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Perché Uncoupled non meritava affatto la cancellazione

Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler su Uncoupled

Darren Star e Jeffrey Richman sono i creatori di Uncoupled, Serie distribuita da Netflix nel 2022 e immediatamente chiusa nemmeno un anno dopo. Il motivo della cancellazione non è molto chiaro e sembra non avere un fondamento preciso. Uncoupled, infatti, ha riscosso il successo che si aspettava e ha soddisfatto le aspettative create al lancio della Serie. Inoltre, le maggiori piattaforme di ranking cinematografico e seriale hanno confermato questo successo, catalogandola spesso tra le Serie da non perdere (ad esempio Rotten Tomatoes ha quotato la Serie al 73%). Eppure Netflix è stata intransigente e ha dichiarato da subito, senza lasciare spazi ad eventuali speranze, che Uncoupled non avrebbe avuto una seconda stagione. Chi l’ha vista sa che, invece, la Serie avrebbe meritato un seguito e che senza dubbio necessitava di sviluppare alcuni archi narrativi altrimenti lasciati incompleti. Gli autori, infatti, dichiarano di aver pensato da subito alla realizzazione di almeno un paio di stagioni, e proprio per questo hanno lasciato alcune trame in sospeso. Le vicende di Uncoupled, legate alla difficoltà del protagonista Micheal di affronta re una rottura da una lunga relazione, girano intorno a vari temi come l’amore ma anche l’amicizia e il lavoro, la mondanità e i pregiudizi. Senz’altro Uncoupled non brillava per originalità ma va detto che, nel suo piccolo, affrontava determinati temi in maniera molto leggera e senza grandi drammatizzazioni, con uno stile narrativo piacevole e lineare. Insomma, se il motivo della cancellazione non è abbastanza chiaro, se si prescinde almeno dai dati utilizzati sistematicamente da Netflix, è invece molto chiaro che non lo avrebbe meritato.

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Innanzitutto, l’ultima puntata della prima stagione ci lascia con un grande punto interrogativo: Micheal tornerà con Colin, dopo che quest’ultimo si pente e torna da lui, oppure capirà che la cosa migliore per lui è imparare a vivere con sé stesso? Prima di sapere della cancellazione avremmo potuto fare varie congetture, cercando di capire quanto Micheal avesse imparato ad amarsi e a non dipendere da qualcun altro; dopo la notizia della cancellazione ovviamente la prospettiva è cambiata e l’annuncio ci ha portato ad arrenderci ad un finale aperto, soggetto a interpretazioni varie che non avranno mai una risposta. Eppure, in merito al finale, Uncoupled avrebbe potuto tirare fuori le proprie carte, avrebbe avuto l’opportunità di stupirci e di evolvere nelle sue trame e soprattutto nei suoi personaggi. Il tema dell’accettazione di sé è un tema importante, che Uncoupled affronta puntata per puntata in modo leggero e legato alla mondanità. New York diventa una giungla, in cui per sopravvivere bisogna imparare a cacciare e a sostentarsi da soli. Micheal affronta questo tipo di viaggio attraverso feste, mostre e concerti (degno erede di altre Serie di successo newyorkesi come Sex and The City) e affronta la sua nuova quotidianità con gli alti e bassi che tutto questo comporta. La sua dipendenza affettiva da Colin viene piano piano destrutturata e Michael comincia a capire come fare a vivere, prima ancora che a sopravvivere.

Un tema che sicuramente la rende una Serie degna di nota, e sicuramente non cancellabile, è quello della difficoltà di imparare a valorizzarsi anche in un mondo che non parla più la nostra lingua. Michael, infatti, si ritrova a quarant’anni a doversi reinventare e a dover reimparare l’abc dei rapporti sentimentali.

Il punto di forza di Uncoupled, infatti, è proprio il modo in cui affronta tutto questo: il linguaggio è leggero e diretto, non si cade mai in drammatizzazioni e complicazioni inutili e il tema dell’amore in età più avanzata viene completamente normalizzato e svuotato da ogni sovrastruttura forzata.

È risaputo che dopo una lunga storia d’amore (durata per Michael ben diciassette anni) è davvero complicato rimettersi sul mercato e soprattutto è molto complicato reinserirsi in un contesto di appuntamenti completamente diverso da quello che si conosceva. Inoltre, Michael ha quarant’anni e l’amore a quell’età ha un significato molto diverso che a trenta. Uncoupled ha saputo raccontare questa difficoltà in modo molto semplice, demolendo nel mentre molti pregiudizi che si hanno spesso sul tema e rendendo l’amore qualcosa di umano e di conseguenza imperfetto e pieno di controversie.

