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Transparent: cosa ci ha insegnato davvero?

Transparent è una serie passata un po’ in sordina in Italia, ma che nella sua terra natale, gli USA, ha riscosso davvero un enorme successo di critica e pubblico.

Con ben quattro stagioni e un episodio musicale della durata di due ore in arrivo il 27 settembre 2019 sulla piattaforma streaming Amazon Prime Video, si è affermata con grande coraggio, cercando sin da subito di proporre allo spettatore un dialogo e un’analisi più completa e sfaccettata di una tematica poco presa in considerazione, la transessualità. Transparent ha come tematica principale il cambiamento, un cambiamento che parte innanzitutto dalla nostra protagonista Maura.

Transparent

Mort (Jeffrey Tambor, premiato per questo ruolo ai Golden Globes 2015), il padre di famiglia, ingabbiato da sempre nei suoi abiti maschili, finalmente con l’arrivo della pensione, decide di fare coming out con i familiari e far uscire all’esterno quello che da sempre aveva tenuto nascosto al mondo intero: il sentirsi donna.

Il passaggio da Mort a Maura sconvolge la sua famiglia in maniera disastrosa ma allo stesso tempo positiva. Da quel momento, l’ex moglie (Judith Light) e i suoi tre figli intraprendono anch’essi un percorso di metamorfosi, incominciando a esplorare la propria sessualità e affettività, si pongono delle domande sulla loro vita e la loro identità, crescendo spiritualmente ed emotivamente.

Quindi cosa ci ha davvero insegnato questo gioiellino di serie?

Transparent

Ci ha sicuramente insegnato la parola famiglia. In Transparent ci viene mostrata una famiglia incasinata, problematica e piena di difetti, ma che allo stesso tempo è pronta a sostenersi e a supportarsi nelle difficoltà. Vediamo riaccendersi il rapporto tra Maura e i propri figli, che cercano, chi più chi meno, di comprendere la decisione del padre, ascoltando i desideri e i sentimenti riaccesi della donna, e allo stesso tempo vediamo lei stessa più attenta e aperta al dialogo riguardo le problematiche che attanagliano la vita dei tre adulti.

C’è sicuramente la voglia di essere trasparenti (come ci suggerisce il gioco di parole nel titolo della serie), di rappresentare delle persone, dei rapporti umani veri, realistici e difettosi così come sono nella realtà, senza edulcorare o facilitarne la visione.

Transparent

Un’altra cosa che ci ha insegnato la serie è la scoperta di sé, la ricerca interiore, la perdita e la (ri)costruzione della propria identità. Inizialmente credevamo di vedere questo processo soltanto attraverso gli occhi di Maura, ossia credevamo di affrontare tutte le problematiche, le difficoltà, ma anche la voglia di riscoperta del proprio corpo e del proprio essere riguardanti la transizione della nostra protagonista. E questo accade, ma con il tempo ci rendiamo conto che questo meccanismo lo troviamo in forme differenti anche attraverso gli occhi dei figli. Ci troviamo di fronte a due donne Sarah (Amy Landecker) e Ali (Gaby Hoffmann) e un uomo Josh (Jay Duplass). Tutti e tre sono molto diversi tra loro, eppure si somigliano in campo amoroso: hanno delle vite affettive disastrose e delle identità incerte, ma grazie alla prova di coraggio del padre incominciano lentamente a interrogarsi e a capire, sperimentando anche sessualmente, chi sono e cosa vogliono davvero.

Transparent

Infine, è doveroso aggiungere un insegnamento fondamentale. Transparent ci ha insegnato l’accoglienza, la ricchezza che possiamo trovare in persone diverse da noi, la forza e la complessità dell’autodeterminazione umana. La serie ci mette di fronte ad argomenti spinosi, trattati in maniera molto semplice e diretta, ci porta a conoscere tormenti, difficoltà, ma anche realtà delle quali, forse, non siamo a conoscenza, o che comunque sono fuori dalla nostra confort-zone.

Importante è come viene rappresentato il mondo dei/delle transessuali, un mondo ricco di sfaccettature, di storie positive o meno, un mondo di rinascita e di riscoperta. La serie è interessante perché è importante parlare di determinate tematiche, è importante instaurare il dialogo anche e soprattutto a chi è fuori dalla comunità LGBT+. È grazie a spazi del genere che si è in grado di smontare le proprie convinzioni, di uscire dai propri recinti mentali, entrando in questo modo in contatto con realtà, storie e mondi diversi, arricchendoci.

Perché le storie, se raccontate con semplicità, trasparenza e verità, possono accendere quel meccanismo interiore di scoperta, di apertura e curiosità verso cose, persone, realtà che fino a quel momento ci sembravano distanti.

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