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7 finali di stagione nelle Serie Tv che sono stati più emozionanti del finale stesso

Che si tratti di storie lunghe, lunghissime, o per nulla durature, ciascuna serie tv si caratterizza per un percorso unico e una storia propria. Ciò nonostante, ci sono alcuni risvolti che possono accumunare le sorti di diversi titoli. In questo caso, é possibile affermare che non sempre gli epiloghi degli show per la televisione sono all`altezza delle aspettative, o alla pari della medesima tensione che la struttura ha portato avanti nel corso degli episodi. Dunque, può accadere che la costruzione stessa di ciascuna stagione sia differente e si doti di un tessuto emozionale altalenante. Proprio per questa ragione, abbiamo pensato di ripercorrere insieme alcuni dei finali di stagione che, a fronte dell`effettiva conclusione delle serie tv in questione, sono stati capaci di intrattenere ed emozionare senza eguali, soprattutto proprio se confrontati con il concreto ultimo episodio dello show. Le motivazioni che possono portarci a pensare ciò sono disparate: da un pratico e progressivo calo qualitativo del prodotto (per storia o messa in scena), a un più banale finale affrettato, condensato, o esteso in un lasso temporale più breve o più lungo rispetto a quanto originariamente pensato. Altre volte, semplicemente una storia avrebbe dovuto avere il coraggio di chiudere in tempo. Di seguito proviamo a ripercorre assieme alcuni dei casi recenti più eclatanti, a partire dalla sitcom statunitense Scrubs fino all’altalenante storia di Game Of Thrones.

Non c’è scampo per nessuno: che si tratti di comedy o di drama series, ciascun genere può essere coinvolto in questa argomentazione.

1) Scrubs

scrubs

Capire quando fermarsi è cruciale per le sorti di una storia, ed è proprio per questo che cerchiamo sempre di dimenticare l’esistenza della nona stagione di Scrubs. Il modo con cui l’ottava era terminata era completo e generalmente soddisfacente, portando alla conclusione tutte le principali storyline, soprattutto quella dello storico protagonista J.D.. In una commistione di nostalgia e speranza, l’epilogo di Scrubs è commovente e leggero come solo Scrubs sa essere in tutta la sua essenza. Insieme ai personaggi che abbiamo amato per così tante puntate, guardiamo a un futuro che pare essere luminoso, se non fosse che torniamo ancora una volta al fittizio Sacred Heart Hospital. Il diciottesimo episodio dell’ottava stagione di Scrubs (My Finale) era infatti stato concepito come epilogo ufficiale e definitivo dello show, ciò nonostante, la storia è stata poi rianimata per una nona produzione con addirittura l’innecessaria introduzione di nuovi membri al cast principale. In questo ritorno, Scrubs è presente nel titolo e in alcuni volti già noti, ma la sua anima è in realtà snaturata: riprende alcune delle sue dinamiche e delle sue figure, ma poste in un altro contesto (quello di una scuola di medicina) e così facendo punta su nuovi caratteri non altrettanto intriganti e pare addirittura perdere il brillante umorismo con la quale ci aveva conquistati fino alla sopracitata ottava stagione.

Proprio perché My Finale è stato un episodio pienamente ed emotivamente risolutivo, andare avanti con Scrubs e farlo in un modo così poco convincente non fa altro che inacidire il nostalgico e dolce ricordo che conserviamo per uno show confortante e tagliente come Scrubs.

2) The 100

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E’ ormai idea comune e generalmente condivisa quella per la quale la serie sci-fi della CW The 100 sia stata oggetto di un calo evidente sotto diversi punti di vista. Il percorso in totale discesa dello show ha condotto fino a una settima stagione che ha deluso le aspettative dei più con un finale assolutamente non all’altezza dell’intrattenimento e della complessità di cui i primi capitoli si sono dotati. In particolare, se proprio vogliamo dirla tutta, il picco massimo di The 100 è stato raggiunto con la quinta stagione. Qui, con una storia cruda e spietata attraversata dall’eterno dilemma tra umanità e sopravvivenza, la serie tv ha proposto una delle antieroine più interessanti del panorama televisivo degli ultimi anni: Octavia e la sua involuzione in Blodreina, leader controversa di un popolo allo sbaraglio e nemesi di sé stessa.

