In un mercato audiovisivo in cui l’intrattenimento seriale si caratterizza per una sovrabbondanza di offerta in continua crescita e per una competizione non indifferente, è un’usuale conseguenza che alcuni contenuti vengano sovrastati. Nello scenario digitale attuale sussistono diverse serie tv che, nonostante il potenziale espresso nelle proprie produzioni, non riescono a scampare il pericolo della cancellazione. Seppur alcuni titoli si dotino di elementi generalmente rafforzativi, questi sembrano non essere sufficienti per catturare il grande pubblico od ottenere una seconda chance dal broadcaster o dalla piattaforma di riferimento. Di seguito dunque vengono illustrate cinque serie televisive che, nonostante non siano state rinnovate dopo poche stagioni, presentano comunque una dinamica intrigante o altri fattori determinanti che ne valgono la visione anche a fronte di una trama lasciata amaramente a metà. A partire dal titolo Netflix Mindhunter, pur non offrendo una storia completa e autoconclusiva, questi meritano a ogni modo la fruizione, e ciò la dice lunga sul fascino e sulla qualità di cui si arricchiscono.
In aggiunta, è interessante notare come buona parte degli show citati sia prodotto e distribuito in streaming. E altrettanto notevole il fatto che tre dei cinque portati all’attenzione sia stato lanciato e cancellato dal colosso Netflix. Seppur il servizio di subscription video on demand di Reed Hastings sia noto per la grandezza di alcune sue produzioni e per la ricchezza del suo catalogo virtuale, è anche vero che questi instaura un rapporto marcatamente distante con diversi suoi titoli. Ne consegue una più semplice eventuale decisione di negarne il rinnovo. Proprio per questo, nonostante i numerosi successi, il gruppo californiano si denota anche per tante sfide abbandonate dopo veramente poco.
1) High Fidelity (Hulu)

High Fidelity è una serie tv del servizio streaming statunitense Hulu e composta, a malincuore, soltanto da una stagione. Trasposizione seriale dell’omonimo romanzo del 1995 e, successivamente, lungometraggio del 2000, si tratta di una commedia romantica in cui la musica permea ogni articolazione: è movente e soggetto principale delle vicende amorose della protagonista, Robyn Brooks (Zoë Kravitz). Riadattato dal punto di vista femminile, a Brooklyn, la donna è proprietaria di un negozio di dischi in un’era in cui il digitale sta ormai prendendo sempre più piede, ma paradossalmente anche il vinile sta tornando di tendenza. Rob è una fan di musica a tutti gli effetti, di tutti i generi, ed è fissata con le liste dei Top 5. La sua mania di realizzare classifiche la porta, a seguito della chiusura dell’ennesima disastrosa relazione, a rompere la quarta parete e raccontare a noi spettatori la sua personale Top 5 dei rapporti più memorabili. Così facendo, la protagonista ricontatta i suoi cinque ex per capire che cosa non vada in lei e perché finisca sempre per essere lasciata. La serie tv si focalizza principalmente sulle vicende amorose fallimentari della malinconica ragazza: tra una delusione e l’altra l’unica costante sono i due amici, Simone e Cherise, e la musica stessa, meticolosamente catalogata e assaporata all’interno di playlist realizzate per ogni contesto. La protagonista racconta le sue imperfezioni attraverso le canzoni:
Making a playlist is delicate art. You get to use someone else’s poetry to express how you feel.
Alla ricerca di un senso e sull’orlo dell’apatia, la stilosa Rob ha come unico rifugio la musica e il suo buio appartamento.
High Fidelity è stata pubblicata su Hulu nel febbraio del 2020 e, dopo una sola stagione, è stata cancellata nell’agosto dello stesso anno nonostante un’accoglienza favorevole da parte della critica. Seppur non rinnovato, lo show è comunque denotato da un magnetico fascino nostalgico e da una storia che, anche se senza un vero epilogo, è a ogni modo dotata di un finale di stagione sufficiente a poterne apprezzare l’arco narrativo.
Mentre Zoe Kravitz è interprete principale dello show per la televisione, nel film originale da cui la serie tv è tratta compare sua madre, Lisa Bonet.
2) Sense8 (Netflix)

