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Succession 4×08 – Un’eredità inesistente

Dopo la morte di Logan Roy, avvenuta in quella che consideriamo una delle puntate migliori nella storia della televisione, siamo rimasti tutti lì a chiederci chi sarebbe stato il suo erede. Da una parte esaltati per aver appena visto una puntata che ha già fatto la storia, dall’altra emotivamente scossi per tutto ciò che la fredda Succession aveva saputo portare in scena in occasione della caduta del re, avevamo un’unica certezza: la morte di Logan sarebbe stata l’evento scatenante per dare forma definitiva al titolo della serie. E con 7 puntate davanti, non vedevamo l’ora di capire chi sarebbe stato l’erede al trono designato, chi sarebbe stato il protagonista della Successione. Sono state puntate entusiasmanti e vive più che mai quelle che ci hanno condotto a questo terzultimo atto, ma la domanda che ci ponevamo famelici alla fine dell’episodio 4×03 si sta già sgonfiando, sta già perdendo potenza. Un erede di Logan Roy non c’è, e dovremo farcene una ragione.

In queste puntate dell’ultima stagione di Succession abbiamo sottolineato come il principale candidato per ereditare il trono di suo padre fosse Kendall, l’unico ad avere concrete chance di succedere al boss e in fondo l’unico tra i 4 figli che abbia non solo sempre voluto ardentemente quel trono, ma che soprattutto abbia lavorato concretamente in quella direzione negli anni precedenti. La morte di Logan sembrava in un certo senso aver fatto sì che Kendall si svestisse di quella coltre di insicurezze che lo hanno attanagliato per tutta la vita: liberatosi dell’ingombrante ombra del padre, Kendall sembrava pronto finalmente a far esplodere tutto il suo potenziale da leader, pur con molti difetti strutturali in più rispetto a chi l’aveva preceduto. Tuttavia, la terzultima puntata della serie ci sbatte in faccia una volta per tutte una cosa: Kendall magari si prenderà anche il trono – e ancora anche questo è tutt’altro che scontato – ma non sarà mai Logan nemmeno lontanamente. E non è semplicemente una questione di tempo.

E’ una questione di physique du rôle. Di cui Kendall non è mancante in tutto, ma è mancante in alcune parti decisive e determinanti. La gestione incerta e claudicante della questione elezioni ne è diretta testimonianza. Kendall ha sempre saputo cosa sarebbe stato giusto fare a livello morale, e al contempo ha sempre saputo cosa sarebbe convenuto fare a livello tecnico. Ma non è riuscito a schierarsi in maniera netta nè dall’una nè dall’altra parte, rimanendo in un limbo improduttivo e deleterio dal quale è riuscito a uscire solo una volta scoperto che Shiv stava tramando contro lui e Roman alle spalle, e con Matsson in cabina di regia e costante diretta telefonica dal suo attico nel nord Europa. C’è voluta, insomma, una scossa emotiva per fargli decidere su che cavallo puntare. Una decisione presa di pancia e non di testa. Una decisione quasi improvvisata, figlia delle circostanze.

Logan Roy sapeva sempre cosa fare, e non era una questione di vecchiaia o di esperienza alle spalle. Logan Roy sapeva sempre cosa fare perchè aveva quel piglio lì, il piglio di uno che va dritto per la sua strada senza farsi trascinare dalle emozioni del momento. Un piglio che ha sempre avuto, e che l’ha portato a dominare il mondo. Non sempre le decisioni di Logan avevano a che fare con l’incorruttibilità morale, anzi quasi mai era così. E non si contesta a Kendall il fatto di essere meno squalo del padre, più avvezzo a farsi scrupoli. Un grande re, o un principe che ambisce a diventare re, però, deve prendere una posizione. E Kendall, pur avendo tutti gli elementi possibili a sua disposizione, non ha avuto il coraggio ne’ di prendere la decisione giusta nè di prendere la decisione sbagliata, da qualunque punto si guardi la storia.

L’appoggio dato a Mencken alla fine sa di sconfitta su tutta la linea. Dal punto di vista morale prima di ogni cosa, perchè è una decisione che rischia di minare fortemente la democrazia americana. Ma anche dal punto di vista dei vantaggi che gli stessi Roy potranno ottenere dal sostegno dato al nuovo presidente: l’impressione è che i rapporti non siano stati curati nei minimi dettagli, e che più che un’alleanza i Roy potranno al massimo ottenere di poter essere dei burattini in mano al nuovo leader politico, che probabilmente bloccherà l’accordo Gojo ma in cambio vorrà favori su favori.

I rapporti tra Logan e i precedenti presidenti americani erano rapporti paritari, fatti di reciproco rispetto e reciproci vantaggi dati e offerti, perchè Logan era talmente grande che anche chi stava a capo di tutto lo temeva. Uno status quasi impossibile da raggiungere per dei figli che hanno sempre voluto guidare la macchina di papà senza avere la minima idea di cosa questo comportasse. Lo stanno capendo adesso, sulla loro pelle, ma sono ormai nel bel mezzo dell’uragano. Anche perchè Shiv non si arrende e, con ormai praticamente più nulla da perdere dopo che i fratelli l’hanno messa all’angolo, è libera di schierarsi con Matsson praticamente alla luce del sole e sta già tramando qualcos’altro per ribaltare nuovamente il tavolo. Mancano due puntate e non abbiamo nessuna idea di come possa andare a finire. Ma una certezza comincia a insinuarsi dentro di noi: forse, quando Lukas Matsson ha detto in maniera tanto netta quanto sprezzante che i figli di Logan sono solo una tribute band, aveva maledettamente ragione.

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