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10 Serie Tv che sono state massacrate ingiustamente dal politically correct

Seinfeld, Scrubs, The Office e tante altre serie tv di culto, recentemente, sono state oggetto di critiche e di censure da parte di un politicamente corretto troppo intransigente che le ha travolte ingiustamente. Oggi, tra il dilagare di fake news e la sovrainformazione, il dibattito intorno al politically correct è diventato un terreno pieno di insidie che nemmeno il Capitano Willard di Apocalypse Now saprebbe affrontare. La società attuale, soprattutto quella degli USA, cambia velocemente e la questione dell’inclusività si fa sempre più urgente e necessaria. A seguito dei fatti che hanno portato alla nascita dei movimenti del Me Too e del Black Lives Matter, l’opinione pubblica occidentale appare divisa su cosa fare per rendere la società più rappresentativa, più sensibile e più rispettosa nei confronti delle diversità etniche, di genere e sull’orientamento sessuale. Il mondo dello spettacolo, e quindi le serie tv, è stato chiamato a prendere parte al dibattito, ma fin troppo spesso è scivolato in tranelli insidiosi che hanno alimentato il caos e delle polemiche mediatiche sterili. Tra chi difende incondizionatamente il politicamente corretto, chi lo sostiene con le dovute riserve, come abbiamo detto qui, e chi grida addirittura alla dittatura all’inno di “ormai non si può scherzare più su nulla”, la verità – come sempre – va cercata nel mezzo. La discriminazione, e ogni insulto verso le minoranze, non possono più essere tollerati. Continuare a creare dei prodotti seriali intrisi di stereotipi e battute offensive non è solo anacronistico, ma è giustamente inammissibile. Tuttavia il politically correct, che nasce con degli intenti lodevoli, presenta dei limiti, soprattutto quando sfocia nella cancel culture e nel revisionismo storico, modificando o mettendo sotto processo dei prodotti di epoche passate, come è accaduto a Seinfeld. Questa è una tematica interessante che The Chair, lo show con Sandra Oh (qui la nostra recensione) affronta con intelligenza ed estrema sensibilità. La libertà di espressione va tutelata, ma solo quando mira a sensibilizzare la società e a intavolare un dibattito propositivo. La libertà di espressione, infatti, non significa mai libertà di insulto. Vediamo quindi 10 serie tv accusate ciecamente di comportamenti razzisti e sessisti senza tenere conto del contesto e del messaggio che trasmettono.

Fino a che punto possiamo spingerci in nome dell’inclusività? A cosa serve la censura? È lecito accusare dei prodotti seriali, come Seinfeld, che non nascono per offendere e sono il frutto di una mentalità del passato? Capiamolo insieme.

Seinfeld (1989 1998)

Seinfeld

Jerry Seinfeld e Larry David (Curb Your Enthusiasm) – i creatori di Seinfeld – detestano il politically correct, ma ancora di più, il velo d’ipocrisia che spesso lo avvolge. Seinfeld, una serie tv di 9 stagioni trasmessa dalla NBC, è figlia degli anni ’90 e ancora oggi è considerata una delle sitcom più rivoluzionarie di tutti i tempi. Eppure negli ultimissimi anni la serie tv è stata accusata di qualunque cosa finisca per “ismo”, come razzismo, sessismo e omofobia. I millennials in particolare si sono scagliati contro le sue battute, come quella della famosa “zuppa nazista”, quelle sulle relazioni omosessuali e su quasi tutto ciò che esce dalla bocca di Costanza. Lo show vede protagonista una versione romanzata dello stesso Jerry Seinfeld e narra la sua vita insieme ai suoi tre amici: appunto George Costanza (Jason Alexander), l’ex fidanzata Elaine Benes (Julia Louis-Dreyfus) e il vicino di corridoio, Cosmo Kramer (Michael Richards). Il condominio, situato nell’Upper West Side di Manhattan, fa da sfondo al “racconto sul nulla” – come è stato definito – focalizzando senza filtri l’attenzione sui dettagli più minuziosi della vita quotidiana, svelandone i cortocircuiti e le ipocrisie. La comicità dissacrante di Seinfeld che nasce da questi presupporti (gli stessi da cui nascerà Curb Your Enthusiasm nel 2000) non poteva certo risparmiarsi. In un articolo, Salon ha censito i 10 episodi più offensivi di Seinfeld (01×02, 03×07, 04×19, 04×16, 05×16, 06×16, 06×04, 06×22, 09×15, 09×20) che sottolineerebbero la mancanza di inclusività e quanto i protagonisti si muovano per il mondo totalmente ignari del loro privilegio bianco; ma anche il loro atteggiamento reazionario, l’ostilità nei confronti delle donne e nessun rispetto per le minoranze. In alcune occasioni la NBC ha dovuto scusarsi pubblicamente, come per l’episodio 09×20 dove Kramer calpesta una bandiera portoricana in fiamme, provocando una rivolta. Le accuse non sono del tutto infondate, ma ignorano ciecamente sia il contesto e i toni comici da cui nascono le gag che il periodo storico-culturale e la sensibilità degli anni ’90.