Quando si parla di cancellazioni imperdonabili è impossibile non citare il mancato rinnovo di quel che è stato uno degli errori più imputati a Netflix, Sense8. Di genere sci-fi e drammatico, è una serie televisiva creata da Lana e Lilly Wachowski e J. Michael Straczynski per la piattaforma stessa. La produzione si compone di un cast internazionale, con attori e ambientazioni di diverse parti del mondo. Gli otto personaggi principali vivono in otto città e stati differenti del globo e scoprono d’improvviso di essere dei sensate: individui che sono mentalmente ed emotivamente interconnessi. Sense8, tra azione e dinamismo, ritaglia anche del tempo per l’esplorazione di tematiche connesse all’identità, sessualità e valori politici. In particolare, è uno show che celebra l’amore. La connessione psichica che si instaura tra gli otto sconosciuti dà avvio all’articolarsi di una storia completa. Sense8 ha tutto: azione, scontri fisici ed esplosioni, riflessioni e critiche sociali, scene esplicite e scene di grande vulnerabilità, momenti empatici e drammatici. E’ estremamente avvincente e delicata.
A un mese dal rilascio della seconda stagione, nel giugno 2017, Netflix ne ha annunciato la cancellazione tra il disappunto e le proteste dei molti fan. Le obiezioni sollevate sui social network hanno portato il leader dello streaming digitale ad annunciare la realizzazione di uno speciale conclusivo della durata di ben due ore. La storia irrisolta ha così trovato almeno un epilogo, che però non è generalmente soddisfacente a fronte della contrazione che la trama ha subito proprio per trovare a ogni arco narrativo un termine di qualche tipo.
Pur essendo dotata di una conclusione al di sotto degli standard a cui le due stagioni avevano abituato, Sense8 rimane di certo una delle produzioni Netflix più interessanti e caratteristiche che rimpiangeremo sempre per l’aspro modo in cui è giunta al termine. Ciò nonostante, è ormai un titolo di qualità e di culto per la grande nicchia dei fruitori seriali che, per la umanità e per la capacità di coinvolgere della sua messa in scena, merita sicuramente la visione.
La cancellazione di Sense8 è dovuta soprattutto ai grandi costi che la produzione multinazionale necessitava, con location sparse per diversi continenti.
3) Mindhunter (Netflix)

Sono tutt’ora anomale le sorti del dramma psicologico di Netflix Mindhunter. Si tratta di uno show dagli elementi crime e thriller creato da Joe Penhall e basato sul libro del 1995 Mindhunter: Inside the FBI’s Elite Serial Crime Unit di John E. Douglas e Mark Olshaker. I volti principali della narrazione sono Jonathan Groff nei panni dell’agente speciale Holden Ford, Holt McCallany per il collega agente Bill Tench, e Anna Torv per l’insegnante di psicologia Wendy Carr. I tre sono impegnati della fondazione del Behavioral Science Unit nel FBI verso la fine degli anni Settanta. Lavorando su un nuovo metodo di indagine, quello della profilazione criminale, e sull’elaborazione di una nuova figura, quella del serial killer, i protagonisti studiano il comportamento umano e la devianza che spinge tali soggetti a compiere determinate scelte e azioni. Il team porta avanti il proprio progetto visitando diverse prigioni statunitensi col fine di intervistare i serial killer in questione, presentando sullo schermo dei pluriomicidi esistiti realmente e macchiatisi di atroci crimini, come David Berkowitz, Dennis Rader, e Charles Manson. Con l’obiettivo di applicare a casi pratici non ancora risolti le rilevanze psicologiche emerse dall’interazione coi detenuti, i personaggi che si muovono in Mindhunter sono complessi e multistrato. Ciò posto, la vera forza e peculiarità dello show è la scelta di includere la raffigurazione dei famosi assassini della storia americana. Questi sono portati in scena con grande realismo: ritratti in tutta la maniacale instabilità e determinazione, offrono dialoghi e monologhi controversi e psicologicamente fitti e avvincenti.
Mentre la seconda stagione di Mindhunter venne confermata ancor prima del rilascio della prima, a oggi le idee sul futuro della serie sono poco chiare: nel novembre 2019 giravano già voci sul fatto che la realizzazione di un’eventuale terza stagione fosse sospesa a tempo indeterminato. Come anticipato, la notizia è stata confermata nel gennaio 2020, accompagnata dall’informazione per la quale gli attori sarebbero stati liberati dal vincolo contrattuale. Dunque, è lecito, purtroppo, non aspettarsi un ritorno di Mindhunter nell’immediato o negli anni più prossimi. Un vero peccato per una serie tv che aveva convinto pubblico e critica per un livello qualitativo elevato e una storia intrigante e oscura che vale sicuramente la pena recuperare.
Lo showrunner David Fincher è impegnato in altri progetti, per questo motivo al momento non è possibile sperare in un ritorno di Mindhunter per almeno ulteriori «5 anni», forse.
4) Teenage Bounty Hunters (Netflix)