Insomma, Uncoupled aveva tutti i presupposti per continuare nel migliore dei modi l’evoluzione dei suoi archi narrativi, e non solo per quanto riguarda il protagonista.

Infatti i personaggi di Uncoupled sono completamente fedeli a se stessi per tutto l’arco della stagione e, allo stesso tempo, hanno un grande potenziale d’evoluzione personale. Suzanne, così come anche Stanley e Billy (amici di Michael), aveva bisogno di una seconda stagione ad ogni costo. La prima per lei finisce con la rivelazione del padre di suo figlio ma il punto più importante sarebbe stato quello della sua reazione a tutto questo. Suzanne è un personaggio molto ben caratterizzato che dimostra grande versatilità e coraggio nell’arco della prima stagione e di certo avremmo voluto vedere finalmente la sua (forse) più grande debolezza o almeno avremmo voluto vedere in che modo l’avrebbe affrontata. Così anche Stanley che scopre di avere un cancro e che, per molto tempo, non sa come dirlo ai suoi amici. E ancora Billy che, dopo una vita di rapporti occasionali e sfiducia nell’amore, mette in discussione le sue convinzioni e capisce che forse è arrivato il momento per lui di mettersi in gioco. Insomma, le trame da sviluppare sarebbero state molte ma soprattutto sarebbe stato davvero interessante capire l’evoluzione dei personaggi in merito ai cambiamenti previsti.

Sicuramente gli attori sono stati molto sottovalutati, forse legati anch’essi a preconcetti che non hanno permesso di apprezzarli come meritavano realmente. Neil Patrick Harris ha senza dubbio un grande fardello che si porta dietro: ogni volta che indossa un abito e sorseggia un bicchiere di scotch non possiamo fare a meno di figurarci Barney Stinson. Eppure, in Uncoupled, sembra davvero non avere più quel problema. Contro ogni aspettativa (insomma, siamo pur sempre a New York in un clima mondano e si parla pur sempre di amore) nelle vesti di Micheal riesce a distinguersi e a tirare fuori forse molto di più di sé stesso. Non per niente Neil Patrick Harris ha partecipato alla produzione della Serie. Ma anche Tisha Campbell-Martin (Suzanne) o Marcia Gay Harden (nei panni di Claire, forse miglior personaggio dell’intera Serie) fanno un lavoro straordinario su dei personaggi già scritti in maniera molto diretta e funzionale. La cosa più importante in merito è che ognuno di loro, nessuno escluso, veste perfettamente i panni del proprio personaggio e questo rende ogni singolo protagonista completo e congeniale all’intera storia. La bravura degli attori di Uncoupled è stata davvero presa sotto gamba e la scrittura stessa dei personaggi viene completamente oscurata da leggerezze come possono essere la poco originalità della trama o il tema scontato dell’amore.

Eppure, in Uncoupled l’amore non è scontato e, nonostante ciò che può sembrare ad una prima occhiata, riesce nel compito di sdrammatizzarlo e renderlo normale, anche brutto se serve. Affronta, ad esempio, molti preconcetti sull’amore omosessuale e li demolisce in modo molto leggero e soprattutto senza troppe sovrastrutture, rendendolo a tratti comico. Il bello di Uncoupled, anche in questo caso, è che non racconta solo dell’amore ma lo fa attraverso varie sfumature; e così Micheal e Colin sono una coppia di persone grandi che si lasciano e fanno difficoltà a rimettersi in gioco, Suzanne non sa come gestire l’amore per suo figlio, Claire odia il suo ex marito ma non sa come si fa a vivere senza di lui, Billy vede l’amore soprattutto come qualcosa di fisico e Stanley ama (e un po’ anche odia) la sua solitudine. Uncoupled è capace di scandagliare ogni angolo dell’amore e lo fa attraverso dei personaggi perfetti nel loro ruolo. Motivo per cui, tarpare le ali a questa Serie è stato davvero un brutto colpo da parte di Netflix. I presupposti per la seconda stagione c’erano tutti e, nonostante la poca unicità della trama di base, funzionava davvero molto bene anche per questo: ne era consapevole e non si prendeva troppo sul serio, cosa per niente scontata.