Seinfeld, un prodotto satirico degli anni ’90, può essere giudicato con i parametri socio-culturali attuali?

The Simpsons (1989 – in corso)

The Simpsons

I Simpson hanno sollevato spesso qualche polverone, ma “il problema con Apu” è forse quello tra i più ingiusti. Tra il 2017 e il 2018, il personaggio di Apu Nahasapeemapetilon ha rischiato la cancellazione a seguito delle polemiche che lo definivano una “caricatura razzista”. Il sensibile e un po’ truffaldino proprietario del Jet Market, che tutti amiamo, è finito al centro della polemica quando il comico indiano, Hari Kondabolu, nel suo documentario intitolato The problem with Apu, ha accusato lo show di aver rappresentato in maniera stereotipata sia il personaggio che l’intera comunità indiana. Secondo i suoi detrattori, Apu incarnerebbe i cliché più biechi sugli indiani, deridendoli per l’accento e per la gestualità, per i loro modi al limite del servilismo e per l’indole furfantesca. I Simpson non hanno mai avuto l’intenzione di offendere nessuno, infatti, dopo le polemiche hanno cercato di rimediare con un episodio dove Marge, mentre legge una favola a Lisa, si accorge della presenza di molti stereotipi e cerca di modificarli, consapevole che mentre un tempo questi erano innocui, oggi sono culturalmente inaccettabili. Il tentativo non funzionò, il producer Adi Shankar lanciò perfino un concorso per trasformare il personaggio di Apu in un ritratto autentico della comunità indiana. Ma il politicamente scorretto è l’ossatura della comicità satirica di Matt Groening e lo stigma razzista non si addice proprio alla filosofia de I Simpson che, al contrario, si è sempre dimostrata sensibile verso i temi sociali e una paladina del pensiero critico. Lo show, come Seinfeld, si avvale con intelligenza dello stereotipo e non vuole restituire una visione positiva e realistica degli USA ma, con toni esagerati e tragicomici, vuole passare al setaccio le increspature e le ineguaglianze sociali che oggi purtroppo ancora serpeggiano nel Paese.

