale. Come già aveva fatto, And Just Like That perde ancora una volta l’occasione di rappresentare le persone al di sotto dei quarant’anni in maniera realistica, relegando Mia e i suoi amici a essere delle caricature dei giovani d’oggi. O meglio, a essere come i non più giovani d’oggi li immaginano. Non sorridono, non sanno come essere gentili, sono acidi e non si fanno problemi a improvvisare spettacoli di danza nel salotto di un’emerita sconosciuta. Non so a voi, ma a me sembrano essere usciti dalla testa e dalla penna di un boomer.

Insomma, il Ringraziamento va come va. In realtà però non è altro che un pretesto per portare And Just Like That dove deve andare, verso il suo finale. Un finale lineare, che fila liscio, senza dubbi e colpi di scena. Davvero tanto semplice, forse troppo: l’estrema semplificazione di una narrazione che avrebbe potuto essere parecchio più approfondita e viscerale, ma che si dimostra solo coerente con una serie che la profondità l’ha troppo spesso messa da parte.
“Caro ChatGPT, scrivimi la sceneggiatura dell’ultimo episodio di una serie in cui praticamente non succede niente”.
Ecco, il finale di And Just Like That sembra il frutto di un prompt di questo tipo. Nessuna delle premesse poste per i personaggi nelle puntate precedenti viene ribaltata o anche solo resa più complessa. Tutte le coppie – e dico proprio tutte – vivono il loro “…e vissero per sempre felici e contenti”. Le crisi rientrano, le ansie scompaiono, tornano persino le erezioni che si credevano perdute. Basta una chiacchiera per avere di nuovo le idee chiare, basta uno sguardo per sapere che la persona scelta è davvero quella giusta. E così, in men che non si dica, stanno tutti bene.
La verità però è che di ognuna delle coppie in questione si dice qualcosa, ma non si dice tutto. Charlotte ed Harry ritrovano la serenità messa alla prova dal cancro, ma cosa succede a Lily e Rock? Lisa sceglie il suo matrimonio e l’amore della sua vita, ma è davvero giusto – anche e soprattutto nei confronti di Herbert – che ciò che ha sentito per un’altra persona sia semplicemente accantonato e dimenticato? Seema è felice e innamorata, ma la voglia di matrimonio è davvero solo ciò a cui è stata socializzata o è un suo reale desiderio? Riuscirà Miranda a fare la nonna come vuole? Sembrano tutte domande alle quali And Just Like That sembra aver totalmente e volutamente dimenticato di rispondere. Anche in questo caso, con una semplicità disarmante.

E invece Carrie?
Non è chiaramente un caso il fatto che l’abbia lasciata per ultima, dato che quella sul destino di Carrie era praticamente l’unica domanda alla quale And Just Like That doveva obbligatoriamente dare una risposta. E almeno su questo potete stare tranquilli: la dà. Da questo punto di vista il finale di serie si sviluppa più che altro come una riflessione su un tema che aveva la sua rilevanza (e che era anche già stato trattato) all’epoca di Sex and the City, e che continua a essere piuttosto attuale: è davvero una tragedia per una donna essere sola?
Tanto And Just Like That quanto la sua serie madre sono state fondate sulle relazioni, sulla voglia che a volte è diventata anche un bisogno di avere qualcuno con cui condividere il tempo, che sia l’intera vita o anche solo una buona notte di sesso poco importa. Ma dopo la morte di Big, la rottura con Aidan e la meteora di Duncan, per Carrie arriva il momento di porsi una domanda importante.
Esiste una differenza tra essere single ed essere sola?
Spoiler: certo che esiste. E per Carrie e la sua Donna, la protagonista del suo romanzo, non avere un compagno con cui condividere i nuovi arredamenti della villa non significa certo sprecarli. Carrie torna a ballare da sola. O meglio comincia a farlo, imparando a godersi il fatto di non avere all’orizzonte qualcuno che potrebbe essere quello giusto. E con la consapevolezza che non necessariamente quello giusto esiste ed è da qualche parte ad aspettarla.

Carrie non riparte dalle sue amiche. Nessuna rumorosa tavolata del Ringraziamento, nessuno zoom out dal tavolino di un locale al quale è seduta insieme a Charlotte e Miranda. Carrie riparte da Carrie, dal karaoke che ormai ha accettato come parte integrante del suo salotto, dalla sua torta preferita e dai tacchi che non deve più togliere per camminare dentro casa. La Donna capì che non era sola, aveva se stessa. Niente aerei per arrivare fino a Londra da Duncan, niente dating con le persone sbagliate. Niente ricerca spasmodica dell’amore: la vita è altro, e non è mai troppo tardi per capirlo.
Visto come è andato il sequel di Sex and the City, credo che non vedremo mai quello di And Just Like That.
Mai sapremo se nel futuro di Carrie Bradshaw, colei che ha fondato la sua fortuna su una rubrica che parlava di sesso e relazioni, tornerà a esserci qualcuno. Quello che sappiamo è che attualmente non c’è, e che va bene così. E questo messaggio And Just Like That lo manda in modo molto chiaro, ma senza la forza e l’incisività che sono mancate un po’ in tutta la serie. Non mi sono emozionata nel vederla consapevole, non ho esultato nel vedere lei e le sue amiche felici della quotidianità raggiunta. Niente di niente. Sembra tutto nell’ordine naturale delle cose, la vita che fa il suo corso e poco più.
La verità è che, piaccia o meno come personaggio, tutti ci siamo appassionati alle vicende di Carrie Bradshaw trentenne. Pochi però sono riusciti ad appassionarsi a quelle da adolescente (non dimentichiamo The Carrie Diaries, per quanto non direttamente legata a Sex and the City) e ancora meno a quelle da cinquantenne. Carrie non è più quella di una volta, il suo universo narrativo non è più quello di una volta. E questo finale era quanto mai necessario per chiudere un cerchio che forse non avremmo mai dovuto aprire.
Cara Carrie, cara Miranda, cara Charlotte, io vi saluto.
Grazie per avermi tenuto compagnia per tanti venerdì. Ma sappiate che vi ricorderò come siete state più che come siete oggi: le rivoluzionarie degli anni Novanta. Le amiche schiette, dirette e sincere che tutti meriteremmo di avere. Saranno solo loro a mancarmi davvero. Ma con And Just Like That abbiamo imparato la lezione: in caso di nostalgia, più che fare un sequel è meglio fare un rewatch.






