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Cosa è andato storto nella prima stagione di Gli Irregolari di Baker Street

ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER su Gli Irregolari di Baker Street.

Il 26 marzo 2021, Netflix ha rilasciato la prima stagione di una nuova serie tv originale, Gli Irregolari di Baker Street, che ha fatto compagnia ad altri innumerevoli titoli distribuiti nella stessa settimana. In soli 8 episodi, l’ideatore Tom Bidwell ha permesso al pubblico di tuffarsi ancora una volta nelle atmosfere dark e misteriose della Londra vittoriana, utilizzando come fonte di ispirazione e materia prima i personaggi nati dalla fantasia dell’immenso Sir Arthur Conan Doyle.

Nel corso degli anni, il regno della regina Vittoria è stato più volte portato sullo schermo, perché perfetto per dare corpo a storie e leggende della tradizione inglese e per rendere quasi tangibili le paure dell’uomo. Il fumo che si leva alto dalle fabbriche, le strade piene di fango e il rumore degli zoccoli sul terreno. Questo basta per dare un’idea di dove e quando ci troviamo con The Irregulars (qui la nostra recensione) ma non è certo sufficiente per esprimere le emozioni contrastanti che questa serie ci ha provocato.

Un gruppo di giovani orfani e amici, vagando per la famosa Baker Street (ripercorsa ormai infinite volte dalle storie di Sir Arthur e dai prodotti cinematografici che a esse si riferiscono), si ritrova invischiato in qualcosa di grande e pericoloso.

gli irregolari di baker street

Una forza buia e inspiegabile minaccia Londra e i suoi abitanti, cibandosi dell’oscurità che si cela dentro ciascuno.

Ognuno dei personaggi principali affianca la riscoperta di se stesso e delle proprie radici a quella di sé come parte integrante di un gruppo, grazie all’opportunità che il dott. John Watson (Royce Pierreson) gli offre di collaborare alle sue indagini. Già, perché questa serie tv che attraverso un mix di giallo, fantasy e dramma, tira nuovamente in ballo l’ambientazione e i protagonisti dei romanzi dello scrittore britannico, utilizza questi ultimi come pretesto per attirare lo spettatore con qualcosa di noto, salvo poi tradire le sue aspettative rivelandosi tutt’altro.

Sherlock Holmes (interpretato da Henry Lloyd-Hughes) entra in scena dapprima come un nome, un’ombra quasi dimenticata, poi si presenta al pubblico come un uomo spezzato dal dolore per la perdita di un amore. Non più un detective ma il fantasma di se stesso che, a quanto pare, non merita una degna conclusione. L’elemento che aveva attirato il pubblico, ovvero la curiosità per il modo in cui Netflix avrebbe potuto dire altro sulla figura di Sherlock Holmes, svanisce con il concludersi della prima stagione, perché l’uomo più intelligente e intuitivo di tutti i tempi scompare e rende evidente a chiunque che il suo ruolo di esca ha avuto l’effetto desiderato.

Attraverso un goffo tentativo di regalargli un’umanità che non ha mai avuto fino in fondo, Gli Irregolari di Baker Street finisce per distorcere un po’ l’immagine che di Sherlock ci siamo sempre fatti: quella di un investigatore privo di tatto ed egocentrico fino al midollo, quasi incapace di provare (e ancora meno di esprimere) sentimenti. Qui Holmes diventa un uomo pieno d’amore, che deve solo capire come usarlo per rimediare agli errori compiuti. Come se non bastasse poi, questo dramma originale Netflix stravolge una delle caratteristiche fondamentali della figura del nostro detective preferito, trasformando il suo scetticismo verso il paranormale in ossessione verso tutto ciò che interessa il mondo degli spiriti.

sherlock holmes baker street

Ma la figura di Sherlock non è l’unico punto debole de Gli Irregolari di Baker Street.

Così come il famoso detective, anche il suo coinquilino al 221B di Baker Street, il dott. Watson, ha subito dei “rimaneggiamenti” per la serie e si è trasformato in un uomo privo di carattere e troppo occupato a sbavare dietro all’amore della sua vita per accorgersi del suo livello di tossicità. Eppure, nonostante tutto, l’ex militare si fa portatore di alcuni dettagli che strizzano l’occhio ai romanzi di Sir Arthur. Come lo scrittore aveva brillantemente illustrato nei suoi libri, viene assoldato un gruppo di ragazzi senza tetto, in grado di passare inosservati e di aiutare il dottore a risolvere crimini sovrannaturali.

Seppure la scelta di assegnare i ruoli di protagonisti a un giovane gruppo di attori in alcuni momenti si sia rivelata adatta, grazie alla loro sorprendente espressività, in altri è costata cara alla serie Netflix. Questo non gli ha permesso di andare troppo in profondità con la loro mente e ha fatto sì che il livello di analisi dell’interiorità dei personaggi rimanesse un po’ troppo in superficie e si limitasse a trattare di quei problemi e di quei drammi tipici dell’adolescenza e della scoperta di sé. Thaddea Graham (Bea), Darci Shaw (Jessie), Jojo Macari (Billy), McKell David (Spike) e Harrison Osterfield (Leopold) sono stati molto bravi, ma non hanno potuto fare miracoli con una sceneggiatura in molti punti banale e infantile.

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Rimandi ai testi di Conan Doyle sono sparsi un po’ ovunque all’interno della serie, che però non riesce ancora a conquistarsi una piena autonomia, vista la sua necessità di ricorrere a Sherlock Holmes come espediente narrativo. Il fantastico e il paranormale si sono rivelati elementi piacevoli all’interno degli episodi, che altrimenti si sarebbero trasformati nell’ennesima serie crime-investigativa ambientata nella Londra vittoriana, ma non sono bastati a rendere memorabile questa prima stagione.

Non ci resta che attendere la seconda per scoprire dove Tom Bidwell voglia andare a parare e, soprattutto, se riuscirà a tenere in piedi un prodotto che, forse, si regge solo grazie all’inconfondibile nome del detective con la pipa e il berretto deerstalker.

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