Il panorama dei contenuti di genere teen è molto vasto e spesso ridondante, motivo per la quale realizzare una serie televisiva capace di assumere una propria cifra e ricamarsi uno spazio nel fitto scenario è più che complesso. A fronte di questa considerazione, uno show adolescenziale che avrebbe meritato qualche riguardo in più e che vale comunque la pena vedere al netto di una concorrenza spesso meno funzionante, ma più promossa, è Teenage Bounty Hunters. Si tratta di una serie tv Netflix composta da una sola stagione e destinata a rimaner segnata da quest’unica produzione.
Cancellata a poco meno di due mesi dal suo debutto nell’autunno 2020, la dramedy creata da Kathleen Jordan propone un plot inusuale: dopo aver accidentalmente incendiato il furgone del padre, le due gemelle adolescenti Sterling (Maddie Phillips) e Blair (Anjelica Bette Fellini) Wesley diventano cacciatrici di taglie per ottenere il denaro necessario a ripagare i danni. Alle dipendenze di Bowser Simmons e sotto copertura in un negozio di frozen yogurt, le due protagoniste cercano di conciliare la nuova realtà con quella studentesca tra situazioni esagerate e umoristiche. Con una chimica frizzante e con comunicazioni chiaroveggenti, Teenage Bounty Hunters è a malincuore una delle serie tv dalla vita più breve passate su Netflix, ma non per questo non meritevole di un’occasione capace di condurre a un contenuto fuori dal convenzionale e intrigante rispetto ai titoli di genere teen rilasciati nello stesso periodo. Nonostante l’effervescenza della premessa e della realizzazione che ne caratterizza le mosse, lo show è passato generalmente in sordina e si è concluso purtroppo con un cliffhanger che ha lasciato in sospeso la sua storia che non potrà avere una effettivo sviluppo e finale.
5) Finding Carter (MTV)

A concludere tale elencazione di cinque belle serie tv (ma non per questo le uniche) che meriterebbero la visione nonostante il mancato rinnovo, è lo show trasmesso da MTV tra il 2014 e il 2015, Finding Carter. Creata da Emily Argento, la prima produzione è stata segnata da un riscontro positivo tra critica e audience, per poi subire un calo drastico di ascolti nel corso della seconda che ha condotto a un’inevitabile cancellazione. Si tratta di un teen drama statunitense incentrato sulla figura di Carter Wilson (interpretata da Kat Prescott, già nota per il ruolo di Emily in Skins UK). La vita perfetta al fianco della madre single della protagonista è sconvolta da un’aspra verità: a seguito di un’innocente arresto scopre che Lori Stevens non è in realtà la sua madre biologica. La donna l’aveva rapita all’età di tre anni sottraendola alla sua famiglia originaria. A seguito della scioccante rivelazione Carter non è capace di digerire la cruda verità e viene immediatamente reinserita nell’ambiente familiare a cui avrebbe sempre dovuto appartenere. Nonostante sia la sua rapitrice, la protagonista continua a vedere in Lori la figura materna che l’ha cresciuta con amore, motivo per la quale è ostile ai nuovi/vecchi genitori, alla sorella gemella Taylor e al fratello minore, e cerca di ricongiungersi con l’antagonista ora in fuga. Finding Carter riempie la sua trama di una moltitudine di twist e fitte verità che si dispiegano nel corso della narrazione attraverso il rancore e l’apprensione di ciascun personaggio.
Finding Carter si caratterizza per una forte immedesimazione che veicola e insidia in ciascuno un costante dilemma morale: cosa faremmo al posto della protagonista?
Proprio a fronte dei tanti intrighi e drammi adolescenziali e non che costellano la serie, il finale aperto di cui si dota ne rende amaro l’epilogo incompleto. Finding Carter ha aperto tanti archi narrativi nel corso delle due sole stagioni, questi sono purtroppo rimasti irrisolti, ciò nonostante l’incandescente plot è comunque sviluppato in modo convincente tanto da essere meritevole d’attenzione. In una storia dalle diverse gradazioni e in cui la verità sembra tutta da scoprire, la serie tv di MTV intrattiene fino alla sua inattesa ultima puntata.