Game of Thrones (2011 – 2019) *attenzione seguono spoiler*

Game of Thrones

Dopo la conclusione dell’ultima stagione di Game of Thrones, oltre alle polemiche sul series finale, sono arrivate numerose critiche che puntavano il dito contro la mancanza di diversità etnica della storia. La stessa Nathalie Emmanuel – Missandei – ha dichiarato a British Vogue che lo show creato da David Benioff e D. B. Weiss avrebbe potuto fare di meglio in termini di inclusività e che la mancanza di diversità ha reso la morte del suo personaggio ancora più dolorosa. Missandei e Grey Worm sono in effetti gli unici due personaggi di rilievo a farsi portavoce di tante minoranze etniche e questo, a suo avviso, non si addice a un grande show. La serie cult tratta dalle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin è un racconto di fantasia, anzi di fanta-politica. Non ha nessuna pretesa di veridicità storica eppure il mondo immaginario in cui si muovono i personaggi mantiene un sapore alto-medievale europocentrico. L’universo di Game of Thrones è brutale e spietato, come di certo lo erano i tempi dominati da popoli barbarici, da re e da intrighi di corte. La schiavitù e le disuguaglianze sociali fanno parte della narrazione che non può adeguarsi alla sensibilità attuale poiché sta raccontando una storia inventata, ma pur sempre ricalata su antiche dinamiche storiche. L’attrice ha anche ringraziato gli sceneggiatori per aver dato al suo personaggio un ruolo più centrale rispetto al romanzo originale. Questa abitudine, seppur lodevole, di riscrivere le storie per adattarle alla sensibilità attuale sottolinea in parte i limiti del politically correct. Finalmente viviamo in tempi in cui le lotte per abbattere le diseguaglianze e per restituire la voce rubata ai gruppi etnici generano dei risultati meravigliosi, ma il revisionismo è una pratica pericolosa. Non dovremmo mai alterare un prodotto artistico – per altro figlio degli anni ’90 – nel nome dell’inclusività, ma dovremmo dare più spazio a quei prodotti che nascono con la sensibilità attuale e sono autenticamente inclusivi; magari proprio quelle storie uscite dalle penne dalle stesse minoranze.

Scrubs (2001 – 2010)

Scrubs

Di recente anche Scrubs è stata travolta dalle polemiche sul presunto razzismo di tre episodi. Se la serie tv ideata da Bill Lawrence fosse una persona sarebbe sicuramente un clown dall’animo triste e dall’indole sensibile; un pagliaccio fragile che per 8 stagioni (più una) ci ha mostrato il risvolto agrodolce dell’esistenza umana. Tacciare Scrubs di razzismo è ingiusto perché dimostra di non saper cogliere lo spirito della serie. Hulu e il creatore stesso della comedy, a seguito delle proteste nate per l‘altrettanto ingiusta morte di George Floyd, per evitare le incomprensioni sui social nei confronti degli attori protagonisti, hanno deciso di cancellare tre episodi dello show: My Friend The Doctor, 08×03; My Jiggly Ball, 04×05; My Chooper Lived, 17×05. Il motivo è legato al blackface, una pratica che si riferisce al trucco teatrale che in certe epoche veniva utilizzato dagli attori caucasici per interpretare dei personaggi afro-discendenti, i quali non avevano il permesso di recitare. Oggi siamo tutti d’accordo nel ritenere questa pratica rivoltante. Il gesto di Hulu è ammirevole e dimostra un genuino sostegno alla drammatica vicenda che ha infiammato gli USA. Ogni atto discriminatorio e offensivo deve essere punito e non va mai giustificato, tuttavia, quello che succede nelle tre puntate incriminate – se si conosce un minimo la serie – non può essere inteso come un atto offensivo e non ha nulla in comune con l’orrenda pratica del blackface. Chiunque conosca J.D. e Turk è consapevole dell’amore viscerale che li lega e quanto i due vorrebbero vivere simbioticamente incollati l’uno all’altro. In uno dei tre episodi i due migliori amici si presentano a una festa di una confraternita uno con il volto dipinto di nero, l’altro con il volto dipinto di bianco. Nel secondo J.D. immagina Elliot, la sua ragazza, con i tratti di Turk e nell’ultimo Dorian immagina se stesso nei panni del suo BFF. Insomma, si tratta di tre gesti di amore platonico, puro e incondizionato, ingiustamente puniti da una cancel culture disattenta.

Community (2009 – 2015)

