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Ma quindi chi sono (e perché) i colpevoli nella terza stagione di True Detective?

True Detective fa un notevole balzo in avanti col numero di carte scoperte nei secondi finali dell’ultima puntata andata in onda, Hunters In The Dark (qui trovate la nostra recensione). Il sito americano UPROXX, dopo l’usuale recensione settimanale, si è apprestato a fare il punto della situazione. Mettendo insieme i pezzi del puzzle ha evidenziato quelle che sono al momento le probabili piste che portano alla risoluzione del caso. Sembra chiaro ormai che il signor Hoyt, ricco imprenditore titolare dell’omonima azienda, sia coinvolto nel rapimento di Julie Purcell. Speculazioni più audaci sostengono perfino che egli ne sia il vero padre biologico.

In quest’ultima puntata di True Detective infatti vediamo Tom trovare la “stanza rosa” citata dall’amica di banda di ‘Mary July’, aka Julie Purcell. La ragazza infatti racconta ad Amelia Hays di come Julie dicesse di essere la “principessa segreta… della stanza rosa”.

True Detective

La presenza di un bunker dagli interni rosa nei sotterranei di Villa Hoyt ci fa immaginare non solo che l’uomo fosse responsabile del rapimento di Julie, ma anche che Lucy ne fosse consapevole e magari complice. Numerosi elementi supportano questa teoria. Ricordate la conversazione tra Amelia e Lucy a casa di quest’ultima? Lucy pone l’accento su certe “cose orribili” che avrebbe fatto. Dalle sue parole sembra trapelare chiaramente un forte senso di colpa. Nella conversazione, inoltre, Lucy dice “i bambini dovrebbero ridere”, frase scritta nel biglietto anonimo giunto a casa Purcell dopo il ritrovamento di Will. È plausibile che Lucy stessa abbia scritto quel biglietto per dare pace a Tom, conclusione cui sembra giungere lo stesso Hays nel 2015.

UPROXX sostiene come questa puntata di True Detective potrebbe voler suggerire che la morte di Will sia stato una sorta di “effetto collaterale”. Una complicazione inaspettata che ha causato in Lucy un senso di colpa insopportabile.

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Inoltre in questa puntata veniamo a sapere, grazie all’indizio delle impronte digitali sul telefono di Russellville, che è stata proprio Julie a lasciare quel messaggio alla polizia. Riascoltandolo alla luce dei nuovi indizi appare chiaramente come il frutto di un lavaggio del cervello. Un’opera consistente se praticata su una bambina rapita e chiusa in un bunker da colui che le si mostra come il suo salvatore. Non a caso la ragazza intervistata da Amelia nel convento dice che Julie sembrava “non sapere chi ella stessa fosse”. È possibile che le abbiano detto e ripetuto che Tom non fosse suo padre e che fosse per di più responsabile della morte di Will. Cosa di cui infatti Julie sembra essere convinta nella telefonata fatta alla polizia.

Tuttavia, si sa, True Detective è una serie che tende a non rendere le cose tanto semplici e di immediata comprensione.

UPROXX perlustra infatti alcune piste circa le ragioni dietro le azioni di Hoyt. È possibile che questi abbia rapito Julie in quanto suo padre biologico. Tuttavia sappiamo anche che Hoyt ha perso una nipote, evento che lo ha spinto ad aprire l’Ozark Children’s Outreach Center. Potrebbe essere quindi che tale dramma abbia spinto lui e/o sua moglie a prendere Julie per “rimpiazzarla”. Una teoria suggerita dalla similitudine tra la posa della figlia e della nipote di Hoyt, immortalate nel quadro che appare nella terza puntata, e una fotografia apparsa su Reddit che riprende una donna nella stessa posa nella caverna in cui Will è stato trovato morto, trafugata da un backstage footage della terza stagione di True Detective.

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Tuttavia le piste regalateci da questa puntata di True Detective non sembrano esser finite qui.

Già nelle scorse puntate veniamo a sapere di un certo agente James Harris, operativo sulla scena del crimine Woodard, morto nel periodo in cui le indagini furono riaperte nel 1990. In questa puntata troviamo l’ex poliziotto a libro paga di Hoyt come capo della sicurezza a quello che viene più volte definito uno stipendio, più che da capogiro, del tutto spropositato per la mansione svolta. UPROXX sostiene come sia sempre più plausibile che l’allora semplice agente della stradale fosse già complice di Hoyt e che pertanto sia stato lui a piazzare a casa di Woodard gli indizi che sembravano inchiodare l’uomo. È plausibile che sia stato lui a far sparire il set di impronte digitali dalle prove raccolte nel 1980. Ed è chiaro dalla scena finale che Harris sapesse del bunker rosa, visto che l’uomo alle spalle di Tom nella scena finale sembra essere proprio lui.

UPROXX sostiene che a questo punto della puntata clue di True Detective è possibile che le cose siano andate in due modi.

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Tom riesce a uccidere Harris e successivamente viene aiutato da Hays e West a nascondere il corpo. Oppure Harris uccide Tom per poi subire la stessa sorte per mano di Hays e West. In entrambi i casi potrebbe trattarsi della famosa cosa che i due “sanno di aver fatto” citata più e più volte nel 2015 da entrambi. Una parte di rilievo in tutto ciò viene giocata dal cugino di Lucy Dan O’Brien, che potrebbe aver avuto una relazione molto più intima di quanto creduto con la cugina e quindi esser stato a conoscenza dei suoi peggiori segreti. Non sembra esser coinvolto nella sparizione di Julie, tuttavia sembra sia stato grazie a lui che Tom ha trovato la stanza rosa. A questo punto Dan potrebbe poi esser stato ucciso da Hoyt o Harris per suo conto proprio perché a conoscenza di troppe cose.

Siamo ormai quasi alla fine di questo terzo capitolo di True Detective e dopo aver brancolato nel buio per cinque episodi Nic Pizzolatto sembra permetterci di iniziare a mettere insieme i primi pezzi.

Ma non illudiamoci, parliamo di True Detective, tutto potrebbe essere rovesciato sul finale. Nel frattempo non vediamo l’ora di sapere chi l’ha spuntata in quel bunker tra il povero Tom e l’altrettanto poco fortunato Harris.

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