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A Casa Tutti Bene: come Muccino ha dipinto la grande tragedia familiare

Dopo il grande successo della prima stagione, Gabriele Muccino è tornato col secondo capitolo della sua A casa tutti bene, serie realizzata da Sky e costruita facendo ricorso a una delle migliori armi a disposizione del cineasta romano: l’allestimento del grande dramma familiare. Questo è un meccanismo che si rincorre all’interno di tutta la produzione di Muccino, che ha deciso di puntare su un cavallo sicuro, per così dire, per la sua prima esperienza seriale.

Si tratta, d’altro canto, di un format che funziona alla grande in campo televisivo, dove chiaramente lo spazio a disposizione, rispetto a quello concesso da un film, è di gran lunga maggiore e permette al racconto di avere un respiro molto più ampio. Così, Gabriele Muccino si è mostrato estremamente a suo agio nel trasporre la sua tragedia familiare in campo seriale e ha costruito il suo dramma andando a scavare nella grande tradizione tragica.

Nel corso della prima e della seconda stagione di A casa tutti bene abbiamo assistito, infatti, alla concretizzazione della tela narrativa disegnata dal regista, la quale è stata costruita poggiando consistentemente su alcuni elementi classici della tragedia, che trasposti nel format seriale hanno trovato una linfa moderna davvero peculiare. Andiamo, qui, dunque a illustrare questi meccanismi si cui Muccino ha costruito la sua grande tragedia familiare, con un viaggio che arriva fino alle origini stesse della tragedia e sottolinea la genuinità del lavoro fatto sulla serie di Sky.

A casa tutti bene è un grande omaggio alla tragedia classica, i cui elementi riecheggiano nell’opera di Muccino

Sono tanti i motivi tragici che trovano spazio nella serie di Sky, ma ci sono tre componenti, tra loro molto legati, che, più di altre, evidenziano questo legame tra A casa tutti bene e la tragedia classica. Il primo riconduce a uno dei temi su cui gran parte della produzione greca, capostipite del genere, si è fondata: la predestinazione. Nella tragedia ellenica trovava ampio spazio la condanna a priori dell’eroe tragico, il quale spesso era costretto a dover scontare delle colpe ereditarie, dettate da uno stato di nascita, da peccati del passato o semplicemente dal capriccio degli Dei, che doveva semplicemente espiare, senza possibilità di sfuggire al suo destino.

L’eroe tragico nell’antica Grecia era, il più delle volte, dannato: si possono citare mille esempi di casi dal genere, a partire da una delle opere più celebri come l’Edipo Re, e questo tema si è poi tramandato nei secoli, rimanendo sempre al centro della tragedia. Questa sorta di dannazione viene recuperata in A casa tutti bene con un’accezione però ben precisa, che riporta soprattutto al retaggio familiare. I protagonisti della serie di Muccino sembrano tutti condannati, sin dall’inizio: non si vede quasi mai per loro un raggio di luce, ma le loro traiettorie paiono essere sin da subito destinate al fallimento. Questa condanna a priori, nell’opera di Muccino, si giustifica con i peccati dei genitori, i quali scatenano questa sorta di punizione sui figli, in un continuo ciclo di sofferenza e trauma.

Non c’è alcuna componente divina nella serie di Sky: a differenza della tragedia classica, questo elemento della predestinazione viene, per così dire, estremamente umanizzato, anzi per meglio dire “familiarizzato”. La condanna viene sempre dai genitori, i quali rovesciano le loro colpe sui figli perché li traumatizzano con i loro comportamenti. Da Alba che per nascondere l’omicidio di Verena mente a tutta la sua famiglia e soprattutto al figlio Paolo, fino a Carlo e Sara, che catapultano i figli nei loro problemi, togliendogli, di fatto, le figure genitoriali e gli equilibri necessari per la loro crescita. L’esempio di come questo ciclo di sofferenza si rinnovi continuamente è dato poi dallo stesso Paolo, che a sua volta trascina Giovanni nella faida con Olivia da cui l’unico che esce sconfitto è proprio suo figlio, il quale arriva a esprimere direttamente il suo disagio.

In A casa tutti bene, quindi, Gabriele Muccino riprende questo fondamentale tema tragico della predestinazione e lo cala nel contesto familiare, evidenziando come le colpe e i peccati dei genitori si riversino sui figli, i quali poi, assorbita questa condanna, la rinnovano dando vita a un ciclo tragico che, apparentemente, sembra non poter finire se non con la rottura dei legami familiari.

