6) ELLIOT ALDERSON

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Elliot Alderson è in questa lista sebbene la sua condizione sia più delicata rispetto a quella degli altri personaggi presi in considerazione. Lui dà l’impressione di vivere provando un costante disgusto per tutto ciò che lo circonda, comprese le persone. Elliot però non prova fastidio per i singoli individui con i quali quali si relaziona, ma per la gente. Le sagome tutte uguali nella folla che corrono verso le loro destinazioni senza far caso a chi calpestano, omologate e motivate da un burattinaio che lui non accetta: la società moderna.
Ci spammiamo l’un l’altro intere cronache su delle stronzate mascherandole da opinioni, usando i social media come surrogato dell’intimità. Forse abbiamo votato perché fosse così, non con le elezioni ma con le cose, le proprietà, i soldi. Non è una novità, sappiamo perché lo facciamo, non certo perché i libri di Hunger Games ci rendano felici, ma perché vogliamo essere sedati, perché fa molto male non fare finta, perché siamo dei codardi! F*****o la società!
Sociofobico e intollerante al torpore esistenziale che assale gli individui dal momento in cui ricusano la loro volontà in favore di ciò che gli viene suggerito di desiderare, di pensare, di essere. Abdicando a sovrastrutture che lui non riconosce.
La condizione patologica di Elliot lo porta a vivere all’interno di una bolla di diffidenza.
Odia profondamente ciò che l’umanità è diventata sotto il giogo dei potenti e sembra approcciarsi al mondo come se fosse l’unico essere umano ad essersi svegliato da un terribile incubo. In alcuni momenti Elliot mi ricorda Mark Renton di Trainspotting e il suo sarcastico monologo “Scegliete la vita“.