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Cosa ci manca di più di Skins

C’era una volta MTV. Ebbene sì, Music Television, (oggi rimpiazzato da TV 8) il canale di importazione americana che trasmetteva non stop i videoclip musicali più in voga del momento. Ma MTV non era solo questo, non faceva passare solo l’ultima canzone di Christina Aguilera o di Britney Spears: di tanto in tanto si potevano vedere anche serie tv o sitcom. Alcune, ammettiamolo, erano davvero di dubbio gusto, ma tra le tante ce n’è una che non si dimentica. Chi a 13 anni bazzicava su questo canale si è sicuramente imbattuto in Skins, non sapendo che la visione anche solo di qualche puntata l’avrebbe segnato. Nonostante siano passati gli anni (e anche l’adolescenza) la nostalgia è innegabile: ecco cosa ci manca di più di Skins.

Alzi la mano chi oggi ha dai 22 ai 28 anni e non ha visto Skins. Questa serie è entrata nelle nostre case nel pieno dell’adolescenza, della confusione ormonale e della ricerca di sé. Le avventure dei ragazzi di Bristol ci hanno mostrato come quel periodo della giovinezza possa essere leggero, spensierato ma anche cupo e tortuoso. Perché, diciamolo, Skins non è solo il racconto sconclusionato dei party di questi giovani inglesi. È molto di più.

Skins ci ha preso per mano, a volte ci ha strattonato, e ci ha messo davanti agli occhi i drammi che più temevamo durante la nostra adolescenza. I temi affrontati sono molti. Non si parla solo di relazioni o affari di cuore, ma anche di disturbi alimentari, divorzio, immigrazione, ricerca della propria identità sessuale.

Tutto quello che Skins ci ha fatto provare

Skins

Nel corso delle varie stagioni vediamo prima Cassie e poi Mini alle prese con problemi alimentari. Le vediamo guardarsi davanti allo specchio, osservare i profili dei propri corpi e struggersi alla ricerca di una bellezza impossibile.

Jal invece attraversa quello che per una giovane adolescente alle prime armi con il sesso è il più grande spauracchio: una gravidanza indesiderata. Rimane incinta per sbaglio, di un ragazzo che non sa nemmeno se le piace. Effy scopre il tradimento di sua madre verso suo padre. Un giorno torna a casa, apre la porta e la vede con un altro uomo. Sulle spalle ha il peso di questo segreto, di non poterlo dire a nessuno, e si chiude in uno dei suoi autodistruttivi e lunghi silenzi. Nella sesta stagione il gruppo si sta godendo una vacanza in Marocco, ma in un incidente stradale dopo un party Grace rimane in coma e in seguito muore. Rick, così diverso da lei ma allo stesso tempo così innamorato, non riesce ad accettarlo. La pensa, le parla, consegna ai professori gli ultimi progetti scolastici di Grace.

Skins ci mostra il dolore di questi personaggi così com’è, senza filtri, colmo di silenzi, ed è proprio questo che ci manca di più della serie.

Le vite di questi personaggi sono una centrifuga di emozioni, di paura, d’amore e di dolore. Ed è proprio questo che ci manca di più di Skins. Poter vivere certi drammi grazie a questi personaggi ce li ha fatti attraversare. Abbiamo provato quel dolore, quello strazio, quel profondo dubbio su noi stessi. E’ passato dal piccolo schermo alla nostra pelle. Non ci sono fiocchetti, mezzi termini o abbellimenti.

In Skins tutto è surrealmente vero. I party, le droghe e i divertimenti fanno solo da sfondo a quello che la vita ti può propinare quando hai solo 16 anni. Non ci sono famiglie perfette, non esistono relazioni stucchevoli. Perché nella vita, quando non ti piaci, quando scopri che i tuoi genitori si tradiscono e quando senti la mancanza di qualcuno tanto che quasi non respiri sei lì, tu e il tuo dolore e non apparirà nessun principe azzurro o deus ex machina a salvarti. Quando ti senti solo e non hai nessuno con cui parlare o contro il quale urlare quella rabbia ci sei solo tu, e forse qualche buon amico che ti potrà consolare.

Perché Effy, Cassie, Rick o Jal potevamo essere noi. Poteva essere il nostro migliore amico, che ha scoperto di preferire i maschi alle femmine ma non riesce nemmeno ad ammetterlo a sé stesso. Poteva essere la nostra compagna di classe, che arriva da un paese lontano, non parla la nostra lingua ma cerca in ogni modo di integrarsi nel gruppo. Poteva essere quell’amica che si guarda continuamente allo specchio ma non si piace mai. e digiuna per piacersi. Potevamo essere noi. Potevo essere io.

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