Non solo la quinta stagione di The 100 si caratterizza per una trama intrigante e avvincente, ma il finale stesso di questa parte della sua storia è emozionante e giusto. Il sacrificio e la scelta che Monty e Harper compiono è simbolo di grande umanità e altruismo. La coppia che si era sempre e con fermezza opposta a qualsiasi tipo di scontro bellico trova finalmente la pace nella decisione di non immergersi nel cryosonno insieme ai compagni. Così facendo, i due hanno vissuto quel che resta della propria esistenza soli, ma insieme. Hanno dato alla luce Jordan e hanno cercato un nuovo pianeta abitabile per il resto dell’umanità. Quando Clarke, Bellamy e gli altri si svegliano, il video con cui il buon vecchio Monty dà loro la dolceamara notizia è straziante. C’è possibilità di nuova vita per il gruppo, ma questa chance di redenzione non includerà il compagno che è stato al loro fianco dal primo episodio.

Can you see it? Is it beautiful? It is in my dreams. I hope we do better there. I hope Jasper was wrong and we aren’t the problem. I hope your lives there will be as happy as mine has been. Be the good guys. May we meet again.

Il finale della quinta stagione è aperto ma in un modo comunque completo, capace dunque di assumere le vesti di un epilogo complessivo dello show che funziona più di quanto il caotico finale di The 100 non sia stato. Tra direzioni inattese per personaggi cardine della serie e scelte narrative non molto chiare e stabili, il titolo non ha avuto la conclusione che i fan si sarebbero meritati. Di certo sarebbe stato più giusto concludere con la struggente immagine di Clarke e Bellamy che guardano con speranza e terrore al nuovo pianeta, piuttosto che vederli pugnalarsi alle spalle in uno scontro mortale.

3) Shameless

Shameless 9x14

Del dibattuto finale di Shameless si è discusso approfonditamente. L’epilogo effettivo della dramedy di Showtime non è complessivamente pessimo, se non fosse che una conclusione più soddisfacente e piena viene proposta nella 09×14. L’addio di Fiona è l’uscita di scena di un personaggio che per ben nove stagioni ha portato sulle proprie spalle un’intera famiglia e buona parte delle trame di cui lo show si compone. Fiona è il cuore di Shameless e la sua dipartita, agognata e dolceamara, ha segnato un punto di non ritorno, soprattutto dal punto di vista narrativo. La tormentata storia della famiglia Gallagher ha poi proseguito imperterrita la sua irriverente direzione per altre due stagioni senza l’iconica figura di Emmy Rossum. Per giungere a un epilogo soddisfacente ma non emozionante tanto quanto vedere la primogenita trovare finalmente il coraggio di fare i bagagli e lasciare quel materno e limitante South Side di Chicago in cui ha sempre vissuto.
Nel corso degli anni Shameless è stato al centro di un flusso creativo altalenante che ne ha mutato spesso la linea editoriale e narrativa pur mantenendo un certo tono provocatorio e carattere esplicitamente crudo. E il finale della undicesima stagione non è da meno. La morte di Frank pesa, ma è in qualche modo citofonata e si caratterizza per una paradossale leggerezza d’animo da parte dei personaggi che permea l’intera atmosfera del sereno epilogo aperto per metà dello show stesso. Un finale godibile ma amaro proprio perché, tra le altre cose, pesa proprio l’assenza della sua protagonista indiscussa: Fiona Gallagher.

Non ci sono eguali, nessun finale di stagione di Shameless farà male e bene tanto quanto vedere la Rossum indossare per l’ultima volta i panni di Fiona. Col tempo abbiamo amato, odiato, e amato e odiato Fiona, ma è inevitabile il contributo di questa alla scombussolata storia dei Gallagher. Vederla abbracciare speranzosa il nuovo futuro, ma comunque lasciare parte dei soldi ai fratelli, è una boccata d’aria fresca e un nostalgico punto di svolta per una serie che nelle sue undici produzioni totali ha dato tanto, ma che avrebbe forse dovuto fermarsi un po’ prima.

