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La Mappa Concettuale delle Serie Tv: dagli anni ’60 all’era Netflix

Il percorso in divenire delle serie tv è un processo inarrestabile e per certi versi analogo a quello evolutivo dell’umanità. Non è semplicemente un passaggio dal semplice al complesso, da una particella elementare a un organismo multicellulare. È una storia fatta di tentativi, sperimentazioni, fallimenti e rami morti.

Tutt’altro che lineare l’evoluzione della serialità ha attraversato momenti diversi divenendo spesso e volentieri espressione di una società anch’essa in itinere. La sua forza, la stretta, stringente affinità alla vita di tutti noi sta in quella quotidianità in cui le serie tv ci accompagnano divenendo parti inevitabili di una realtà concreta.

Ripercorrere la storia delle serie tv significa tracciare una mappa concettuale fatta di linee evolutive interrotte, tranciate. Ma vuol dire anche seguire quella linea tutt’altro che retta che porta fino a noi, che porta fino a questo momento. Significa capire le serie tv oggi e, forse, come vedremo, capire anche un po’ noi.

1) Anni ’60: Stark Trek e la conquista del cosmo

star trek
Star Trek (640×370)

La corsa allo spazio, il progresso sempre più inarrestabile della tecnica e l’ottimismo verso il divenire si riflettono negli anni ’60 in un’opera destinata a condensarsi nell’immaginario collettivo. Star Trek mette in scena l’inesausto bisogno umano di scoperta e avventura. È in quegli anni che ci si domanda come sarà il futuro, come avverrà la conquista dell’unico luogo ancora precluso all’uomo. Lo spazio diventa emblema dell’esotico ma anche fuga dalla realtà. All’orizzonte, infatti si addensano le nubi della rivoluzione sessantottina e la concreta “paura della bomba”.

Allo spazio infinito, pericolo e fascinoso si affiancano perciò i luoghi dell’orrore e dell’ignoto. The Twilight Zone (Ai confini della realtà) mette in scena l’irrazionale e le contraddizioni della mente in un claustrofobico succedersi di racconti onirici. Non solo guerre atomiche, alieni e viaggi temporali ma anche l’uomo messo faccia a faccia col suo Io più oscuro e inconfessato. Per la prima volta le Serie Tv si aprono alla psicologia.

Sarà, però, soltanto con il capolavoro seriale di quegli anni, Il prigioniero, che i temi sociali si fonderanno col dramma esistenziale dell’uomo moderno in un lavoro clamorosamente precursore dei tempi. La rivoluzione giovanile, la depressione burocratica borghese e l’irrazionale orrore interiore si mescolano ne Il prigioniero sullo sfondo di una spy-story avvincente e alternativa rispetto alla vuota esteriorità delle figure stile-James Bond. Il finale sarà fortemente criticato da un pubblico per nulla preparato. Dovremo aspettare decenni prima che l’onirico torni a far largo prepotentemente nel capolavoro lynchano Twin Peaks.

2) Anni ’70: Wonder Woman contro la famiglia tradizionale

L’instabilità post-sessantottina, i drammatici anni della guerra del Vietnam, la necessità, tipicamente americana, di rinsaldare nel patriottismo e nella famiglia tradizionale l’identità e la coesione nazionale portano a un ripiegamento evolutivo anche nelle Serie Tv. Happy Days in maniera reazionaria delinea un quadro acronistico, con almeno un ventennio di ritardo. In quella quotidianità semplice e genuina c’è la volontà di allontanare paure insondabili e le profonde scissioni sociali.

Ma la rivoluzione è ormai in atto. La donna diventa nuovo fulcro dell’attenzione seriale. Wonder Woman per la prima volta restituisce l’immagine di donna forte e indipendente, antitetica alla casalinga americana. Seguono con buon successo anche La donna bionica e Charlie’s Angels. In tutte queste Serie Tv si ribalta la concezione tradizionale del femminile e si apre la via a quei movimenti femministi che soprattutto nel decennio successivo troveranno piena ragione di sé.

3) Il poliziesco tra femminismo e machismo

È appunto negli anni ’80 che sulla scia dei primi grandi successi il femminismo trae buona linfa anche nel mondo seriale. New York, New York più di tutti ci mostra, nel decennio dei polizieschi, la possibilità di un eroismo a tinte femminili. Di contro, gli anni ’80 saranno anche e soprattutto, in maniera controrivoluzionaria, gli anni del machismo. Dei Magnum P.I., Supercar, MacGyver, Miami Vice. Ma anche di T.J. Hooker capace di mettere in primo piano la caccia a killer e stupratori seriali, ispirandosi a fatti di cronaca e dando il là a quello che diverrà, anni più tardi, un vero e proprio filone seriale.

