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Come si mette fine a una serie che fa parte di un universo più ampio al quale gli spettatori sono parecchio affezionati? Ma soprattutto, come si mette fine a una serie che, a detta di molti, ha svalutato la trama e i personaggi della serie originale? Bella domanda, alla quale fino a ieri già faticavo a dare una risposta sensata. E oggi, dopo aver visto l’undicesimo e penultimo episodio di And Just Like That, fatico ancora di più.
Siamo in dirittura d’arrivo di una serie che per tre stagioni ha fatto tanto parlare di sé, ma troppo spesso per le motivazioni sbagliate. Cosa ci aspettavamo dal sequel di Sex and the City nel 2021, quando ne abbiamo visto la prima puntata? Un’operazione nostalgia, certo, motivo principale per dare vita a un sequel a così tanta distanza dalla serie madre e dai film che le hanno dato seguito. Ma non un’operazione nostalgia di questa portata. E infatti ad oggi, nel 2025, per parecchi spettatori l’universo narrativo di Carrie, Miranda e Charlotte – e anche di Samantha, ovviamente – si conclude nel 2010, con il film numero 2. In realtà però così non è. And Just Like That esiste e ha un suo valore, pur avendo deluso parecchie aspettative. E con Dimentica il ragazzo si prepara a mettere fine a se stessa.

L’episodio 3×11 di And Just Like That è uno di quelli che potremmo definire “di preparazione”.
Gli stessi autori della serie hanno parlato del finale come di un contenuto unico diviso in due parti. Ecco, i 28 minuti della prima ruotano tutti attorno all’organizzazione del pranzo del Ringraziamento. Il Ringraziamento è il giorno in cui ci si riunisce e si dice grazie. Grazie per il cibo messo in tavola, ma soprattutto per il fatto di poterlo condividere con le persone presenti, i parenti e gli amici più cari. Quello che And Just Like That ci consegna in vista del gran finale di venerdì prossimo è invece un gruppo sconnesso, dubbioso. Un gruppo di persone che si amano, certo, ma che in questo preciso momento non stanno riuscendo a trovare una quadra.
Miranda ha deciso di invitare Mia, la mamma del bambino di Brady, senza il consenso di lui e in compenso con una litigata di quelle intense. Charlotte è divisa tra la voglia di esserci per Miranda e quella di accontentare Harry, che poi così sicuro di uscire illeso dal cancro non era. Seema, ormai ufficialmente innamorata, rinuncia al tacchino per un bel tofu e la conoscenza della sorella di Adam. Che dire, dopo aver tirato giù dal balcone sua mamma in forma di pianta, la sorella sarà un gioco da ragazzi. Lisa ed Herbert non riescono a comunicare, e lui è al momento egoriferito come pochi. E perfino Anthony, felice promesso sposo di Giuseppe, si fa prendere dal panico e dai dubbi. Lui però lo capisco, visto come gli è andata l’ultima volta.
E in tutto ciò, Carrie?
Carrie sta cercando di riprendersi dalla rottura con Aidan e dal rientro di Duncan nella madrepatria britannica. È triste, malinconica, tira le somme di quel che è stato e di quel che potrebbe ancora essere. E se rimanesse da sola? E se per La Donna il lieto fine fosse sì la vita in una grande casa con giardino, ma tutta sola? Mi rifiuto di pensarlo, e sotto sotto si rifiuta anche Carrie, che dopo aver scritto per lei un finale tutt’altro che lieto, viene redarguita dalla sua editrice e comincia a scriverne uno nuovo. Un finale che vede in qualche modo presente un affascinante vedovo britannico. Cosa, questa, che non può non avvicinarmi all’ipotesi del finale di And Just Like That che avevo dato nella recensione dell’episodio precedente.

Ormai lo abbiamo capito: quando And Just Like That non sa come unire i puntini, parla di case. Carrie, in preda alla nostalgia, decide di tornare dove tutto è cominciato, nell’appartamento che l’ha vista crescere e soprattutto che l’ha vista felice. Felice da sola, con Big, con Aidan, con le sue amiche ancora al completo. Un appartamento che oggi è completamente diverso, con nuove pareti e nuovi arredi, e soprattutto con una nuova giovane donna pronta a essere altrettanto felice tra le sue quattro mura. Perché tutto cambia e nulla resta uguale, e per quanto guardare al passato possa essere rassicurante, non è mai la scelta definitiva. Bisogna andare avanti verso stimoli, persone e case tutte nuove.
La nostalgia non basta: questo è uno dei pochi insegnamenti che And Just Like That ci ha dato.
Una serie che non ha mai funzionato del tutto perché si è concretizzata in un’operazione nostalgia di dimensioni mastodontiche – criticata tra l’altro anche da chi ne ha fatto parte – ci ricorda proprio alla vigilia della sua conclusione che la nostalgia fine a se stessa non può funzionare. Fa ridere ma anche riflettere. Ah, se solo gli autori avessero maturato questa consapevolezza prima, magari non avremmo avuto due stagioni piene di Aidan. Ma ormai è andata così. E lungi dal farmi prendere dalla nostalgia di quello che è stato, della bellezza e dell’irriverenza di un Sex and the City che – ormai lo sappiamo – mai tornerà, mi preparo alla settimana prossima con devozione e anche con un po’ di emozione.
Carrie è riuscita a trovare il finale giusto per la sua Donna: riusciranno gli autori a fare lo stesso per lei? Comunque vada, And Just Like That è un viaggio che abbiamo vissuto. E no, non lo rinnegherò.