4) The Bold Type

bold type

The Bold Type è uno show confortante, irriverente, leggero e impegnato. Capace di intrattenere in maniera trasversale, purtroppo non ha però mai goduto di un’eccessiva popolarità che ne permettesse la facile sopravvivenza nell’ostile e fugace panorama digitale e seriale. A galla per miracolo fino al suo epilogo, a causa della situazione pandemica da Covid-19, la storia ha subito una contrazione di cui ne ha inevitabilmente risentito la quinta e ultima stagione. In un finale affrettato e condensato in sole sei ultime puntate, pur proponendo chiusure stabili e coerenti con il percorso narrativo di ciascun main character, la trama sembra banalizzarsi al netto di una storia ricca e coinvolgente nonostante i confortanti cliché da romcom. Proprio in virtù del frettoloso chiudersi della 05×06, è più che legittimo pensare che The Bold Type sia stato capace, nelle sue precedenti produzioni, di offrire dei finali di stagioni più emozionanti e coinvolgenti rispetto a quello proposto nel suo capitolo conclusivo.
Ad esempio, lo stesso modo in cui la prima stagione giunge al termine è d’impatto emotivo non indifferente: definisce finalmente in maniera chiara la vera direzione dello show. La forte caporedattrice della fittizia Scarlet, Jaqueline, si libera di un peso che ha portato su di sé per troppo tempo e con ciò, la serie dimostra di non assumere soltanto le forme di una commedia rosa. The Bold Type ha intenzione di provocare e impegnare in ragionamenti e dilemmi attuali non sempre scontati e/o inflazionati. La sequenza in cui, Jaqueline, decide di esporsi pubblicamente e comunicare dichiarare d’esser stata vittima di violenza sessuale è incisiva e inattesa.

Se paragonato ad altri finali citati fino a questo momento, quello di The Bold Type non è assolutamente classificabile come pessimo: semplicemente non è al pari di quanto la serie ci abbia col tempo permesso di godere, decidendo piuttosto di optare per la strada rapida e sicura del finale aperto. In questo caso, il titolo avrebbe tranquillamente potuto proseguire per ancora molte altre stagioni, grazie al florido terreno creativo di cui la sua struttura si dota. Purtroppo però, qui la situazione si compone di sfortunate circostanze che ne hanno limitato l’ottima riuscita per la serie di Freeform.

5) 13 Reasons Why

13 Reasons Why

Come per Scrubs, una serie tv che avrebbe dovuto avere la decenza e il coraggio di fermarsi prima, anzi proprio all’inizio, è 13 Reasons Why. Partita come teen drama capace di rivoluzionare il panorama del genere e come titolo trasversale e lucidamente ruvido, la miniserie é stata estesa ed ha perso l’appeal tossico e moralistico di cui si dotava nelle giuste dosi. Fino a diventare un’accozzaglia di cliché e intenti dall’etica eccessivamente oltre gli standard dei toni della produzione, il titolo avrebbe dovuto piuttosto fermarsi al meritato successo della sua prima (e inizialmente unica) stagione. La storia di Clay e dei suoi controversi compagni di scuola è stata protratta al punto da perdere ogni traccia di credibilità e fino ad assumere i panni di un banalissimo show per la tv che si prende troppo sul serio. Seppur con le sue pecche, il primo vero epilogo di 13 Reasons Why è completo e credibile nella sua incompletezza. Il cerchio si chiude, sappiamo cosa Hanna ha dovuto attraversare e sappiamo che ci saranno delle conseguenze per le persone che l’hanno spinta a compiere il fatale gesto. Ma mai ci saremmo aspettati di vedere tutte queste ulteriori puntate colme di innecessarie scene di violenza, morte, e adolescenti tormentati da quanto accaduto. Una storia che proprio a fronte dell’eccessiva esagerazione e prolissità della sua trama è indigesta al punto da proporre un epilogo vacillante e non godibile al netto di un prodotto snaturato e riadeguato ogni qual volta alle esigenze narrative e agli sviluppi che tanto puntano sul cliffhanger e sull’effetto scioccante.