Community

Advanced Dungeons & Dragons è l’episodio 02×14 di Community che è stato rimosso a giugno del 2020 nel contesto doloroso delle proteste del Black Lives Matter. Anche per questa sitcom della NBC creata da Dan Harmon vale lo stesso discorso fatto per Scrubs. Hulu e Netflix, in accordo con i creatori dello show, hanno deciso di rimuovere l’intero episodio per la presenza di blackface. Come abbiamo detto per la serie di Bill Lawrence, la scelta è stata compiuta per dimostrare supporto alla comunità afroamericana e sostenere attivamente il movimento nato a seguito dell’assassinio di George Floyd. Una scelta ammirevole ma, anche in questo caso, ingiusta poiché non si tratta di un episodio razzista: l’etnia non viene in alcun modo chiamata in causa. L’episodio parla di bullismo, di depressione e di come un gruppo di amici si adoperi per trovare una soluzione e aiutare un amico in difficoltà. Ben Chang (interpretato da Ken Jeong) si traversate da un personaggio del noto gioco di ruolo fantasy, indossando una parrucca bianca e ricoprendosi il viso e il corpo di un colore molto scuro. Il personaggio però non sta interpretando un uomo afro-discendente bensì un elfo oscuro sotterraneo, o un drow, che vuole insidiarsi nella psiche di Brutalitops il Mago. Prontamente Shirley (Yvette Nicole Brown), vedendolo, definisce la trovata di Chang un “crimine d’odio”. Tuttavia questo gesto non può essere considerato un atto offensivo verso una particolare etnia poiché gli elfi di colore scuro sono stati creati negli anni ’70 nel mondo di Dungeons & Dragons per essere distinti dagli elfi di colore chiaro. Gli stereotipi etnici e di genere hanno sicuramente contaminato molti prodotti fantasy, soprattutto quelli nati tra gli anni ’70 e ’80, ma questo è un discorso complesso che meriterebbe un approfondimento a parte.

Mad Men (2007 – 2015)

Mad Men

La monumentale Man Men si aggiunge alla lista di quelle serie tv che come Scrubs e Community, a seguito delle proteste, hanno subito delle accuse ingiuste per la presenza di contenuti giudicati razzisti. L’episodio che nel 2020 rischiava di essere rimosso è il 03×03, intitolato My Old Kentucky Home, dove Roger Sterling, durante la sua festa di compleanno in un country club, dedica una serenata alla moglie con il volto truccato di colore scuro, alludendo così alla già citata pratica di blackface. La puntata non è stata cancellata poiché la serie tv proprio in quell’anno è passata da Netflix ad Amazon Prime Video. Invece di rimuovere l’episodio, la piattaforma di Jeff Bezos ha optato per uno stratagemma tutto sommato intelligente, apponendo un avviso prima della puntata:

Questo episodio contiene immagini disturbanti legate al razzismo in America. Uno dei personaggi è mostrato in blackface in un episodio che mostra quanto il razzismo fosse comune in America nel 1963. Facendo affidamento sull’autenticità storica, i produttori della serie si sono impegnati a mettere in rilievo le ingiustizie e iniquità nella nostra società che continuano ancora oggi, affinché possiamo esaminare anche le parti più dolorose della nostra storia, in modo da riflettere su chi siamo oggi e chi vogliamo diventare. Presenteremo perciò l’episodio nella sua interezza.

Per chi conosce la splendida serie creata da Matthew Weiner, il disclaimer e le polemiche da cui nasce sono inutili perché basterebbe una manciata di puntate per rendersi conto che Mad Men è il ritratto accurato e veritiero di un’America passata, purtroppo fortemente sessista e razzista. Uno dei pregi della serie tv è proprio quello di aver restituito una narrazione storica molto fedele e tristemente autentica di un’era tramontata (anche se alcune eco razziste ancora permangono). Per usare le parole dello storico Alessandro Barbero: studiare qualcosa non equivale a celebrarla. La storia va letta senza il filtro della sensibilità attuale e con le dovute distanze del caso. Quello che viene raccontato in Mad Men non deve essere preso a modello, ma ci aiuta a capire cosa eravamo in passato e cosa siamo diventati oggi. L’unico antidoto all’immaturità critica è la cultura.

Uno spettatore culturalmente maturo capisce che quanto vede in Mad Men, e in Seinfeld, è il ritratto dei tempi andati e non si sente offeso, anzi forse è sollevato poiché quanto vede è stato finalmente superato.

