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L’errore da non commettere è confrontare The Recruit con The Rookie

Apparentemente, il significato è lo stesso. Potrebbero essere persino sinonimi l’uno dell’altro. La somiglianza dei due termini potrebbe trarre in inganno perché in ambito poliziesco o militare, più o meno lo stesso, viene definita recruit o rookie una recluta, un novellino. Ma The Recruit e The Rookie, che di principianti parlano entrambe, sono due cose ben diverse, ben distinte, sotto diversi punti di vista, e potrebbe essere un errore paragonarle tra loro.

Tra la prima puntata di The Rookie e la prima di The Recruit sono passati poco più di quattro anni. Era l’ottobre del 2018 quando sulla ABC ha fatto il suo esordio la serie interpretata da Nathan Fillion, già protagonista di Castle, il cui finale, se volete, qui vi sveliamo, ma anche conosciuto per un’altra serie molto interessante, Firefly, e per Serenity e Slither, pellicole cinematografiche non scontate né tanto meno banali. La serie interpretata da Noah Centineo, invece, è uscita soltanto lo scorso dicembre su Netflix ottenendo buoni risultati tra pubblico e critica.
Quattro anni. Un lasso di tempo apparentemente breve che però, nel mondo delle serie televisive, rappresenta quasi un’era geologica. Quattro anni durante i quali The Rookie è andata in onda, ha sorpreso e si è confermata tanto da arrivare alla quinta stagione, uscita lo scorso settembre negli Stati Uniti la cui fine è prevista il 31 gennaio prossimo.
The Recruit, invece, è agli esordi anche se è di pochi giorni fa la conferma da parte di Netflix per la produzione di una seconda stagione che uscirà, molto probabilmente, nel 2024. E di questo ringraziano i suoi fan che erano stati lasciati in sospeso da un colpo di scena non da poco.

Nathan Fillion in The Rookie 640×360

Si potrebbe dire, in virtù di questo lasso di tempo che le separa, che The Rookie è la sorella maggiore di The Recruit? No, sarebbe un errore. Le due serie sono proprio due mondi diversi.
Intanto per il numero di stagioni, come abbiamo appena detto. The Recruit ne ha ancora di strada da fare. Ed essendo figlia della tecnologia on demand sappiamo bene che il suo proseguimento è appeso a un filo. Un esile filamento le cui estremità sono tenuto in mano da una parte dai dirigenti del colosso americano, le cui scelte ultimamente hanno fatto disperare non pochi abbonati (vedi la recentissima cancellazione di 1899) e dall’altra famigerato algoritmo. E non si capisce bene, al momento, chi sia più capriccioso. Sia chiara una cosa, però: non è che le reti televisive siano esenti da inspiegabili cancellazioni. Diciamo, piuttosto, che lo fanno con uno stile diverso, ecco.
Comunque, tornando alle nostre due serie, al di là del numero di stagioni a separarle è pure il numero degli episodi. Potrebbe essere un ragionamento scontato ma non lo è. La prima stagione di The Rookie conta venti episodi mentre quella di The Recruit appena otto. Una differenza significativa a parità di durata, entrambe tra i 40 e 50 minuti. Una differenza che ci porta a una successiva considerazione: chi le trasmette.

Eh sì, perché al giorno d’oggi c’è una bella differenza. Una serie come The Rookie è pensata per la televisione, quindi deve attirare la pubblicità e ragiona, in termini di trasmissione, sul lungo periodo tenendo conto del fatto che vengono trasmesse una, massimo due, puntate alla settimana. The Recruit, invece, è pensata per esser rilasciata tutta in colpo solo e per questo motivo non può certamente prevedere una quantità superiore alle otto, massimo dodici puntate a stagione.
Dunque, tra ABC e Netflix è di nuovo impossibile fare il paragone. Ma al di là del numero di puntate per stagione è proprio la messa in scena a fare la differenza. Perché The Rookie, pur essendo del 2018, ha un piacevole sentore di fine anni Novanta, inizi anni Duemila. Ha quel gusto un po’ rétro tipico di quel periodo e lo si può notare soprattutto con certe inquadrature che strizzano l’occhio a serie simili ben più vecchie. Una scelta voluta, chiaramente, e non un semplice omaggio a chi è venuto prima. Del resto il protagonista, John Nolan, ha l’età giusta per esser cresciuto a pane e Adam 12 se non addirittura TJ Hooker.
Al tempo stesso è incredibilmente moderna soprattutto nella maniera con la quale affronta tematiche attuali e spinose come il razzismo, la violenza della polizia, e l’inclusione, cioè senza paternalismo né tanto meno retorica da quattro soldi.
È seria senza esser eccessivamente pesante e diverte quanto e quando occorre con un umorismo sempre sul pezzo che lascia allo spettatore l’impressione di non aver sprecato il suo tempo.