6) Master Of None

New York

I finali aperti sono sempre un’arma a doppio taglio, nel caso dello show di Aziz Ansari Master Of None, questa scelta funziona in maniera sublime. Il finale della seconda stagione è stato per più di tre anni il modo con cui la serie tv stessa era terminata. Un cerchio chiuso con una storia interrotta, ma talmente emozionante e delicato da costituire comunque un epilogo giusto. Raggiunto il suo climax, la serie – per una ragione o per un’altra – pareva essersi ufficialmente fermata. Lo scorso maggio però, ha fatto il suo ingresso nel catalogo digitale di Netflix una terza stagione totalmente destabilizzate rispetto a quanto il titolo era stato per le due produzioni precedenti. Non troviamo più l’insoddisfatto e paranoico Dev: il focus è spostato su uno dei personaggi di supporto alla sua storia. Master Of None nella sua terza stagione diviene uno show più pretenzioso di quanto fosse e potesse permettersi, Ansari ha delle grandi doti da sceneggiatore e direttore e ce le mostra tutte in cinque episodi che danno vita a Master Of None: Moments of love. Qui la protagonista è Denise, alle prese con la vita privata e di coppia al fianco della fidanzata. L’amore è imprevedibile e complicato: togliere per avere, e la serie tv ce lo ricorda prepotentemente con scelte narrative amare. Pur essendo un lavoro dalla grande qualità, la direzione intrapresa è diversa e molto più fredda per storia, rappresentazione e umorismo (quest’ultimo totalmente assente) rispetto al prodotto originale, tanto da non riuscire a proporre un finale emozionale e sofferto tanto quanto quello che vede Dev e Francesca capirsi, cercarsi, perdersi, e ritrovarsi.

7) Games Of Thrones

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Un altro caso di drastica involuzione é evidente nelle ultime due stagioni di Game Of Thrones: partendo come promettente e avvincente, nella sua lunga e travagliata storia il titolo ha finito per avere un epilogo deludente e non all’altezza di quanto proposto in principio. La conclusione dello show HBO é senza dubbio una delle più discusse nel panorama seriale, con dei risvolti che hanno confermato la pessima direzione intrapresa nella settima e ottava produzione. Avendo deluso le aspettative dei più ed essendo ciascun finale delle prime sei stagioni oggettivamente buono, a confronto, la conclusione definitiva di Game Of Thrones é inferiore a livello emotivo e qualitativo, se non proprio pessima. Nei capitoli precedenti, gli ultimi episodi sono accomunati da dinamiche che, in un modo o in un altro, portano a dei climax completi e risolutivi: l’epilogo di ciascuna stagione (fino alla sesta inclusa) conduce alla conclusione di ciascun arco narrativo del segmento in questione e, allo stesso tempo, lascia elementi capaci di proiettare a quanto accadrà nelle produzioni successive.

In particolare, tra i tanti si distinguono sotto molteplici punti di vista (narrativo e scenografico soprattutto) i finali della quarta e sesta stagione. Questi sono già di per sé buoni, in aggiunta, hanno contribuito a fare di Game Of Thrones il titolo di culto che é stato ed é tutt’ora nel mondo delle serie tv e della cultura pop. Nello specifico, nella 04×10 lo show si impone in definitiva come titolo di punta del broadcaster e conferma ufficialmente la grande qualità tecnica e narrativa dimostrata in precedenza. Il duello che vede contrapporsi Brienne e il Mastino é tra i più significativi e coinvolgenti tra quelli intercorsi tra i cavalieri de Il Trono Di Spade. In una commistione di emozioni e plot twist, le diverse storyline trovano una propria collocazione e un punto di snodo da cui sono inevitabilmente segnate: tradimenti, nuovi inizi, inattese scoperte e colpi di scena (come quello che vede Jamie Lannister liberare il fratello Tyrion, che a sua volta uccide il padre Tywin) che influenzano per sempre le sorti della storia. Nell’episodio dal titolo The Children, tutta la tensione accumulata nel corso della stagione é sprigionata e assume finalmente una forma concreta nel punto di arrivo e nuovo inizio per ciascun personaggio. Come anche e soprattutto nel finale della sesta, questi sono epiloghi calibrati, completi, coerenti e non scontati, a differenza della controversa vera conclusione della serie tv. Nell’ottava stagione molte delle scelte narrative sono prevedibili, azzardate e affrettate, rendendo dunque i precedenti finali di stagione decisamente migliori del modo con cui l’ottavo e ultimo capitolo si chiude. Sarà colpa delle aspettative alzate sempre di più da quanto avvenuto e visto in precedenza, ma più il tempo passa e più cerchiamo, in nome dell’amore per il Game Of Thrones del passato, di dimenticare la deludente sorte dello show, dei suoi complessi intrecci, e dei suoi tormentati personaggi.

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