The Office (2005 – 2013)

The Office

Il remake US dell’omonima serie creata da Ricky Gervais è finito più volte nel mirino del politically correct più intransigente. Michael Scott – non importa quanto siamo affezionati a lui – è stato concepito per essere un personaggio omofobo, ignorante, razzista e inappropriato. È l’incarnazione di ogni stereotipo esistente e ridere della sua insensibilità significa aver capito di essere al cospetto di un individuo dalla mentalità retrograda, ancora dura a morire, che in nessun modo va emulata. Un meccanismo che ricorda Costanza in Seinfeld. Nel corso degli anni numerosissime gag sono state giudicate anti-asiatiche, in generale razziste, e sessiste. Ma sono due gli episodi che hanno subito delle modifiche e le accuse più ingiuste. Il primo è l’episodio 09×09, Dwight Christmas, dove Dwight si traveste per convincere i colleghi a celebrare un Natale in accordo alle sue tradizioni. Il travestimento di Dwight in Belsnickel e di Nate nel cosiddetto Black Peter (Zwarte Piet) è una citazione culturale che attinge al folclore dei paesi di origine germanica; ad esempio Zwarte Piet fa parte della festa annuale di San Nicola che veniva celebrata in diversi Paesi dell’Europa centrale. Eppure la sua scena è stata modificata nel giugno del 2020 per placare le polemiche nate dopo i fatti che hanno innescato il Black Lives Matter. Il secondo episodio è quello in due parti, il 03×10 e 11 intitolato Benihana Christmas, in cui Michael e Andy invitano alla festa di Natale due cameriere di origine asiatica. Le battute incriminate nascono dall’equivoco che vede Michael incapace di distinguere le donne l’una dall’altra, tanto da segnare con un pennarello il braccio della ragazza a cui è interessato. Le polemiche sono nate però dopo anni dalla messa in onda dell’episodio quando Kathrien Ahn, l’attrice che interpreta una delle due cameriere, ha dichiarato che al tempo era ignara di recitare in un episodio che ridicolizza il suo personaggio e, di conseguenza, la comunità asiatico-americana. È triste offendere qualcuno, ma in quell’episodio non ridiamo né della cameriera né della comunità etnica (verso le quali invece ci troviamo a solidarizzare), ma ridiamo della stupidità e della grettezza di Michael Scott. Come ha fatto notare un utente su YouTube:

Sono un ragazzo di colore e trovo questa scena (Black Peter) esilarante. The Office è volutamente spigolosa, le persone non dovrebbero indignarsi. In fondo gli autori lo fanno con tutto, dalle donne ai gay, dal maschio bianco americano all’indiano: dobbiamo tutti prendere queste battute con più calma.

The League of Gentlemen, Little Britain e The Mighty Boosh

The League of Gentlemen

La tripletta citata è la sfortunata combo di serie tv rimosse interamente da Netflix dal suo stesso catalogo per evitare ogni sorta di polemica. Per questi prodotti la piattaforma non si è limitata né a rimuovere le puntate incriminate (quelle che contengono diversi episodi di blackface e sketch reputati razzisti) né a inserire un avviso per far capire lo spirito e le motivazioni di tali gag comiche che non nascono mai per essere offensive. Invece ha optato per la cancellazione drastica delle tre serie tv. Tutto ha inizio con The League of Gentlemen, una sitcom britannica del 1999 dai toni horror e dal gusto surreale. Come hanno dichiarato sia gli autori che gli attori della serie, il personaggio di Papa Lazarou – che appare in diversi episodi della seconda stagione – non rappresenta in alcun modo un uomo afro-discendente, ma un clown truccato per evocare gli incubi più profondi del nostro subconscio. Dopo la cancellazione dell’intera serie, avvenuta sempre nel 2020, Netflix ha deciso di eliminare dal suo catalogo tutti quei prodotti che avrebbero potuto far sorgere le stesse polemiche, come Little Britain (2003) e The Mighty Boosh (2004). La maggioranza della critica ha definito la mossa della piattaforma come un gesto arbitrario che fa poco o nulla per combattere attivamente il razzismo e che, invece di promuovere il dialogo, ricorre alla censura.

