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Una serie di Sfortunati Eventi ha portato sul piccolo schermo le vicende del Conte Olaf e dei giovani Baudelaire, senza però convincere del tutto.

E’ inutile mentirsi: quando Netflix ha rilasciato il primo trailer di Una serie di Sfortunati Eventi ci siamo gasati tutti quanti.

I libri omonimi di Lemony Snicket, pseudonimo di Daniel Handler, erano già stati esplorati dal mondo del cinema qualche anno fa con un film diretto da Brad Silberling e interpretato tra gli altri da un monumentale Jim Carrey.

Però non aveva lasciato un ricordo indelebile, anche perché incentrato solamente sui primi 3 volumi della serie (che ne conta una quindicina in totale se si contano anche Le lettere di Beatrice e L’autobiografia non autorizzata di Lemony Snicket).

La Serie Tv di Una serie di Sfortunati Eventi ci ha dato la possibilità di vedere rappresentate con più precisione e dignità le nefaste vicissitudini dei tre orfani Baudelaire, perennemente braccati dal Conte Olaf, per di più contando sull’apporto del lanciatissimo Neil Patrick Harris, ha portato in men che non si dica il livello di hype oltre la soglia di sicurezza…

Per quanto mi riguarda, anche troppo.

Ebbene si, IMHO l’opera ideata da Mark Hudis non ha rispettato le aspettative e, stringendo saldamente in mano l’arma della libertà di pensiero, ritengo inevitabile asserire che non mi è piaciuta.

Perché? Ci sono diverse ragioni e per scoprirle bisogna analizzarla un po’ più nel dettaglio, partendo dall’aspetto fondamentale: i suoi pregi!

Una serie di Sfortunati Eventi

Ovviamente molto si regge sulla magistrale interpretazione di Harris.

Il nativo di Albuquerque, divenuto famoso grazie a How I met your mother (qui troverete qualcosina di stuzzicante al riguardo), è a dir poco eccezionale nel vestire i panni del Conte: un personaggio spregevole e divertente, astuto e ingenuo, brillante e ignorante, cattivo e…basta, direi che sul fatto che sia cattivo non ci siano molti dubbi.

Interpretare Olaf era un’impresa difficilissima non solo per il suo carattere contraddittorio, ma perché essendo un (pessimo) attore bisognava essere bravi a rendere la sua incapacità anche dei suoi numerosi travestimenti e Neil lo è stato. Tanto.

Interessante in Una serie di Sfortunati Eventi anche l’uso del narratore, lo stesso Lemony Snicket/Patrick Warburton, che con la sua cadenza inesorabile e malinconica accompagna lo scorrere del tempo offrendo al pubblico la costante possibilità di sperare oppure l’obbligo di non farsi illusioni, a seconda delle situazioni.

In qualche modo questo omone triste risulta gradevole e il suo fare capolino di tanto in tanto all’interno della sua stessa storia è una trovata molto intrigante.

Grandissimo merito in fine agli aspetti più “tecnici”: la fotografia è a dir poco eccitante, così come i costumi e il trucco che nonostante il loro essere volutamente esagerati risultano perfettamente in linea con lo stile della serie.

Nota di merito anche per gli effetti speciali, che per quanto umili sono tutto sommato ben fatti.

Sfortunatamente, tutto ciò non è bastato a farmi piacere Una serie di Sfortunati Eventi.

Una serie di Sfortunati Eventi

L’intera struttura dei dialoghi è infestata di freddure e giochi di parole tutti giocati sul tema della grammatica, dell’incomprensione e dell’umorismo nero.

All’inizio questa cosa funge da novità, poi si appiattisce, subito dopo stufa e infine diventa a dir poco insopportabile, quasi al punto di vedere gli ultimi due episodi senza volume! Si poteva fare molto di meglio.

Gli orfani dovrebbero essere i protagonisti positivi, il pubblico dovrebbe fare il tifo per loro e struggersi nell’assistere alle innumerevoli sfighe che gli capitano… INVECE NO, che qui da noi è un modo con cui si vuole dire che qualcosa ha funzionato esattamente al contrario di come la si era pensata.

Perché?

Sicuramente molto ha a che fare con il discorso di cui sopra dell’eccessiva ripetitività delle loro battute, ma è indubbio che una grossa fetta di colpa risieda nell’interpretazione dei giovani attori.

Passino i vagiti della piccola Presley Smith (Sunny), ma Louis Hynes (Klaus) e Malina Weissman (Violet) sono semplicemente imperdonabili: in due non mettono insieme più di 5 espressioni facciali diverse.

Lui si muove con una legnosità degna di Pinocchio e lei (che fa la modella da quando ha 8 anni) sembra stia davanti alla telecamera per convincere qualche fotografo a farle un book piuttosto che per interpretare al meglio la parte della sorella maggiore.

A loro parziale giustificazione va detto che il doppiaggio non li ha decisamente aiutati, cosa che risulta piuttosto stupefacenti dato il celeberrimo livello della nostra scuola di doppiatori.

Tuttavia questo non basta a salvarli da un giudizio pesantemente negativo. Sono comunque giovani: si faranno. Si spera.

Deludono anche alcune guest star come Alfre Woodard (zia Josephine) e Joan Cusack (il giudice Strauss), che sicuramente pagano il prezzo di due ruoli spigolosi e difficili, ma da due professioniste del loro calibro ci si poteva aspettare performance migliori.

In generale, si può dire che la parola chiave per descrivere le sensazioni provate guardando la Serie Tv di Una serie di Sfortunati Eventi sia: ridondanza.

Una serie di Sfortunati Eventi

Troppe ripetizioni e sottolineature finiscono col rovinare le tantissime novità che Una serie di Sfortunati Eventi poteva portare nel panorama della serialità.

Sicuramente molto è dovuto alla fedeltà nei confronti dei libri i quali, aiutati forse dalla magia che la carta è ancora oggi in grado di infondere, riescono a esaltare al meglio i punti forti di questa storia, che invece nella versione televisiva si tramutano tragicamente in punti deboli.

Bisogna riconoscere che la risposta del pubblico e della critica è stata comunque ottima, cosa che ha portato Netflix (che ha recentemente dato una bellissima notizia a tutti noi) a rinnovare il format per una seconda stagione da addirittura 10 episodi.

Questo potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio per Hudis & Co.

Potrebbero avere si l’opportunità di inventarsi finalmente qualche trovata che unga gli ingranaggi narrativi e renda più innovativo il tutto, ma anche quella di riproporre per filo e per segno una meccanicità che per qualcuno sarà anche un sogno, ma per altri ha tutte le fattezze di un incubo!

Si era detto in sede di presentazione di questo pezzo che la serie poteva essere l’occasione giusta per esplorare taluni dettagli e dinamiche che il film non era stato in grado di esplorare appieno: il TERRIBILE dubbio è che si vada invece incontro a qualcosa di eccessivamente prolisso, cosa estremamente peggiore rispetto alla stringatezza.

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