The Recruit, al contrario, è molto meno leggera e non affronta mai argomenti riconducibili alla vita comune. Al tempo stesso, però, si distanzia bene dalle serie di spionaggio alla Jack Ryan, per esempio, proponendo un protagonista in un certo senso normale, che risente della stanchezza e delle botte che riceve, pieno di dubbi e incertezze su se stesso e sul mondo che lo circonda, che necessita di prendersi del tempo per pensare perché non ha le risposte pronte sempre sulla punta della lingua, che si fa abbindolare più dagli amici che dai nemici ma che impara in fretta dai suoi stessi errori.
E questo ci porta a un altro punto di distacco: il protagonista. Intanto The Rookie è una serie più corale anche grazie all’ambientazione mentre The Recruit è più la classica serie da lupo solitario. Del resto una è ambientata in un dipartimento di polizia mentre l’altra pesca nel torbido mondo dello spionaggio. Owen Hendricks, protagonista di The Recruit, è lontano mille miglia da John Nolan. Sebbene abbiano entrambi studiato giurisprudenza il primo è un avvocato, il secondo un ex costruttore che ha deciso, a quarant’anni passati, di arruolarsi in polizia (per altro il tutto basato su una storia vera). Quindi uno è giovane e l’altro meno, dettaglio che si nota nella maniera che hanno di approcciare i problemi che si pongono loro di fronte. Il primo, infatti, è più impulsivo e ha l’arroganza tipica dei ventenni, desiderosi di spaccare il mondo, convinti di saperne sempre un po’ di più degli altri. Il secondo, invece, ha un figlio e un divorzio alle spalle e dimostra di avere uno spirito di adattamento non da poco, probabilmente dovuto all’esperienza pregressa.

The Recruit
The Recruit 640×360

Ricordando sempre che The Recruit ha un decimo delle puntate di The Rookie e non riusciamo certamente a immaginare dove vogliano arrivare gli sceneggiatori, possiamo dire che l’unica cosa che le accomuna è il fatto che il protagonista sia un novellino nel suo campo e che venga visto da tutti come incapace, inutile e di peso. Impossibile, quindi, cercare di paragonarle tra loro. Non c’è proprio nulla che le possa mettere sullo stesso piatto.
Ah no, un momento, stavamo dimenticando! In realtà c’è dettaglio che le accomuna. Una inezia. Si tratta di Alexi Hawley che di entrambe è ideatore, sceneggiatore e produttore esecutivo. Un particolare non da poco. Qualche sospetto avremmo potuto averlo scoprendo che il direttore della CIA di The Recruit è interpretato da Nathan Fillion. Ma allora com’è possibile che ci sia sfuggito? Perché a conti fatti è praticamente impossibile riscontrare la stessa mano creatrice. E questo è certamente un gran pregio per lo showrunner americano che dimostra così la sua inventiva, tale da riuscire a creare due serie apparentemente simili ma totalmente diverse.
Non è cosa da poco, davvero. Quante volte capita di capire, dopo un paio di puntate, che c’è lo zampino dello stesso creatore, dietro? Non è il caso di queste due serie davvero interessanti, ciascuna a modo suo. Due serie che val la pena di recuperare e godersi con la dovuta attenzione proprio cercando le differenze, tante, rispetto alle somiglianze, poche. Perché sapendo che dietro c’è la stessa mente sarà uno spasso comprendere i meccanismi creativi che hanno portato Alexi Hawley a divertirsi per farci divertire.