Sara, Carlo e Ginevra (640×340)

I peccati dei genitori innescano la ciclicità della storia

Strettamente collegato al primo elemento è il secondo che Muccino mutua dalla tragedia classica e utilizza per dipingere il suo dramma. In A casa tutti bene la storia torna sempre a condannare i protagonisti e il più delle volte lo fa a causa di quella colpa ereditaria di cui parlavamo prima. Qui, però, il senso è più sfumato, perché non si tratta solo di rinnovare quel ciclo di colpe e sofferenze innescato dai genitori, ma anche di ripeterne proprio le stesse azioni.

Il mondo greco credeva fermamente nella ciclicità della storia – tantissime tragedie si basano su questo schema – e A casa tutti bene sostanzialmente riprende questo meccanismo. Carlo e Riccardo, nell’omicidio di Abbattista, non fanno altro che ripetere ciò che hanno compiuto le loro madri con Verena: un assassinio non intenzionale, le cui tracce vengono coperte e la cui colpa, per forza di cose, è destinata a emergere. Questo particolare elemento della ciclicità della storia viene ripreso, poi, anche in molti altri momenti. L’omicidio di Abbattista è il più esemplificativo, ma i vari tradimenti, le bugie e gli inganni sono tanti altri gesti che esemplificano questo eterno ritorno della storia, che nel dramma mucciniano è tutt’altro che paradigmatica, ma appare più come un demone che ciclicamente torna a spolpare le sue vittime macchiate dalla colpa originaria.

A casa tutti bene è una grande tragedia degli errori

Collegato anch’esso ai precedenti due elementi è il terzo che Muccino mutua dalla tradizione classica, compiendo qui, però, un interessantissimo lavoro di rielaborazione. In molta letteratura del passato, specialmente nella produzione shakespeariana, troviamo la messinscena della cosiddetta commedia degli errori (che non a caso è anche il titolo di un’opera di William Shakespeare), ovvero un tipo di racconto dal tono farsesco, dove l’azione viene spinta da errori e malintesi grotteschi. Muccino riprende questo modello e lo cala nel suo dramma, compiendo un’operazione già vista in molte tragedie classiche, basti pensare ad esempio allo stesso Shakespeare e alla sua Romeo e Giulietta dove le incomprensioni consumano il dramma, ma mantenendo quel lato grottesco dell’errore che solitamente veniva rimosso nelle tragedie.

La commedia degli errori ha, come si evince dal nome, un tono comico, ma in A casa tutti bene Gabriele Muccino ne riprende alcuni elementi caratterizzanti e li volge in tono tragico, adattandoli al suo dramma. Gli errori sono ciò che, più di tutto, muove l’azione nella serie di Sky, e sono sbagli che paiono grotteschi, ma le cui conseguenze sono tutt’altro che comiche. Gli errori in A casa tutti bene originano da diversi motivi: dall’egoismo, dalla paura, magari anche dall’ingenuità, ma sono tutti legati alla volontà di ingannare e portano tutti verso un destino tragico. La commedia degli errori, in A casa tutti bene, diventa una tragedia degli errori, dove il peso di questi sbagli è decisamente amplificato.

L’omicidio di Abbattista è, anche qui, il massimo esempio del ricorso a questo tema: tutto va avanti in questa vicenda con l’errore, prima quello di Riccardo di trarre un debito con i fratelli, poi la denuncia frettolosa e infine l’occultamento dell’omicidio. Egoismo, ingenuità e paura: qui ci sono tutte le ragioni principali che scatenato gli errori in A casa tutti bene, tutti i meccanismi capaci di innescare una deriva che si sarebbe potuta evitare facendo la scelta giusta.

A casa tutti bene è una serie grandiosa anche per questi suoi legami con la tradizione classica. Muccino, nel suo lavoro con Sky, ha dipinto una tragedia familiare con pennellate vivide, ricorrendo a colori preziosi, capaci di esaltare la grande tradizione, al contempo innovandola e attualizzandola. Il lavoro del cineasta romano, in tal senso, è stato davvero eccezionale e la sua serie si connatura anche con un grandissimo omaggio a tutta l’immensa storia della tragedia.