In risposta Cuori senza età mette in mostra una realtà quotidiana e interamente femminile con protagoniste quattro anziane donne. Il recente successo di Grace and Frankie inevitabilmente affonda in questo divertente ma importantissimo archetipo che rinsalda il ruolo d’indipendenza e l’inarrestabile forza della donna. A tutte le età.

4) Anni ’90: l’adolescenza in scena e i grandi filoni narrativi

L’irrazionale e l’ignoto riacquistano peso, dopo una cesura apparente, con Twin Peaks. L’onirico torna protagonista sullo sfondo di un thriller investigativo che ruota attorno al whodunit “Chi ha ucciso Laura Palmer?”. Il coinvolgimento è mondiale e la Serie Tv segna profondamente un’intera generazione sconvolta da un orrore che colpisce l’immaginario collettivo.

Ma gli anni ’90 sono anche il decennio dell’adolescenza. Delle commedie per ragazzi che infestano i palinsesti televisivi e che si prolungheranno fino agli anni 2000. Nello stesso tempo si gettano basi importantissime per la creazione di nuovi stili narrativi. I Soprano introduce un anti-eroe come protagonista per la primissima (o quasi) volta in Tv. Seppur mantenendo registicamente uno stile piuttosto antiquato. In questo secondo aspetto X-Files rappresenta invece un insuperabile eccellenza capace di apportare tecniche narrative e registiche avveniristiche.

5) Anni 2000: la crisi dei valori

La maturità seriale è inevitabilmente legata al nuovo millennio. Formati agli archetipi narrativi e registici dei decenni precedenti i 2000 diventano l’epoca d’oro delle Serie Tv. Il protagonista diviene uomo modernissimo nella sua scissione e incertezza interiore. Il modello eroico non è più credibile e granitico nelle sue certezze ma (o proprio per questo?) dannatamente intrigante. Figure come Dr. House, Dexter, Walter White diventano modelli insuperabili di complessità psicologica.

Sfruttando le possibilità temporali date da episodi e intere stagioni gli autori vanno via via a concentrarsi sempre più sulla volontà di restituire allo spettatore un protagonista variegato e in divenire, capace costantemente di ripensare se stesso. Jack in Lost diventa così modello dell’uomo di scienza che nel corso dell’opera finirà per rivedere le sue convinzioni. E abbracciare nel meraviglioso finale un messaggio di speranza e amore. Anche nella commedia si fa largo il serio e il drammatico, il dubbio e i problemi dell’uomo contemporaneo. Nasce così un genere nuovo, la dramedy di cui Scrubs rappresenta inarrivabile esempio.

6) L’avvento di Netflix e le miniserie

Ma un nuovo cambio di rotta era alle porte. Un’inversione di tendenza che fa infrangere l’onda della psicologia caratteriale sul muro della miniserie. Netflix stuzzica con gusto e leggerezza fornendo un intrattenimento senza impegni. Saluti alla serializzazione dello spettatore costretto a prolungare la visione per anni e stagioni e benvenuto al nuovo formato rapido e immediato. L’hic et nunc della piattaforma di streaming si concretizza in prodotti di poche ore. Film prolungati che si sgranocchiano senza appesantire e lasciano costantemente il posto a nuove produzioni.

L’originalità al primo posto con la morbosa ricerca di sempre nuovi stimoli verso una nuova frontiera della serialità. I prodotti si moltiplicano spaziando in ogni direzione e affondando in tematiche queer e LGBT. Sfruttando generi desunti dal mondo cinematografico come il survival horror e il giallo scandinavo (vedi terza e quarta stagione di Black Mirror).

Come si è visto, la storia delle Serie Tv è un avvicendarsi di tendenze e sperimentazioni.

Un crogiolo di impulsi diversi, esigenze sociali e modi di rappresentare il mondo. L’importanza del seriale in fondo è tutta qui. Nella capacità di mettere in scena la quotidianità del nostro tempo facendosi espressione (e nelle opere più importanti riuscendo perfino a divenire portavoce) di paure, desideri, dubbi esistenziali e discrasie sociali. La storia, la nostra storia, passa anche da una quotidianità televisiva che è sempre più espressione d’arte popolare della contemporaneità.

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