Friends (1994 – 2004)

Friends e Seinfeld politically correct

La co-creatrice di Friends, Marta Kauffman, recentemente si è espressa dopo le numerose polemiche che accusavano una delle sitcom più amate del mondo occidentale della mancanza di diversità del cast; insomma, le stesse polemiche che hanno travolto Seinfeld. La sensibilità attuale, ovviamente, ci porta ad ammettere oggettivamente che Friends (sebbene abbia molti meriti) non sia una serie inclusiva che rispecchia in maniera realistica il melting pot statunitense e la New York degli anni ’90. I protagonisti, infatti, appartengono a delle classi sociali mediamente agiate e sono tutti di etnia caucasica. “Friends è, in una certa misura, un prodotto televisivo figlio del suo tempo e della mia ignoranza”, ha dichiarato la co-creatrice, che aggiunge: “c’erano show neri e c’erano show bianchi e non c’erano molte serie tv interrazziali”. L’ammissione di colpa di Marta Kauffman è ammirevole e l’autrice ha indubbiamente ragione nel descrivere la sensibilità degli anni ’90 poco attenta alla questione multietnica ma, come ha ben detto, si tratta di un prodotto del passato. Quanto è giusto, e utile, fare il processo alla storia e assumersi delle colpe in maniera retroattiva? Friends è figlia di un’epoca fortemente influenzata da una mentalità razzista. Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo guardarlo con distacco e spirito critico per capire i progressi che abbiamo fatto e gli errori che non dovremmo più ripetere e, nel farlo, possiamo continuare a godere di un prodotto comico di qualità.

Friends e Seinfeld sono figlie di un’epoca, purtroppo, permeata da una mentalità razzista che non possiamo né cambiare né censurare.

How I Met Your Mother (2005 – 2014)

How I Met Your Mother e Seinfeld politically correct

Allontaniamoci dalle polemiche a sfondo etnico (che la sitcom ha comunque attirato negli ultimi due anni) e concentriamoci su quelle di stampo sessista. Barney Stinson, uno dei personaggi più amati di How I Met Your Mother, è finito sotto accusa per essere “il solito maschio, bianco, etero, cis” che sedurrebbe con la menzogna e non avrebbe nessun rispetto per il genere femminile. Una polemica ingiusta, proprio come quelle rivolte a Seinfeld, che ignora sia la storia che l’evoluzione del personaggio. A finire nel turbinio delle polemiche nate a seguito del movimento Me Too è l’episodio 04×09, The Naked Man. Mitch riesce a sedurre Robin facendosi trovare nel suo appartamento completamente nudo quindi Ted, Lily e Barney cercano di emulare la sua tecnica, denominata appunto ” la tecnica dell’uomo nudo”. Ted e Lily riescono nell’impresa mentre Barney, contro ogni aspettativa, fallisce. L’episodio è esilarante, soprattutto per il “fallimento” di Barney, colui che viene accusato di essere un impenitente latin lover! Forse è proprio questa la chiave di lettura per interpretare correttamente lo spirito dell’episodio che in nessun modo vuole incoraggiare a emulare questa tecnica di seduzione che, in un contesto differente, rappresenterebbe una molestia. Secondo i suoi detrattori, Barney – e insieme a lui tutte quelle sitcom giudicate maschiliste – incoraggerebbero dei comportamenti sbagliati che violano il consenso. “Mentire per fare sesso non è una cosa da ridere, ma è un reato” come suggerisce una proposta di legge americana che vorrebbe introdurre l’aggressione sessuale mediante frode. Il dibattito del Me Too è giusto e condivisibile, ma tal volta le frange più estremiste rischiano di alimentare delle steriche polemiche che incitano all’incomprensione senza prendere in considerazione il contesto comico in cui avviene una gag e il suo messaggio.

Fino a che punto censurare e accusare delle serie tv comiche, come Seinfeld, può aiutare una causa, anche se giusta?

How I Met Your Mother, così come Seinfeld, non incoraggiano atteggiamenti violenti, omofobi e irrispettosi. Non si prendono gioco delle minoranze, anzi, le difendono mentre mettono sotto la lente di ingrandimento tutti quei cortocircuiti sociali per indurci a riflettere sull’assurdità di atteggiamenti discriminatori e di mentalità offensive.

Le parole sono importanti perché contribuiscono a creare cultura. Tuttavia non dovremmo mai cancellare il passato o censurare dei prodotti artistici nel nome dell’inclusività, ma dovremmo piuttosto lavorare per rendere la società autenticamente inclusiva.

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